Basilicata

“Imponimento”, Tedesco e l’amicizia col boss Anello ma per i giudici non c’è prova di reato

I giudici del Tribunale si soffermano sulla figura dell’ex consigliere comunale Franco Tedesco assolto nel processo “Imponimento” a fronte di una richiesta di condanna a 18 anni: per i giudici è acclarata l’amicizia col boss Rocco Anello ma non c’è prova certa di reati


VIBO VALENTIA – Nei suoi confronti, la Dda di Catanzaro aveva chiesto una condanna a 18 anni di reclusione, evidenziando il legame stretto con il boss Rocco Anello, ma alla fine il Tribunale collegiale ha pronunciato sentenza assolutoria per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.; Quella di Franco Tedesco, ex consigliere comunale di Forza Italia e poi di Vibo Unica, è quindi una delle assoluzioni eccellenti al processo “Imponimento” che ha visto tuttavia reggere il castello accusatorio contrariamente alla cosiddetta zona grigia, uscita per lo più assolta o con contestazioni – e quindi entità delle pene – ridimensionate.

ACCUSATO DI AVER AGEVOLATO IL CLAN ANELLO

L’imputato, difeso dagli avvocati Stefano Luciano e Vincenzo Belvedere, è un imprenditore attivo nel settore dell’edilizia col pallino della politica ed era accusato di collaborare “con il sodalizio Anello-Fruci nel mantenimento del controllo del settore dei lavori edili, concorrendo ad esercitare pressioni sugli imprenditori in occasione di specifiche vicende estorsive, contribuendo, altresì, a formare la strategia della consorteria in ambito politico; nello specifico promuovendo il sostegno del clan alle elezioni politiche del 2018 al parlamentare Giuseppe Mangialavori, eletto, poi, al Senato”.

“IMPONIMENTO”, I GIUDICI: «PROVE DEBOLI PER UNA CONDANNA DI TEDESCO»

Ma per il Collegio, gli elementi indiziari sussistenti a carico di Tedesco «non sono dotati di adeguata efficacia probatoria da fondare, oltre ogni ragionevole dubbio, remissione di una pronuncia di condanna». E sulla presunta estorsione e l’illecita concorrenza ai danni dell’imprenditore-avvocato Vincenzo Renda, i magistrati affermano che gli elementi probatori «non consentono di ascrivere all’imputato, con sufficiente consistenza dimostrativa, la commissione dei reati» in quanto Tedesco «interviene nella vicenda dopo l’accordo iniziale intercorso tra Rocco Anello e Renda ma non vi è prova che il medesimo fosse a conoscenza della genesi del rapporto» e quindi «vi è un chiaro scollamento tra la genesi del rapporto e il suo atteggiarsi».

Franco Tedesco

“ACCERTATO LEGAME TRA TEDESCO E IL BOSS ROCCO ANELLO”

Nel valutare la condotta di Tedesco, il Tribunale ha affrontato il ruolo che questi rivestiva all’interno del cantiere di Renda e del suo modo di interfacciarsi sia con la persona offesa che con Anello, definito il reale appaltatore, sottolineando che dai dati captati il richiamo dell’imprenditore-politico alla figura del boss, «di cui vanta l’amicizia», a sostegno di Mangialavori (“Sa che gli muovo mille voti”), tuttavia «non emerge inequivocabilmente in cosa si sia concretizzato il supporto del medesimo, né vi è certezza che ad Anello sia stato effettivamente chiesto il sostegno elettorale per Mangiatori», laddove, tra l’altro, proprio parlando di quest’ultimo il boss «assume un atteggiamento di distacco».

VICINANZA TRA L’IMPUTATO E IL CAPOCLAN DI FILADELFIA

Senza dubbio, secondo i giudici di “Imponimento”, i dialoghi consegnano una vicinanza tra tedesco e Rocco Anello nei cui confronti il primo si rapporta «in toni amichevoli, manifestando grande rispetto verso la sua persona», ma questo atteggiamento, pur essendo «eticamente riprovevole, non consente, pero, non solo di ritenere sussistente un contributo di Tedesco all’estorsione in questione, ma altresì di sostenere l’adesione al sodalizio».

LE ELEZIONI POLITICHE DEL 2018 E IL RUOLO DI TEDESCO

Il Collegio riporta l’escussione del maresciallo Spadafora, secondo la quale Tedesco supportava politicamente la dandidatura di Mangialavori e di questo ne «riferiva, in diverse occasioni a Rocco Anello», ma tra l’imputato, allora consigliere comunale, e il parlamentare di Forza Italia, successivamente alle elezioni amministrative del 2015, si «era creata un’ostilità in seguito a disaccordi emersi nell’ambito della vita politica comunale di Vibo, allorquando il primo decideva di aderire al gruppo politico “Vibo Unica”, che faceva capo all’allora presidente del Consiglio comunale Stefano Luciano».
Nelle motivazioni della sentenza si fa menzione della telefonata del 10 gennaio 2018 tra Mangialavori e Tedesco nel corso della quale il primo preannunciava al secondo la visita di una persona (“vedi che stamattina verrà uno ad aprire il dialogo con te”). Il giorno seguente, nel colloquio captato tra i due, il parlamentare chiedeva al secondo: “Con Raffaele ti sei visto?” e quest’ultimo rispondeva: “Oggi pomeriggio, ha detto che mi vuole incontrare”.

Nelle motivazioni della sentenza si fa menzione della telefonata del 10 gennaio 2018 tra Mangialavori e Tedesco nel corso della quale il primo preannunciava al secondo la visita di una persona (“vedi che stamattina verrà uno ad aprire il dialogo con te”). Il giorno seguente, nel colloquio captato tra i due, il parlamentare chiedeva al secondo: “Con Raffaele ti sei visto?” e quest’ultimo rispondeva: “Oggi pomeriggio, ha detto che mi vuole incontrare”.

“MANGIALAVORI NON SI RIFERIVA AD ANELLO”.

Ma per il Tribunale, la lettura combinata dei dialoghi “esclude la possibilità di sostenere che il soggetto a cui Mangialavori si riferiva nella conversazione del 10 gennaio 2018 fosse Rocco Anello, emergendo, piuttosto, nella conversazione successiva il riferimento ad un tale Raffaele».

E «né assume valenza dirimente la circostanza, rilevata dal Pm, secondo cui Anello, dialogando con la moglie Angela Bartucca e con Giovanni Anello sulla loro partecipazione a un incontro elettorale presso il “Parco degli Ulivi”, veniva a conoscenza della presenza di Mangialavori (Giovanni: “C’è pure la riunione di Mangiaiavori là; Rocco: “‘al Parco degli Ulivi?”), e si chiedeva se all’evento fosse presente anche l’Architetto Tedesco (“C’è pure l’architetto? “Chi lo sa se c’è l’architetto? Che se c’è facciamo finta di niente ed entriamo”)».


Rocco Anello

“ANELLO IGNORAVA LA PRESENZA DI MANGIALAVORI”

Sempre sul punto i giudici osservano ancora nella sentenza “Imponimento” che dalla conversazione emerge come il boss Anello «ignorasse la presenza di Mangialavori e di Tedesco, il che mal sì concilia con un incontra programmato precedentemente» e «né può sostenersi, come vorrebbe la pubblica accusa, che l’imputato apportasse un contributo partecipativo tale da orientare il flusso elettorale a livello locale, grazie alla sua capacità di disporre di un bacino significativo di voti, ragione per cui viene contestata la quantità di voti ottenuti da Mangialavori nel Comune di Filadelfia».
E restando in tema, si menziona la conversazione telefonica del 5 marzo 2018 nel corso della quale Tedesco commenta positivamente i risultati elettorali con Maria Francesca Pascale, e se da un lato un passaggio del dialogo «può far sorgere il sospetto che l’imputato si riferisse ad Anello, non assurge però a prova certa di tale circostanza, anche alla luce del dialogo intervenuto poco dopo tra Tedesco e Renda in cui si utilizza un’espressione equivalente (“poi di persona ti dirà, ho detto”), ancorando subito dopo la conversazione a questioni connesse al Pd» e infatti, nella conversazione successiva tra i due vi è «appunto un riferimento al Partito democratico».

«IL BOSS ANELLO DISINTERESSATO ALLA PRESENZA DI MANGIALAVORI»

Il Tribunale riporta anche un’altra conversazione, tra Tedesco e Anello circa la presenza di Mangialavori a Filadelfia la sera precedente, chiedendo se lo stesso fosse accompagnato dalla sottosegretaria Wanda Ferro, e Anello rispondeva: “Non lo so, non ci vado a queste cose… Se mi interesso così, d’amicizia, sennò la politica è un argomento che non… non mi piace”; in un ulteriore dialogo del 24 febbraio 2018, Tedesco chiedeva al boss se De Nisi, verosimilmente l’attuale consigliere regionale, si stesse prodigando per procacciare voti a Mangialavori, e lo stesso rispondeva: “No, no, io di politica… proprio non mi interesso, mai interessato. Sono amico con tutti… poi, i paesi sono piccoli… Sono amico con lui, sono amico con quell’altro. Poi se esce lui divento nemico con quello, allora no…”, specificando di non dare nemmeno ai familiari indicazioni di voto (“Nemmeno a loro gli dico a chi votare”).

«SU TEDESCO E ANELLO LA DDA DOVEVA ACQUISIRE PIÙ ELEMENTI»

Orbene, a parere del giudici del Tribunale il dato esposto assume una connotazione «rilevante nella misura in cui proviene direttamente dall’Anello che utilizza le espressioni menzionate senza particolare sollecitazione nel corso di una conversazione proprio con tedesco, per poter ritenere univocamente che tale espressione mascherasse il concetto opposto – come prospettato dal Pm – sarebbe stato necessario acquisire quanto elementi, sia pure a livello indiziario, che confermassero l’attivarsi di Rocco Anello o dei sodali nella campagna elettorale in questione, elementi che non sono emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale».

“IMPONIMENTO”: «NESSUNA PROVA CERTA DEL SOSTEGNO DEL CLAN ANELLO A MANGIALAVORI»

Pertanto, scrivono ancora i giudici nella sentenza di “Imponimento”, «non vi è prova certa che consenta di affermare oltre ogni ragionevole dubbio che Tedesco, ormai divenuto frequentatore assiduo del boss Rocco Anello, si fosse adoperato per assicurare il sostegno elettorale a Mangialavori da parte anche della cosca, in occasione delle Politiche del 2018 e, ulteriormente, dell’accordo nei termini sopra precisati».

D’altra parte, pur avendo il compendio intercettivo consegnato al giudizio «contatti costanti e frequenti tra l’imputato e Anello, con un forte legame amicale creatosi tra i due – così intenso da far sì che Tedesco in più occasioni si intrattenesse a cena con Anello e le relative famiglie, tanto attesta certamente la confidenza e la vicinanza tra il prevenuto e il capoclan – non vi sono però sufficienti elementi per sostenere, oltre ogni ragionevole dubbio, che tale legame si estendesse alla cosca e soprattutto che Tedesco ricoprisse un ruolo dinamico all’interno del sodalizio».

TEDESCO E LA CONDANNA IN “DEDALO-PETROLMAFIE”

Per quanto attiene poi al processo “Dedalo-Petrolmafie”, in cui Tedesco ha riportato una condanna a 8 anni, e che il pm ha prodotto in aula, per il Tribunale si tratta intanto di sentenza non definitiva e poi l’assenza della motivazione, pur consentendo di ritenere dimostrato l’avvenuto svolgimento del giudizio sfociato nella condanna dell’imputato per il reato di tentata estorsione aggravata ai danni di Mario Pata, quale direttore di cantiere della Cooper Poro Edile, «non permettono tuttavia di cogliere le argomentazioni poste alla base della decisione»; infine quanto agli accadimenti correlati alla consegna di una busta contenente 4.500 euro, i giudici hanno evidenziato che «non risulta chiara la causale sottesa alla dazione della somma e in generale non sono sufficientemente delineati i termini della vicenda e ciò non consente di considerare tale dato significativo e nei termini prospettati dal Pm».


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