In che lingua pensa un’Intelligenza Artificiale?
Nel cuore delle AI generative come ChatGPT, Claude o Gemini si nasconde un enigma affascinante: in quale lingua vengono elaborate le risposte? Un recente studio di Anthropic getta nuova luce sul funzionamento interno dei modelli linguistici, rivelando meccanismi sorprendenti che li rendono capaci di comprendere ed esprimersi in decine di lingue. Analizzare questi processi non è solo una curiosità accademica: si tratta di un passo decisivo per creare Intelligenze Artificiali più affidabili, trasparenti e sicure a livello globale.
L’Intelligenza Artificiale e il multilinguismo
Quando un utente interagisce con un assistente virtuale come Claude, ChatGPT o Gemini, la conversazione avviene senza apparente sforzo nella lingua preferita dell’interlocutore. L’AI comprende le parole e risponde in maniera coerente, precisa e contestualmente rilevante, capacità che in realtà non è affatto banale in quanto richiede una profonda comprensione del linguaggio umano da parte della macchina, e pone interrogativi essenziali su come i modelli linguistici elaborino e rappresentino i concetti. A lungo si è ritenuto che il funzionamento di questi sistemi dipendesse strettamente dalla lingua usata, ma studi recenti hanno evidenziato un meccanismo diverso e più sofisticato. In particolare, la ricerca pubblicata da Anthropic nel marzo 2025 offre nuove chiavi di lettura su come un modello possa effettivamente pensare in modo astratto e trasversale rispetto ai confini linguistici tradizionali.
Il funzionamento interno dei modelli linguistici di grandi dimensioni
Alla base di ogni AI conversazionale si trovano i cosiddetti modelli linguistici di grandi dimensioni, noti con l’acronimo LLM (Large Language Models), ovvero sistemi che non sono codificati manualmente per rispondere alle domande, bensì allenati attraverso enormi archivi di testi, dai quali apprendono in modo statistico e probabilistico le regolarità e le relazioni tra parole, frasi e concetti. Durante la fase di training, un modello viene esposto a miliardi di frasi provenienti da molteplici lingue, domini e contesti. Da questa esposizione, l’AI apprende le strutture grammaticali, e anche come concetti simili possano essere espressi in modi diversi, a seconda della lingua o del contesto culturale. Nonostante le prestazioni straordinarie ottenute, i meccanismi decisionali interni che portano l’Intelligenza Artificiale a scegliere una parola piuttosto che un’altra rimangono in gran parte opachi. Perfino i creatori di questi sistemi faticano a comprendere le logiche esatte che regolano la generazione del linguaggio, rendendo la trasparenza uno dei temi più delicati e urgenti nella ricerca sull’AI.
L’esperimento di Anthropic e le implicazioni cognitive
Per indagare il modo in cui il modello Claude 3.5 Haiku processa le lingue, i ricercatori di Anthropic hanno condotto una serie di test mirati. L’obiettivo era capire se il modello “attivasse” aree differenti al variare della lingua, oppure se esistesse una rappresentazione interna unificata dei concetti. Le prove si sono concentrate su frasi semplici ma rilevanti. Ad esempio, la richiesta di completare la frase “L’opposto di ‘piccolo’ è…” è stata proposta in diverse lingue. Analizzando le attivazioni neurali del modello, è emerso che termini equivalenti come “piccolo”, “small” e “petit” stimolavano la stessa area del sistema. Anche il concetto opposto, “grande”, si collegava sempre alla medesima zona, indipendentemente dalla lingua d’ingresso. Ciò suggerisce che Claude non si limita a tradurre parola per parola, ma costruisce una rappresentazione astratta dei concetti che prescinde dal codice linguistico, tale tipo di architettura mentale rispecchia in parte il modo in cui il cervello umano gestisce il bilinguismo o il multilinguismo. Un concetto, una volta appreso, viene interiorizzato in modo indipendente dalla lingua con cui è stato acquisito.
Comprendere il multilinguismo delle AI per migliorarne sicurezza e qualità
I risultati emersi dallo studio offrono implicazioni importanti. Se un modello riesce davvero a separare i concetti dalle espressioni linguistiche specifiche, allora è in grado di trasferire conoscenze apprese in una lingua anche in tutte le altre, mantenendo coerenza e precisione. Questa capacità è fondamentale per garantire un funzionamento uniforme in contesti globali, migliorare l’accessibilità e prevenire distorsioni legate a una dominanza linguistica. Tuttavia, permangono alcune criticità: gli esperimenti si sono limitati a frasi molto semplici, lasciando irrisolti molti aspetti del ragionamento complesso; inoltre, non tutte le operazioni cognitive interne del modello risultano interpretabili, e in diversi casi non è possibile determinare con certezza perché una risposta venga formulata in un modo piuttosto che in un altro.
Il ruolo dell’inglese e le prospettive future
Una delle questioni ancora aperte riguarda il ruolo predominante dell’inglese nei processi interni dei modelli linguistici. Anche nei sistemi progettati per essere multilingue, l’inglese continua spesso ad essere il punto di riferimento, soprattutto nella fase finale della generazione delle risposte. Il fenomeno è legato alla composizione dei dataset utilizzati per l’addestramento: una quota rilevante dei testi disponibili online, e quindi accessibili per l’allenamento, è scritta in inglese. Tale squilibrio può introdurre bias, influenzare la qualità delle risposte nelle lingue meno rappresentate e compromettere l’equità nell’uso globale dell’Intelligenza Artificiale. Nonostante queste limitazioni, studi come quello condotto da Anthropic indicano un punto di svolta nella comprensione dei meccanismi cognitivi delle AI. Ogni avanzamento in questo campo permette di costruire modelli più trasparenti e controllabili, favorendo un’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale in direzione di una maggiore affidabilità e inclusività.
Conclusioni
L’indagine sulla lingua del “pensiero” dell’AI apre scenari affascinanti e complessi. Il fatto che un sistema come Claude possa ragionare al di là dei confini linguistici suggerisce un’evoluzione profonda nella progettazione dei modelli. Sebbene il cammino verso una comprensione completa sia ancora lungo, la strada è ormai tracciata. L’esplorazione del pensiero multilingue artificiale non è più soltanto un tema tecnico, ma un nodo per lo sviluppo etico e responsabile delle tecnologie intelligenti.