Inchiesta alla Regione Calabria: Microspie nell’ufficio di Occhiuto
Nuovi particolari emergono nell’ambito dell’inchiesta sulla Regione Calabria che ha coinvolto anche il presidente Roberto Occhiuto: nell’ufficio di presidenza c’erano microspie
CATANZARO – “Bersaglio ufficio Regione Calabria 10° piano (V4M1328). Traccia scaricata con l’ausilio di altre periferiche installate nell’ambito del medesimo Rit”. Quando il presidente Roberto Occhiuto ha letto questa dicitura – verosimilmente, e non prima, nei giorni del suo interrogatorio, svoltosi il 23 luglio scorso – dicitura tra l’altro ripetuta più volte nelle carte dell’inchiesta dei pm di Catanzaro che lo riguarda, ha capito di aver avuto piazzata una o più microspie nel suo ufficio presidenziale al decimo piano della Cittadella.
E forse ha anche capito che la vicenda giudiziaria, di cui aveva avuto conoscenza lo scorso 6 giugno, con la notifica dell’avviso di proroga delle indagini preliminari, era qualcosa di molto più complesso di ciò che aveva inizialmente immaginato. Non solo Tonino Daffinà, sub-commissario alla Depurazione, dunque, ha avuto le microspie audio-video, nel suo ufficio al settimo piano del Palazzo regionale, ma pure il governatore è stato “bersaglio” di tali apparecchiature fatte piazzare dagli inquirenti.
E le intercettazioni ambientali registrate negli uffici presidenziali di Occhiuto sono pure confluite nel cosiddetto secondo troncone del maxi-fascicolo, sdoppiato dalla Procura dopo le perquisizioni in Regione del 3 e 4 luglio scorsi e – soprattutto – prima dell’interrogatorio del presidente condotto dai magistrati il 23 luglio.
MICROSPIE NELL’UFFICIO DI ROBERTO OCCHIUTO, LO SDOPPIAMENTO DEL FASCICOLO DI INDAGINE
Il dettaglio dello sdoppiamento del procedimento originario, numero 2070/2024, al pari della notizia delle intercettazioni ambientali fatte nel suo ufficio, Occhiuto l’ha appreso contestualmente al suo interrogatorio in Procura. E per il governatore queste sono state due novità “non buone” ed è a questo punto ragionevole pensare che abbiano inciso sulla sua decisione di dimettersi.
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Il pubblico ministero, per esigenze proprie, ha diviso in due il maxi-fascicolo, operando uno stralcio da cui è nato un secondo procedimento penale con diverso numero identificativo. E sugli atti del secondo fascicolo formato, in questi giorni oggetto di ricorsi al Riesame di vari indiziati, compare la dicitura: “procedimento penale 2546/2025 R.G.N.R. (già p.p. 2070/2024)”.
Nel filone originario è rimasta l’ipotesi di corruzione in cui Occhiuto è indagato assieme ad altri due manager. Nel secondo troncone sono invece confluite tutte quelle ipotesi relative al ruolo “giocato” da Daffinà, finito sotto la lente della Guardia di Finanza. Il sub-commissario alla Depurazione, noto commercialista di Vibo Valentia, nello svolgere la sua attività all’interno della Cittadella, avrebbe più volte interagito con altri dirigenti e funzionari del comparto Sanità. Daffinà è il commercialista di diverse cliniche sanitarie private attive in Calabria.
Lo stesso commercialista vibonese, secondo i finanzieri che annotano la circostanza, avrebbe pure gestito la cessione di quote, in una società privata, di Occhiuto in favore del manager Paolo Posteraro. Trattativa al centro del primo ramo d’inchiesta. E potrebbe essere proprio tale attività professionale di Daffinà il trait-d’union tra le indagini sull’ipotesi di corruzione con tutto il resto del maxi-fascicolo che poi si è sviluppato ed è ancora in via di definizione. Perché stiamo parlando di un’inchiesta tutt’altro che conclusa.
LA PROROGA DELLE INDAGINI FINO AL PROSSIMO AUTUNNO
La summenzionata proroga di sei mesi delle indagini, infatti, è stata firmata nel mese di maggio e quindi si potrà continuare ad investigare sino a novembre, salvo possibili ulteriori proroghe. Occhiuto potrebbe ancora aver le microspie nello studio, per intenderci. E se il nostro giornale riporta tale novità, lo fa dopo aver accertato che la relativa pubblicazione sia oggi innocua e non porti alcun nocumento all’azione dei pm, in quanto il presidente della Regione ne era già al corrente da alcuni giorni, da quando, cioè, alcuni elementi sono cominciati a circolare, diventando ostensibili, nei predetti ricorsi al Tdr, a cui una parte degli indiziati si è rivolta, per ottenere la restituzione dei telefonini sequestrati, al termine delle perquisizioni subite.
L’esito delle varie istanze al Riesame potrebbe portare qualche punto in favore della difesa degli indagati, com’è successo nel filone “corruzione” dove uno dei due manager coindagati con Occhiuto, ha avuto concessa la restituzione degli smartphone, con una pronuncia dei giudici che ha scalfito l’impianto accusatorio. Purtuttavia, risulta al Quotidiano che al di là dei nuovi risultati che a breve arriveranno dal Tribunale del riesame, la Procura di Catanzaro, soprattutto nel secondo troncone del dirompente caso giudiziario, andrà avanti. E, nel bene o nel male, dal punto di vista degli accusati, entro l’autunno ci saranno aggiornamenti.
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