In Italia discriminata, all’estero rispettata
1989, Salua Hamaza nasce a Bologna. A scuola un’insegnante di scienze riconosce la sua passione per il mondo intorno a lei. Si laurea all’Alma Mater in Ingegneria Meccanica. 2013, Salua lascia l’Italia. Tra l’Olanda e l’Inghilterra diventa ricercatrice. È la prima donna a classificarsi per il miglior dottorato di ricerca in Robotica in Inghilterra. 2025, Salua oggi guida un laboratorio internazionale di robotica aerea a Delft. Lavora con i droni che interagiscono con l’ambiente e che hanno applicazioni nella biologia. Non tornerà a Bologna. “È un circolo vizioso: in Italia ci sono meno fondi e meno laboratori – spiega a Ilfattoquotidiano.it – e di conseguenza arrivano meno finanziamenti”. Il rischio, secondo la ricercatrice, è che così si resti indietro: “Per sperimentare con i droni servono infrastrutture specifiche. L’Olanda e il nord Europa offrono tutto questo, e un domani venderanno i brevetti a chi non ha fatto altrettanto”.
I droni di cui si occupa Salua sono “bio inspired”. Si tratta di velivoli senza pilota che si ispirano alla natura per le loro caratteristiche, design o funzionalità. Questo significa che per migliorare le proprie prestazioni prendono spunto da organismi viventi, vegetali e animali. Come i roditori: uno degli ultimi lavori, infatti, si ispira al sistema tattile dei topi. A rendere i droni particolarmente avanzati sono proprio dei meccanismi dotati di sensori. Questi “robot” non si limitano infatti a spostarsi in volo: interagiscono fisicamente con l’ambiente, toccano gli oggetti, traggono informazioni. E sono utili per il monitoraggio ambientale, le ricerche biologiche e le applicazioni nei settori dell’energia. “Ciò che vorrei si sapesse è che esistono vari tipi di droni. Quelli di cui ci occupiamo noi aiutano l’agricoltura di precisione, il monitoraggio ambientale, la conservazione della natura e della biodiversità. Si parla sempre degli utilizzi bellici, e si dimentica chi come me fa ricerca con solo fini positivi”.
Persino dall’altra parte del mondo. Uno dei suoi ultimi progetti si è svolto l’estate scorsa nella foresta amazzonica. Insieme a un team di ETH Zurigo, il più prestigioso istituto universitario politecnico della Svizzera, si è occupata di una ricerca di rivelazione dati sulla biodiversità, collaborando con le comunità indigene. Si trattava di competizione con 10 milioni di dollari in palio, nella quale è arrivata in finale con altri cinque team. “Volevamo dimostrare che i droni possono fare qualcosa di buono per aiutare la natura, e abbiamo vinto un premio bonus di 250mila dollari”. Un traguardo non solo per la sua ricerca, ma anche per l’ambiente: “Abbiamo dimostrato che questi dati sono campionabili solo attraverso l’utilizzo di questi droni. È solo l’inizio e penso che sia una promessa fantastica per il pianeta”.
A Delft Salua si è ormai creata una sua comunità di ricercatori. “Si rivolgono a me soprattutto le studentesse, e io cerco di essere un modello positivo per loro. In ogni caso qui c’è meno discriminazione di genere che altrove”. Una differenza culturale che ha vissuto in prima persona: “Durante i miei studi in Italia era palese fossi discriminata: i miei esami orali duravano il triplo rispetto a quelli dei miei colleghi maschi”. Le donne laureate in Italia in materie Stem, cioè scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, sono, secondo i dati Istat 2024, ancora meno della metà dei colleghi uomini. E anche nella comunità robotica internazionale, si tratta di una netta minoranza: “Le colleghe si contano sulle dita di una mano, ma qualcosa sta cambiando: da quando sono all’estero mi sono sempre sentita accolta e rispettata”.
Anche per questo consiglia a chi vuole lavorare nel suo campo di partire. “Nelle università italiane, per quel che ho potuto vedere io, spesso lo studio delle mie materie è ancora troppo teorico. I giovani dovrebbero uscire dalla comfort zone, imparare bene l’inglese, confrontarsi con una mentalità meno conservatrice”. Tuttavia, ammette, il rischio è di non fare più ritorno: “In Italia, oltre a mancare i fondi, c’è l’idea paradossale che i soldi investiti nell’Università vadano persi”. In Olanda, invece, “la politica sa che finanziare la ricerca è un investimento”. Secondo i dati Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, l’Italia investe nell’istruzione meno della media Europea. Nei Paesi Bassi, invece, la spesa per studente universitario, in rapporto al Pil pro capite, è tra le più alte. Da giugno 2025, inoltre, in Italia le borse di ricerca verranno tassate per effetto del decreto Pnrr-Scuola. Una differenza che impatta anche sulle condizioni economiche dei ricercatori: “Se a 40 anni sei ancora precario e non hai un salario competitivo, non puoi stabilizzarti e fare famiglia. Io qui ho potuto coniugare lavoro e vita personale, ho potuto decidere di diventare madre”.
Salua non modificherebbe nulla del suo percorso. Anche se resta aperta a ogni possibilità futura. “Ho cambiato spesso stato, idee, prospettive. Ora qui sono felice e stabile, ma non escludo di potermi spostare se la ricerca lo richiedesse”. E nonostante una carriera piena di riconoscimenti – premi internazionali, brevetti, pubblicazioni – non smette di sognare nuovi traguardi. Per lei e per la scienza. “Vorrei che i media raccontassero di più ciò che accade nei laboratori, ispirando anche le nuove generazioni. Ogni scienziato è stato prima di tutto un bambino curioso in cui gli adulti hanno creduto. La mia professoressa delle medie vide la mia passione, e da allora non l’ho mai persa. Dobbiamo fare altrettanto”.
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