«Io, ginecologa, vi racconto perché digiuno per Gaza»
A luglio 2025 un gruppo di medici toscani ha iniziato a praticare, ogni giovedì, un digiuno a staffetta per manifestare il proprio dissenso e orrore verso il genocidio del popolo palestinese che il governo di Israele sta portando avanti a Gaza da ormai due anni. Da quel momento, grazie al passaparola tra ospedali e ad hashtag social, la rete #DigiunoGaza facente capo al gruppo Sanitari per Gaza, si è estesa su tutto il territorio nazionale, coinvolgendo sempre più professionisti e professioniste. Tra di loro c’è Chiara Adorni, ginecologa che presta servizio in Trentino. «Un giorno mi è arrivato su WhatsApp da una collega un link che conduceva al sito dell’iniziativa e non ci ho pensato due volte ad aderire, compilando un modulo di iscrizione che mi ha dato accesso al sottogruppo della mia città (ognuna ne ha uno che fa capo all’organizzazione generale), dove chi partecipa si scambia idee e informazioni su cosa fare a livello territoriale».
Come funziona il digiuno per Gaza?
«Ognuno può portarlo avanti come vuole ma le direttive generali sono di fare colazione e non mangiare fino a sera. Poi se si riesce nella fascia oraria dalle 12.30 alle 14.30 si dovrebbe stimbrare se si è dipendenti, mettersi fuori dall’ospedale o dal proprio studio imbracciando cartelli con la scritta #DigiunoGaza, farsi fare una foto e postarla sui social per consentire al messaggio di girare il più possibile e alla mobilitazione di ampliarsi. Adesso nell’ospedale in cui lavoro si è creato un gruppo molto affiatato di partecipanti ma all’inizio non tutti hanno colto subito il messaggio».
Perché secondo lei?
«Non lo so, forse perché non c’era la volontà di vedere, di occuparsi di questo problema».
Oltre ovviamente al senso di umanità, perché ha deciso di digiunare?
«Per sensibilizzare sul fatto che quella che si sta consumando in Palestina non è una guerra, ma l’aggressione di un popolo che non può difendersi. Inoltre in quanto medica per me, e per tutti coloro che aderiscono all’iniziativa, è inaccettabile che dall’inizio dell’offensiva abbiano perso la vita circa 1700 sanitari, locali ma anche di organizzazioni umanitarie internazionali come Medici senza frontiere. Bombardando ospedali e prendendo di mira deliberatamente medici e infermieri Netanyahu sta di fatto violando tutti i diritti internazionali alla salute e alle cure e non si può più stare in silenzio. Io mi occupo di procreazione assistita e sono rimasta particolarmente scossa dalla notizia del bombardamento della clinica Al Basma che si occupava proprio di precauzione assistita e nella quale erano conservati più di 4000 embrioni crioconservati. Distruggere deliberatamente un luogo di quel tipo, volto a propiziare la nascita di bambini palestinesi, significa avere la volontà precisa di annientare un popolo».