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In Winter :: Le Recensioni di OndaRock

Un greatest hits, un album live, un disco di cover o il sempre carezzevole album natalizio sono sempre un buon escamotage per tener fede a obblighi contrattuali o per mascherare una crisi d’ispirazione.
Per le sorelle Rachel e Becky Unthank, “In Winter” non è un album natalizio nel senso classico del termine: un progetto cullato per 15 anni, finalmente diventato una realtà. Registrato nell’arco di una settimana sulle North Yorkshire Moors, il doppio album delle Unthanks celebra il fascino della stagione invernale evitando i cliché delle celebrazioni festive di luoghi d’incontro come centri commerciali e bar.
Il produttore e maestro di cerimonie Adrian McNally ha elaborato con dedizione e in piena libertà il materiale registrato dalle due splendide vocalist, riadattando melodie tradizionali con delicati fraseggi pianistici (“In Winter’s Night”), rimestando nella tradizione europea e mescolandola con quella a stelle e strisce (“O’ Tannenbaum”), fino a offrire momenti di autentica estasi musicale e poetica nella spirituale e pagana “Dark December”: un brano inquieto e oscuro dove innocenza e candore devono fare i conti con la mesta quotidianità, mentre l’ingresso di Fay MacCalman e del suo clarinetto scuote le ombre e ridona un po’ di luce.

I settanta minuti dell’album e le diciannove tracce si fondono in un unico corpo musicale. Gli arrangiamenti sono snelli, armoniosi, ma l’insolito e l’inaspettato sono sempre in agguato: anche quando le Unthanks affrontano brani più noti, l’intensità delle performance regala stupore. Accade così che un coro di chiesa introduca struggenti note di piano, prima che le voci accennino la celebre “O Come All Ye Faithful”. Una ninna nanna recuperata dalla tradizione catalana (“Carol Of The Birds”) e una turbolenta composizione di Bernard de La Monnoye (“Carol Of The Beasts”) agitano le acque; al delizioso corpo strumentale del primo brano, fa eco una maliziosa e malsana festa di voci, basso, sassofono e un quartetto d’archi che esplode in un finale free-jazz che solo un canto gregoriano riesce a ridurre alla ragione.
Anche la famosissima “O Holy Night” è oggetto di trasfigurazione, non solo nel titolo, “Nurse Emmanuel”, ma anche nel contenuto: un canto di speranza dedicato a coloro che sono stati in prima linea durante il periodo del Covid a rischio della propria vita.

Egualmente suadenti e delicate, la scarna “The Cherrry Tree Carol” e la romantica sequenza di “In The Bleak Midwinter”/“The Snow It Melts The Soonest” rendono tangibile quel misto di malinconia e accettazione che fa da cornice alla sofferenza di chi resta solo, avvolto dal gelo dell’inverno. Anche dietro le familiari note di vibrafono di “God Rest Ye Merry Gentlemen” si nascondono inquietudine e angoscia, non solo quella in seguito evocata dall’ansiosa “Coventry Garden”, ma anche quella accennata con passo più lieve in “Gowen Wassail”.
Alcune composizioni di “In Winter” non sono legate alla tradizione, ma sono frutto dell’ingegno della band. La prima è una piacevole ballata folk firmata da Becky e dal compagno Aisley (“River River”), un’altra è un gustoso canto per sole voci scritto dal padre delle due ragazze, George (“Tar Barrel In Dale”), brano che evoca ricordi di passate feste popolari dove, raccolti intorno al fuoco dei falò e tra barili di catrame incendiati, si assisteva all’esibizione dei mimi, tradizione rievocata anche nella successiva traccia “Greatham”.

Sfida audace, quella di “In Winter”. Ma per le Unthanks l’inverno è argomento costante della loro storia artistica. Queste 19 canzoni hanno la solennità dell’inverno, la spiritualità della ritualità pagana, l’inconsistenza materiale di un alito di vento, un’intensità che è racchiusa in maniera egregia nell’ultima traccia, “Dear Companion”, eseguita da un coro di 60 elementi.




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