Inferno treni, 5 richieste dalla Regione Umbria. Nuova interrogazione al governo
di Chiara Fabrizi
Non ha scritto solo al ministro Matteo Salvini per chiedere un incontro urgente, ma anche ai sindaci dell’Umbria nel tentativo di alzare il pressing sul governo intorno alle cinque richieste che la Regione Umbria ha già da tempo messo sul tavolo di palazzo Chigi, Trenitalia e Rfi, nel tentativo di alleviare per i pendolari le pene causate da un malato acuto, qual è in Umbria il trasporto su ferro, che paga in questa fase, oltre alle note criticità strutturali, soffre anche gli ulteriori disagi causati dagli investimenti alla rete finanziati col Pnrr. Ai movimenti dell’assessore regionale ai trasporti, Francesco De Rebotti, si somma l’ennesima interrogazione parlamentare che scaturisca dall’inferno vissuto in treno il primo dicembre dai pendolari umbri, i quali per coprire la tratta Roma-Terni-Foligno sono rimasti in treno fino a 6 ore. L’iniziativa è della deputata Emma Pavanelli che chiede al governo «chiarimenti urgenti sulle gravi criticità registrate da ultimo il primo dicembre», sottolineando come «la mortificazione quotidiana non possa più essere derubricata a semplice inconveniente tecnico, ma rappresenta il segno evidente di un sistema ferroviario che sta cedendo e di un governo che continua a voltarsi dall’altra parte».
In particolare, De Rebotti vuole tentare di essere ricevuto da Salvini e dai vertici di Trenitalia e Rfi per provare, con l’aiuto dei sindaci umbri coinvolti, a far passare almeno alcune delle richieste della Regione, che sono già state respinte. In particolare, palazzo Donini torna a sollecitare «il ripristino in direttissima dei treni 596 e 598», ossia i due Intercity, uno da Napoli e uno da Roma, che servono Orte, Orvieto, Chiusi-Chianciano, Terontola (Cortona). L’altra priorità è costituita dalla necessità di prevedere «più carrozze e treni duplex per i treni 4514 e e 4106», vale a dire i due regionali veloci, rispettivamente, Roma Termini-Foligno delle 17.02 e il Roma Termini-Firenze delle 17.20, spesso affollati all’inverosimile con buona pace dei pendolari che, pur pagando un abbonamento, spesso sono costretti al viaggio in piedi.
E ancora, De Rebotti chiede «rimborsi ai pendolari sui ritardi effettivi e decremento del 20 per cento sugli abbonamenti per tutta la durata dei lavori»: questa, in particolare, è un’istanza molto cara ai pendolari, specie agli abbonati, che però non ha mai trovato udienza in casa Trenitalia. Sempre da chi il treno lo usa ogni giorno per andare al lavoro o raggiungere le sedi universitarie arrivata la quarta proposta della Regione Umbria, ossia «permettere l’uso dei titoli di viaggio anche su treni differenti dai regionali almeno per la durata dei lavori». Infine, l’ultima richiesta di De Rebotti va alla seconda radice del problema, dopo quella della carenza infrastrutturale, perché sollecita «il riequilibrio tra treni a mercato e treni del servizio pubblico sull’uso della direttissima».
A muoversi, come da sprone arrivato da De Rebotti, sono stati anche i sindaci umbri. Il presidente di Anci Umbria Federico Gori e il coordinatore della Consulta trasporti Luca Tramini hanno anche loro scritto al ministro Matteo Salvini per chiedere «un confronto urgente sulla situazione del trasporto ferroviario nel Centro Italia e in Umbria» così da «avviare un tavolo di confronto istituzionale». In particolare, Gori e Tramini segnalano come «begli ultimi mesi si sia registrato un peggioramento strutturale del servizio, caratterizzato da prolungati tempi di attesa e convogli fermi per ore; arretramenti e riduzioni nelle prestazioni dei treni regionali; congestionamento delle linee lente e progressivo peggioramento delle coincidenze; rallentamenti evidenti anche dei servizi InterCity; una sistematica priorità accordata all’alta velocità, con effetti negativi sul trasporto pubblico utilizzato quotidianamente da lavoratori, studenti e cittadini». In questo senso, il sindaco di Montecchio e l’assessore di Narni a Salvini spiegano che «le amministrazioni locali ricevono ogni giorno segnalazioni di disagi crescenti da parte di comunità di territori in cui il treno rappresenta l’unica modalità sostenibile di mobilità quotidiana», motivo per cui «il suo depotenziamento non solo ne compromette il diritto, ma contribuisce all’isolamento economico e sociale delle aree interne».
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