Economia

Industria solare Usa nel mirino di Trump: a rischio 300 fabbriche e 300mila posti di lavoro


Senza modifiche, la legge di bilancio in discussione al Congresso, promossa dall’amministrazione Trump, potrebbe infliggere un colpo durissimo al settore solare e dello stoccaggio energetico americano: a rischio ci sono 300 fabbriche, quasi 300mila posti di lavoro attuali e futuri, oltre alla perdita di 145.000 gigawatt-ora (GWh) di generazione solare da qui al 2030 – più di quanto consuma in un anno l’intero Stato della Pennsylvania.

A lanciare l’allarme è la Solar Energy Industries Association (Seia), secondo cui l’impatto sarebbe ancora più paradossale considerando la geografia politica della crisi: “Circa l’80% di tutte le fabbriche, i posti di lavoro e gli investimenti a rischio nel settore della produzione solare si trovano negli stati che hanno votato per il presidente Trump”, osserva l’associazione.

Il disegno di legge, ribattezzato dallo stesso Trump “One Big Beautiful Bill”, ha superato di un solo voto il primo passaggio alla Camera il 22 maggio: 215 favorevoli contro 214 contrari, con due deputati repubblicani che hanno votato contro e altri due assenti. Si tratta di una legge di bilancio omnibus, pensata per condensare l’intera agenda politica trumpiana: dalla proroga dei tagli fiscali del 2017 per trilioni di dollari a nuove spese federali per centinaia di miliardi, il tutto su una traiettoria che – secondo il Congressional Budget Office – aumenterà di 2.400 miliardi di dollari il debito nazionale Usa nei prossimi dieci anni, portandolo ben oltre gli attuali 36 trilioni.

Ma tra le pieghe della mega-legge si nascondono tagli mirati che minano il futuro dell’energia rinnovabile. Secondo Abigail Ross Hopper, presidente e ceo di Seia, le conseguenze sarebbero devastanti: “Se questa proposta diventasse legge, quasi 300 fabbriche statunitensi — per lo più in Stati repubblicani — potrebbero chiudere o non aprire mai. E semplicemente non avremo l’energia necessaria per alimentare l’innovazione americana nell’intelligenza artificiale e nei data center”.

Il paradosso è evidente: il 98% della nuova capacità elettrica installata nel primo trimestre del 2025 proviene da fonti solare ed eoliche, con il solare in testa per il 19esimo mese consecutivo (fonte: Federal Energy Regulatory Commission – Ferc). Non solo: gli Stati Uniti devono aggiungere 206,5 gigawatt di nuova capacità energetica entro il 2030, con il solare previsto al 73% di queste nuove installazioni.

Tra le misure colpite, c’è anche il credito d’imposta residenziale introdotto dall’amministrazione Biden con l’Inflation Reduction Act (Ira): uno strumento chiave per le famiglie della classe media interessate a installare impianti fotovoltaici domestici. La sua eliminazione renderebbe il solare meno accessibile, allontanando la transizione energetica dalle case degli americani.

“Approvando questo disegno di legge, si creerebbe una catastrofica carenza di energia”, avverte ancora Hopper. “Il risultato? L’America perderebbe la leadership nell’IA e nella tecnologia in favore della Cina e danneggerebbe alcuni dei settori più vitali della nostra economia”.

La battaglia ora si sposta al Senato, dove resta aperto uno spiraglio. La stessa Seia sottolinea che c’è ancora tempo per migliorare il testo, ma non molto. L’auspicio, conclude Hopper, è che “il Senato presenti una proposta più ponderata e misurata, in grado di realizzare davvero la visione di dominio energetico americano del presidente Trump”.


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