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Inter sotto accusa: mercato, stress e calendario i nodi di Inzaghi

MILANO – “Abbiamo sbagliato ma niente alibi. Non siamo questi. Non si molla, forza”. Il discorso di Simone Inzaghi al gruppo, all’indomani del tracollo di Firenze, si è inserito nella procedura abituale che il tecnico ha adoperato in stagione dopo ogni sconfitta. Un meccanismo che ha funzionato, finora: ai due derby persi, in campionato e Supercoppa, sono seguite le vittorie di Udine e Venezia. E dal passo falso di Leverkusen la squadra si è rialzata facendo sei gol alla Lazio. Ogni volta Inzaghi ha motivato i giocatori prendendo su di sé le responsabilità e tenendo toni bassi, per evitare il dramma. Stavolta ha analizzato gli errori fatti, rimandando a oggi l’analisi al video della débacle. In fondo, a Coverciano si è laureato con una tesi sulle dinamiche gruppo-squadra e al bastone ha confermato di preferire la carota, evitando di puntare il dito contro chi ha fatto più danni: da Bastoni a Çalhanoglu, da Bisseck a Frattesi.

Lunedì ancora la Fiorentina

Il reset mentale, questa volta, potrebbe però essere più complicato. La sconfitta del Franchi è arrivata dopo un pareggio strappato a tempo scaduto nel derby. I nerazzurri non perdevano con tre gol di scarto dal 2019, quando Spalletti, al San Paolo, fu surclassato dal Napoli di Ancelotti. E ora c’è l’anomalia di dover giocare la rivincita, solo quattro giorni dopo, contro una versione potenziata dell’avversaria. È improbabile che Palladino, lunedì a San Siro, schieri tutti insieme i nuovi arrivi, ma potrà contare su Pablo Marí, Folorunsho, Fagioli, Ndour e Zaniolo.

Thuram e Lautaro

Thuram e Lautaro (afp)

Un gruppo stanco

C’è poi un elemento irrazionale che alimenta la paura: la fatalità per l’Inter degli asterischi. Tre anni fa la sconfitta nel recupero a Bologna consegnò lo scudetto al Milan. Nove giocatori su undici erano in campo anche a Firenze, quando l’Inter ha salutato definitivamente il primato rimasto virtuale per due mesi. Che la storia possa ripetersi è il timore di molti tifosi. Scaramanzie a parte, il gruppo è stanco dal punto di vista fisico e mentale. Questo spiega le lamentele di Inzaghi sul calendario alla vigilia di Milan-Inter. Con l’eccezione del Liverpool, nessuna squadra europea sta riuscendo a primeggiare sia in campionato sia in Champions. Vale per il Real e per il City, per il Borussia Dortmund, finalista in Europa otto mesi fa ma oggi undicesimo in Bundesliga, e per il Psg. Alla Pinetina il miracolo sembrava possibile, ma la qualificazione agli ottavi di Champions, con due punti appena meno della squadra di Arne Slot, è stata pagata in Serie A, dove brilla il Napoli, che non gioca le coppe. E che, vincendo domani con l’Udinese, si porterebbe temporaneamente a +6 sui nerazzurri.

Il mercato

Finora Inzaghi, per districarsi fra i tornei, si è affidato al turnover scientifico: dati fisici e rotazioni codificate. È probabile che Barella e Dimarco, risparmiati dall’inizio al Franchi, ci saranno a San Siro. Basterà a risollevare l’Inter? No. Serviranno organizzazione e carattere. Sembra passata una vita da quando, dieci giorni fa, Mkhitaryan, dopo la vittoria per 3-0 sul Monaco, diceva: “Così siamo ingiocabili”. Da allora sono partiti Buchanan e Palacios ed è arrivato Zalewski, tutti in prestito. E nella prossima estate l’Inter sul mercato dovrà fare qualcosa di più. Il ds Piero Ausilio ha prenotato il centrocampista croato Petar Sucic, è un inizio. Ma le rivali, passata la crisi del Covid, sono tornate a spendere. Starà a Marotta, che ieri ad Appiano non si è visto perché preso da altri impegni, convincere il fondo Oaktree ad allargare i cordoni della borsa. L’obiettivo è dimostrare che quel “ci vogliono i dané” detto dal presidente a un tifoso in stazione Centrale era solo una battuta.


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