Industria lucana, Zirpoli: «ci trasferiamo a Salerno»
Industria lucana, La storia dell’imprenditore Antonio Zirpoli, della Stm di Tito Scalo: «Ora basta, spostiamo le attività a Salerno. Non è possibile che dalla Regione Basilicata mi facciano attendere per tre anni una risposta alla richiesta di acquisto di un terreno vicino al nostro stabilimento per far lavorare altre 40 persone»
POTENZA – «Ora basta, spostiamo le attività in provincia di Salerno. Non è possibile che dalla Regione Basilicata mi facciano attendere per tre anni una risposta alla richiesta di acquisto di un terreno vicino al nostro stabilimento per far lavorare altre 40 persone. E poi lo mettano all’asta senza alcuna premialità per i livelli occupazionali garantiti». E’ un fiume in piena Antonio Zirpoli, 75enne fondatore della Stm di Tito Scalo. Una piccola semi-sconosciuta realtà d’eccellenza dell’ingegno e dell’industria lucana, che realizza e fornisce nastri trasportatori per alcuni dei più importanti cantieri del mondo. Dalla nuova megalopoli ipertecnologica in costruzione nel deserto dell’Arabia Saudita, Neom. All’alta velocità Salerno-Reggio Calabria e al ponte sullo Stretto di Messina, grazie ai rapporti consolidati col colosso italiano delle costruzoni Webuild. «Turbare le procedure di vendita? Non mi interessa. Stiamo rifiutando lavoro, qui in Basilicata che non ce n’è. Sono pronto a mostrare i dati a chiunque. Sono pronto a rivolgermi al Presidente della Repubblica Mattarella, alla Meloni. E faccio tutto questo perché sono lucano e orgoglioso di esserlo».
LA PROTESTA DELL’IMPRENDITORE
Così ancora Zirpoli, che martedì ha deciso di raccontare la sua storia al «cronista di strada» Gianluigi Laguardia, dopo l’ennesima risposta insoddisfacente da parte degli uffici di via Verrastro. «L’anno scorso mi avevano detto che c’erano le elezioni regionali quindi non si poteva fare nulla di quella mia richiesta. Poi, la scorsa settimana, è stato pubblicato l’avviso di vendita e ho spiegato che stavano sbagliando a procedere col metodo del miglior offerente senza valutare i livelli occupazionali attesi, e mi hanno risposto che tanto non si sarebbe presentato nessuno. Ho insistito e mi hanno detto che non era il momento perché erano tutti presi da Matera, dalle elezioni comunali».
INDUSTRIA LUCANA, ZIRPOLI E IL TIMORE DEI “COMMERCIANTI”
Il timore di Zirpoli sono quelli che lui chiama i «commercianti», ma non si tratta dei tanti imprenditori che hanno messo su centri commerciali e grandi magazzini nella zona industriale di Tito Scalo. L’imprenditore di Vietri ce l’ha con una strana tipologia di investitori, muniti di importanti disponibilità finanziarie, che acquisterebbero terreni per realizzarvi dei capannoni e provare ad affittarli a imprenditori in cerca di spazi dove sistemare le proprie attività. Senza preoccuparsi più di tanto, almeno in apparenza, di lasciare questi scatoloni vuoti e improduttivi, anche per lunghi periodi. «Per come è scritto l’avviso di vendita basta avere una partita Iva per presentare un’offerta. Ma così non funziona, non si lascia nulla sul territorio». Insiste Zirpoli. «Quando noi ci insediammo qui a Tito grazie agli incentivi della legge per il dopo terremoto del 1980 al ministero la primo caso che ci hanno chiesto è stata quante persone avremmo assunto. Qui invece in teoria uno potrebbe entrare anche per piantare pomodori, in un’area industriale».
IL CONTATTO CON LA CAMPANIA E LA MINACCIA DI TRASFERIMENTO
Il fondatore di Stm ha anche già incontrato i sindacati per prospettare loro quello che succederà se la vendita dovesse finire male. «Abbiamo già preso contatti con la Regione Campania che sarebbe disposta a offrirci un contributo di 500mila euro per il terreno dove installarci, tra Battipaglia e Pontecagnano. Se così sarà, però, non vi trasferiremo soltanto le nuove attività e i 40 nuovi assunti che ci servono per portarle avanti ma il 90% di tutta la nostra forza lavoro, che oggi è di 130 persone. Manterremo a Tito giusto una decina di persone. Peraltro per portarci avanti abbiamo già aperto un ufficio a Salerno e ogni giorno ci sono persone che dalla Basilicata vanno lì a lavorare».
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