Società

Inps, le donne vanno in pensione più tardi degli uomini e con un assegno più basso del 34%

«Si riscontra un peggioramento retributivo che si accentua con ogni nuova nascita. Questo fenomeno si accompagna a una significativa disparità nella probabilità di abbandono del mercato del lavoro in corrispondenza della nascita del primo figlio: mentre nel settore privato tale probabilità raggiunge il 20%, nel settore pubblico si mantiene considerevolmente più bassa, attestandosi al 6%». Il rapporto annuale dell’Inps presentato alla Camera racconta una realtà che è quotidianità per molte donne, ma racconta anche molto altro.

Il 24esimo rapporto Inps

Quando si va in pensione

Nel 2024 l’età media di pensionamento è salita a 64,8 anni. Era 64,2 nel 2023. L’età media per la pensione di vecchiaia è di 67,2 anni mentre quella per l’anticipata è di 61,6 anni. La crescita dell’età è dovuta sopratutto all’introduzione del calcolo contributivo e agli incentivi per restare al lavoro. Lo scorso anno per il pagamento di tutte le pensioni sono stati spesi 364 miliardi.

Le disuguaglianze di genere

Restano grandi diseguaglianze di genere. Per gli uomini. la pensione media è di 2.142,60 euro al mese, una cifra più alta del 34% a quella media ricevuta dalle donne che è di 1.594,82 euro. Le donne sono il 51% dei pensionati ma percepiscono il 44% dei redditi. Queste pensioni sono il riflesso di carriere lavorative meno remunerate e costellate di interruzioni e discontinuità. Le donne vanno anche in pensione più tardi: un anno e cinque mesi di più.

Al lavoro dopo la pensione

L’8,5% dei pensionati continua a lavorare dopo il pensionamento. Le percentuali superano il 20% tra gli ex lavoratori agricoli e sono al di sotto dell’1% per gli ex dipendenti pubblici. L’indagine è fatta su un campione di 123.893 pensionati nati a partire dagli anni Cinquanta. Sono il 21,6% tra i pensionati del settore agricolo, il 19,2% tra gli ex artigiani e commercianti e il 27,4% tra i pensionati di altri enti e gestioni previdenziali. Meno di frequente accade tra i pensionati del settore pubblico (0,9%) e tra i lavoratori dipendenti del settore privato (5,5%).

Le retribuzioni meno forti

Le retribuzioni contrattuali tra il 2019 e il 2024 sono cresciute dell’8,3% a fronte di un aumento dei prezzi del 17,4% nello stesso periodo. Hanno perso oltre nove punti percentuali di potere d’acquisto. Il tasso di occupazione ha raggiunto il record del 63%, ma è ancora molto sotto la media europea. Il 98% delle aziende ha ancora meno di 50 dipendenti.

Andare e tornare dall’estero

Oltre 40mila dei cosiddetti «cervelli» in fuga sono tornati dall’estero grazie agli incentivi fiscali. Crescono i pensionati che si trasferiscono all’estero: quasi 38mila nel 2023 soprattutto da Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta.


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