Friuli Venezia Giulia

Inchiesta: la servitizzazione. Dal prodotto al servizio: le aziende cambiano pelle

Intervista al Dottor Tommaso Cuzzolin di Strategia&Controllo

Negli anni ’70 Rolls Royce rivoluzionò l’aviazione vendendo ore di volo invece di motori. Oggi quella strategia, chiamata servitizzazione, sta trasformando anche le PMI italiane.

Dottor Cuzzolin, cos’è esattamente la servitizzazione?

«È un cambio di paradigma: passare da un modello centrato sul prodotto a uno centrato sul servizio. Non si tratta più solo di vendere quello che produciamo, ma di proporre soluzioni complete. L’esempio della Rolls Royce è perfetto: con i contratti “pay-per-flying-hours” vendevano il servizio volo, non il motore. Oggi la digitalizzazione ha reso questo modello accessibile a molte più aziende, facilitando formule innovative di “pay-per-use”.»

Come aiutate concretamente gli imprenditori in questo cambiamento?

«In 30 anni abbiamo affiancato centinaia di imprenditori. Il nostro nome dice tutto: pianificazione strategica e governo dell’impresa, dalle innovazioni di business all’organizzazione, dal passaggio generazionale al finance. Facciamo da “navigatore” dell’imprenditore, ma in realtà lo aiutiamo anche a mettere le frecce, cambiare marcia, sterzare quando serve! Le crisi hanno accelerato tutto, cambiato il ritmo. Per mantenerlo abbiamo partnership con società specializzate nell’internazionalizzazione, produzione e finanza.»

Quali vantaggi concreti porta la servitizzazione?

«Un progetto di servitizzazione è come fare una radiografia dell’impresa: rivela opportunità nascoste nel modello di business e ne apre di potenziali. Il bello è che non sostituisce il modello tradizionale, ma aggiunge prospettive preziose. Certo, l’impatto iniziale riguarda costi e investimenti dove inizialmente i costi superano i ricavi prima della crescita. Ma sono mitigabili con strumenti finanziari innovativi.»

Può farci un esempio concreto di quello che state seguendo?

«Stiamo seguendo un’impresa del settore vending che non sta servitizzando la macchina del caffè in sé, ma l’intera esperienza italiana di bere il caffè. Stanno trasformando in valore economico un gesto quotidiano che all’inizio sembrava impensabile da monetizzare. È questo il punto: guardare oltre il prodotto fisico per cogliere il valore dell’esperienza.»

Quali consigli pratici darebbe a chi vuole iniziare?

«Tre consigli fondamentali. Primo: intraprendete con pazienza. La servitizzazione non si fa dall’oggi al domani, ogni azienda deve costruire il proprio valore specifico. Secondo: lasciatevi incuriosire dai bisogni intangibili dei clienti come sicurezza, comodità, status. La curiosità diventa motore d’innovazione e aumenta le probabilità di individuare nuove proposte di valore. Terzo: curate l’organizzazione interna, formando team multidisciplinari e ridisegnando ruoli e processi.»

Come vede il futuro del Made in Italy?

«Il Made in Italy si fonda su prodotti “belli e ben fatti”. La nostra chance competitiva sarà trasferire queste stesse caratteristiche anche nei servizi che soddisfano i bisogni intangibili dei clienti. Il prodotto resterà sempre il cuore pulsante, ma il successo dipenderà dalla capacità di trasferire qualità, stile e personalizzazione anche nei servizi. Così le aziende italiane smetteranno di competere solo sul prezzo, offrendo pacchetti integrati di prodotti e servizi di eccellenza. Non tutti i prodotti nascono servizio, ma tutte le imprese contengono già servizi con valore latente da scoprire.»

Enrico Sgariboldi

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