Calabria

Incarcerata e processata con l’accusa di essere una scafista, la nuova vita di Marjan Jamali: «Se Dio vuole, resterò a Camini»

Dopo due anni di battaglie giudiziarie, di silenzi e di dolore, Marjan Jamali può finalmente respirare. Il 28 ottobre 2025, esattamente due anni dopo il suo arresto, al porto di Roccella Jonica, la sua vicenda giudiziaria si è conclusa con una piena assoluzione. Accusata ingiustamente di essere una scafista, Marjan era arrivata in Italia con il figlio di otto anni, Faraz, fuggendo da un passato di violenza in Iran. Oggi vive a Camini, piccolo borgo calabrese diventato simbolo di accoglienza e rinascita.
«Ancora non capisco come sia stato possibile. È così facile mettere una persona in carcere, una mamma…», racconta Marjan con voce rotta dall’emozione. Per due anni ha vissuto tra carcere e arresti domiciliari, separata dal figlio Faraz, che nel frattempo era stato affidato a una comunità a Camini. «Chi mi risponde di questi due anni? Nessuno», dice con amarezza, nel suo italiano ancora in via di perfezionamento.
Oggi Marjan vive proprio a Camini, dove ha potuto riabbracciare suo figlio. «Ringrazio Dio che Faraz sia arrivato qui. È stata una fortuna. Se lui è felice, io lo sono ancora di più», confida. Il borgo, noto per i suoi progetti di inclusione, le ha offerto non solo un tetto, ma anche una rete di affetti. «Ho conosciuto Rosario Zurzolo che ha fatto tanto per me. Mi trovo benissimo qui».
L’articolo completo è disponibile sull’edizione cartacea e digitale


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