Intese su Russia e fondi. Washington e Bruxelles ora sono più in sintonia
Le conclusioni del vertice Nato all’Aia e l’attivismo di Donald Trump in politica estera tengono banco anche nel dibattito politico statunitense. Ne abbiamo parlato con Ilan Berman, definito dalla Cnn come uno dei «principali esperti americani in Medio Oriente e Iran» e vicepresidente dell’American Foreign Policy Council a Washington Dc. Fondato nel 1982, è una delle realtà più autorevoli sui temi di politica estera fornendo analisi e strategie ai membri del Congresso americano.
Come giudica le conclusioni del vertice Nato all’Aia?
«La dichiarazione della Nato è significativa per un paio di motivi. In primo luogo perché riconosce la continua minaccia della Russia e la dichiarazione ha dovuto essere approvata dagli Stati Uniti, quindi riflette un’opinione condivisa. In secondo luogo perché sancisce l’impegno di spesa per la difesa del 5% che è stata una richiesta fondamentale di Washington. Tutto ciò mi suggerisce che gli Stati Uniti e l’Europa siano molto più in sintonia di quanto non lo fossero solo un paio di mesi fa».
Non viene però menzionato un possibile ingresso dell’Ucraina
«Credo che questo sia ancora in fase di negoziazione con Washington. I leader europei l’hanno presentato come un affare fatto ma il silenzio della dichiarazione suggerisce che non c’è consenso su questo (almeno con gli Usa) ma conversazione deve continuare».
Con l’impegno ad aumentare le spese militari al 5% l’Ue giocherà un ruolo geopolitico di primo piano?
«Non so se l’Europa sarà più forte con il 5% di spese militari perché, oltre alla forza militare, è necessaria anche una visione politica e la capacità di fare le scelte giuste. Oggi in Europa c’è timore su Trump e per le relazioni transatlantiche, Macron parla molto di questo tema ma a noi americani non sono chiare molte posizioni europee, per esempio qual è la linea dell’Europa sulla Cina?».
A proposito di Trump, pensa che il cessate il fuoco tra Iran e Israele reggerà?
«È una domanda cruciale ma penso reggerà. Gli iraniani non hanno molte opzioni, dovevano rispondere all’attacco americano ma una risposta forte sarebbe stata per loro pericolosa, così hanno fatto un lancio di missili annunciato nelle basi Usa in Qatar L’Iran non è preparato a un’escalation con gli Stati Uniti mentre Israele vuole rimanere alleato di Trump».
Pensa possa riprendere il negoziato tra Stati Uniti e Iran sul nucleare?
«Il cessate il fuoco non significa che il problema con l’Iran è risolto, stiamo ancora aspettando una risposta definitiva sui danni al nucleare iraniano. Trump ha detto che il programma è distrutto ma non abbiamo certezze di cosa rimane intatto. Il presidente ha posto al regime iraniano un aut aut: o mantieni il potere o il programma nucleare, non puoi avere entrambi e gli Stati Uniti hanno il potere di distruggere il programma nucleare. Se gli iraniani non si siedono al tavolo delle trattative tutto può ripartire».
Per ora un cambio di regime in Iran è accantonato?
«Non è possibile che avvenga con un’imposizione esterna né da parte di Washington né di Israele e, se deve arrivare, può avvenire solo internamente. A Trump ora interessa arrivare a un accordo».
Trump esce rafforzato o indebolito dagli avvenimenti degli ultimi giorni?
«Ne esce senza dubbio rafforzato, in Medioriente c’era la sensazione che gli Stati Uniti avessero perso il proprio ruolo storico, ora è tornata la deterrenza americana. Inoltre ha messo in chiaro che è lui che decide la linea del Partito Repubblicano e del movimento Maga, non Bannon né Tucker Carlson».
La strada degli accordi di Abramo tra Israele e i paesi arabi è ancora possibile?
«Senza dubbio e quanto avvenuto accelera verso questa direzione. Le altre nazioni arabe dell’area si trovano a convivere con l’Iran ma non lo amano, lo considerano un regime predatorio che alimenta il terrorismo. Inoltre il programma nucleare iraniano non è una minaccia solo per l’Occidente ma anche per gli altri paesi arabi».
Si aspettava una reazione diversa da parte di Cina e Russia?
«Il regime iraniano si è reso conto di essere solo.
La Russia ha dato un supporto diplomatico e di intelligence ma non militare e lo stesso ha fatto la Cina. Il mancato supporto della Russia potrebbe avere conseguenze anche sulla guerra in Ucraina poiché l’Iran è uno dei principali fornitori di droni alla Russia».
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