Imbrattarono i muri con scritte “No vax”, individuati e denunciati i componenti del commando
Il capo è un 55enne che abita a Ivrea (Torino), la reclutatrice è una signora di 61 anni residente a Castiglione Torinese, i guerrieri – pronti ad entrare in azione anche di notte – sono in prevalenza persone di mezza età sparse per Torino e varie località della provincia. Sembra il ritratto di una formazione paramilitare ma è così che la Digos e la procura di Torino descrivono i V-V nelle carte dell’inchiesta culminata nelle scorse settimane con 12 avvisi di chiusura delle indagini preliminari. L’accusa è di avere formato una associazione per delinquere, come “articolazione torinese” di un gruppo ramificato a livello nazionale, che in nome del contrasto all’obbligo dei vaccini anti Covid ha intrapreso una campagna di “lotta alle istituzioni” scandita da iniziative di “disobbedienza civile, contropropaganda, guerra mediatica e commissione di reati”.
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Nella pratica, il tutto si è tradotto in scritte sui muri e altri atti vandalici, tanto che il “delitto” contestato nei vari capi di imputazione è “l’imbrattamento o deturpamento”, punito nel peggiore dei casi con sei mesi di reclusione. Sono contestati 23 episodi, scoperti fra l’ottobre del 2021 e l’aprile del 2024, ai danni di scuole, università, sedi di sindacati e quotidiani, banche, ospedali di Torino e provincia. La sigla V-V è apparsa inizialmente su siti internet ma molto presto si è trasferita su Telegram, dove secondo gli investigatori si trova una “base operativa segreta” articolata in una serie di chat e di canali che gli stessi aderenti chiamano “organizzazione tecnica”.
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Il gruppo opera in diverse città italiane (tra cui Modena, Rimini, Bari, Mantova, Roma, Bergamo) e si è dotato di una struttura “a piramide”. Ci sono i “leader”, gli “admin” (che si dedicano principalmente al reclutamento), i “tutor” che addestrano i novizi e i “guerrieri” che portano avanti le azioni. All’occorrenza scendono in campo anche i capi: nel gennaio del 2023 il 55enne eporediese era insieme a dei compagni che stavano tracciando enormi scritte sulla facciata di una scuola media e avrebbe sferrato un calcio a un poliziotto, ricavandone l’accusa di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale.
Gli aspiranti “guerrieri” sono sottoposti a un percorso formativo scandito test, questionari, colloqui video via chat (i presunti capi si mostrano, secondo le indagini, rigorosamente incappucciati). Quando sono pronti ricevono le istruzioni sugli obiettivi da imbrattare, gli slogan da utilizzare, gli strumenti di cui devono dotarsi: vernici, estintori, corde, zaini, telefoni-citofono e radiotrasmittenti per non essere tracciati. A un’altra parte di aderenti – non indagati – sono affidati compiti di propaganda sui social che consistono anche in “campagne diffamatorie”. Il principale canale Telegram dei V-V è seguito da circa 18 mila utenti. Di recente ha lanciato una campagna di raccolta fondi a sostegno degli indagati. “Il sistema nazicom cerca di attaccare la forza di lotta V-V addossando ai guerrieri imputazioni assurde come l’associazione per delinquere”, dice un messaggio dove si chiede ai simpatizzanti di raccogliere 24 mila euro per le spese legali.
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