«Io killer di Hekuran? Vi sbagliate. Nessun coltello, fuggito dalla rissa»

FABRIANO A Perugia, nella stanza degli interrogatori, Yassin Hassen Amri, 21 anni, in carcere in isolamento con l’accusa pesantissima di omicidio volontario aggravato, ha detto che no, lui non c’entra nulla con l’omicidio di Hekuran Cumani, 23 anni. Venti minuti per dare spiegazioni, un po’ a testa bassa davanti al gip Valerio D’Andria e al pm Gemma Miliani e con vicino il suo avvocato Vincenzo Bochicchio. Per spiegare, ma soprattutto difendersi. Lo ha raccontato il suo legale all’uscita dal carcere.
Le giustificazioni
«Non sono stato io.
Non ho colpito Hekuran. Non c’è alcun mio coltello». O meglio Amri ha detto che lui un coltello lo ha raccolto in terra, quello dell’amico poi arrestato per quella lama, ma poi per paura lo ha lasciato nel parcheggio del Dipartimento di Matematica. E ha detto anche di non aver partecipato neppure alla rissa scatenata dopo un «Forza Marocco» da parte di uno del gruppo di Fabriano di cui faceva parte la vittima. Yassin, 21 anni, una casa a Ponte San Giovanni, la passione per i coltelli e per il calcio, ha detto che lui è rimasto terrorizzato quando ha saputo che Hekuran era morto. Non solo non ha sferrato la coltellata mortale, non solo non ha partecipato alla rissa. Ma visto la piega che aveva preso la serata, dice di essere scappato con gli amici a bordo dell’auto dove gli investigatori cercano tracce di Dna perché è lì, secondo gli amici, che Amri avrebbe fatto vedere il coltello (mai trovato) e avrebbe detto: «Ragazzi, penso di aver preso qualcuno». Sulla punta della lama c’era una macchia di sangue di un centimetro, secondo la ricostruzione fatta dal gip D’Andria nell’ordinanza di custodia cautelare e vedendola Amri aveva detto: «L’ho bucato».
Poi il resto della notte passata a casa di un’amica dove li aveva svegliati una telefonata in cui qualcuno alla ragazza aveva detto che Hekuran era morto. In quel frangente Yassin Hassen Amri si era messo a piangere e pregare, dice. Ha risposto con tanti no alle domande del gip. E ha spiegato anche come è andata con il telefonino: l’ha gettato per paura nel Tevere. Ecco perché agli uomini della Squadra mobile ha consegnato un altro cellulare. Ma è sul coltello che le parole di Amri, per difendersi dall’accusa di omicidio volontario aggravato, possono avere un peso. Lui il coltello ha detto non solo di non averlo usato.
Ma quello che ha raccolto e poi lasciato in terra nel parcheggio della morte era del suo amico. E se lui è fuggito, l’altro è rimasto ancora lì. Intanto, tramite i legali Nadia Trappolini e Gianni Rondini, i familiari di Hekuran Cumani hanno spiegato che non covano sentimenti di vendetta, ma cercano solo giustizia. Il papà Astrit ha sempre ribadito: «Mio figlio non avrebbe fatto male a una mosca». In quella casa alle porte di Fabriano resta tanto dolore con il fratello di Hekuran, Samuele, che dovrà operarsi al ginocchio per le lesioni riportate durante la rissa in cui è stato ferito a una gamba con due coltellate.
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