Incendi, Italia a quota 700 da inizio anno: ecco il vademecum per proteggere la salute
«L’esposizione agli inquinanti presenti nei fumi degli incendi può essere causa di problemi respiratori, irritazioni alla gola, agli occhi e alla pelle, lacrimazioni, nonché di un aumento del rischio di malattie croniche come l’asma o le malattie cardiovascolari, come ictus e infarti oltre che a effetti neurologici. Inoltre, alcuni composti, come Ipa, diossine, Pcb, sono persistenti e possono accumularsi nell’organismo umano. Gli incendi hanno un impatto importante, anche sostanziale, sulle concentrazioni di ozono specie secondaria che si forma attraverso reazioni fotochimiche che coinvolgono ossidi di azoto (NOx) e composti organici volatili (COV), ma anche sulla formazione secondaria delle polveri sospese PM10 e PM2,5». Così Gaetano Settimo, coordinatore del Gruppo di studio nazionale Inquinamento Indoor dell’Istituto superiore di sanità (Iss), inquadra la connessione tra i sempre più frequenti incendi e la nostra salute. Spiegando che le conseguenze possono essere di breve (giorni, settimane) o di lungo periodo (mesi) periodo.
I numeri
Sono 700 gli incendi registrati in Italia nei primi 7 mesi del 2025 e hanno mandato in fumo oltre 320 km² di territorio italiano. Nel 2024 la superficie interessata dagli incendi, intesi complessivamente, nel nostro Paese è stata di 514 km² che risulta superiore agli anni 2018 e 2019. La Sicilia è la Regione con la maggiore estensione di incendi nel 2024, con una superficie complessiva di 175 km² seguita dalla Calabria con 102 km².
E benché l’estate, a causa di temperature più elevate e anche dell’incremento delle attività umane all’aria aperta, rappresenti la stagione nella quale ci si aspetta si verifichino più eventi, in tempi recenti la stagionalità degli incendi si sta perdendo: per via dei cambiamenti climatici con andamenti delle condizioni meteorologiche più irregolari, di una scarsa attenzione alle azioni di prevenzione e gestione dei territori (dalla pulizia del sottobosco alle fasce tagliafuoco, dalla scarsa attenzione rivolta alla corretta gestione dei rifiuti che coinvolge depositi e stoccaggio dei rifiuti, ai terreni abbandonati solo per citarne alcune delle cause). Infatti, la stagione si è allungata e si registrano sempre di più eventi distribuiti nell’arco dei 12 mesi. Per questo è fondamentale mantenere alta l’attenzione su questo tema durante tutto l’anno attraverso piani e campagne efficaci di preparazione e prevenzione primaria della salute.
Gli inquinanti più pericolosi
«Quando i materiali bruciano generano fumo, cenere e miscele complesse cariche di centinaia di sostanze inquinanti e velenose tra le più tossiche, come diossine e furani, policlorobifenili, idrocarburi policiclici aromatici, polveri sospese, polveri ultrafine, polveri sedimentabili su superfici e suoli, sostanze fotochimicamente reattive come ossidi di azoto monossido di carbonio e composti organici volatili come formaldeide, benzene, toluene, metalli, acido cianidrico, idrogeno solforato (H₂S) e così via – riprende Settimo -. Queste sostanze possono rimanere nell’aria, sia esterna che indoor, cioè l’aria interna degli edifici, per molto tempo: da ore a settimane, sia durante l’incendio provocando una riduzione della visibilità, odore forte e sgradevole sia dopo il suo spegnimento e non solo nelle vicinanze dell’evento, interagendo tra loro per modificare la tossicità dei singoli inquinanti».
La composizione e la concentrazione dei fumi dipendono da cosa sta bruciando – se alberi, rifiuti, auto, abitazioni – dalla quantità dei diversi materiali, dalla vegetazione, dalle condizioni di combustione, dall’umidità, dall’intensità del vento e dalla distanza dall’incendio.
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