Ilenia Pastorelli: «Noi donne dobbiamo sempre giustificarci. Ma ora basta, se non mi fanno il bonifico, non esco. E sono fiera di aver guadagnato più dell’attore protagonista»
Al Taormina Film Festival si parla di parità di genere, non solo nel cinema ma in tutti i settori: nei ruoli di rappresentanza, nelle direzioni artistiche, nei festival. È importante, anzi urgente, continuare a parlarne, perché non è ancora la norma. Secondo uno studio condotto a Los Angeles, spiega Tiziana Rocca, di nuovo alla Direzione artistica del Festival tornato a essere luogo di incontro di grandi star anche internazionali, ci vorranno oltre 50 anni per raggiungere un equilibrio reale nel nostro settore: per avere lo stesso numero di registe, attrici protagoniste e decision maker donne.
Le protagoniste dell’incontro sono la giuria dal festival, composta da quattro donne e un solo uomo: la presidente Da’Vine Joy Randolph, la costumista Sandy Powell, le attrici italiane Ilenia Pastorelli e Alessandra Mastronardi, e il giornalista Steven Gaydos. E poi la presidente del Festival di Cannes Iris Knobloch, la madrina Valeria Solarino, Sarah Felberbaum, Lucrezia Guidone, Nina Zilli e Giulia Perulli.
«Ho iniziato ad avvicinarmi al cinema guardando le grandi attrici italiane», racconta Da’Vine Joy Randolph, «Quando hai esempi come Sofia Loren o Gina Lollobrigida pensi a donne che rappresentavano una forza, un’autonomia, un potere. Non si scusavano per esserlo». E oggi qualcosa sta cambiando: «Prima si firmavano contratti sperando ci venisse offerto il meglio. Ora, soprattutto tra le donne, si sta creando un dialogo più trasparente. Ci confrontiamo tra di noi, ci diciamo quanto ci offrono, quali sono le clausole. Così si rompe la catena della manipolazione e si acquisisce potere». E ancora: «Essere abbastanza brave non basta. Serve avere il coraggio di farsi avanti, di dire cosa vogliamo interpretare, quali ruoli ci interessano, quali temi ci rappresentano. Non vuol dire rinunciare al glamour, ma scegliere storie con spessore, con messaggi forti. Anche ruoli più più duri possono raccontare la realtà in modo autentico».
Iris Knobloch,, presidente del festival di Cannes, ha ricordato come solo il 27% dei film ricevuti quest’anno fossero diretti da donne, ma tra quelli selezionati la percentuale è salita al 50%: «Questo vuol dire che la qualità c’è, ma manca l’accesso. Il compito dei festival è proprio quello: portare alla luce il talento femminile. Posso affermare che sul pubblico agisce una leva inconscia del pregiudizio, le donne non sono viste allo stesso modo degli uomini. Così come l’industria non si fida delle donne quanto si fida degli uomini quando deve assegnare la regia di un blockbuster. Ma bisogna guardare anche agli esempi positivi, come The Substance, che è arrivato fino agli Oscar». Perché il pubblico risponde. «In Italia, i film con interpreti femminili forti hanno avuto incassi altissimi», continua Tiziana Rocca, «Questo vuol dire che le persone vogliono vedere storie di donne. Non è solo una battaglia etica, è anche una scelta intelligente per il mercato».
Ancora più incisiva Ilenia Pastorelli: «Noi donne sembriamo doverci sempre giustificare per ciò che sentiamo, per ciò che siamo fin dalla nascita. Ma dobbiamo cambiare questa narrazione banale. Siamo capaci, indipendenti, libere. Eppure nel cinema è evidente quanto il controllo sia ancora maschile. Quando dici no, lo vedi chiaramente». E ancora: «C’è sempre qualcuno pronto a dirti che, se non accetti, c’è un’altra dietro disposta a farlo per la metà del compenso. Questo è debilitante, non solo per chi rifiuta, ma anche per chi accetta. Nel mio piccolo, se non mi fanno il bonifico, non esco di casa. Dico no, anche solo per affermare il mio valore. In certi casi ho guadagnato più dell’attore protagonista, e ne sono andata fiera. Non lo potevo dire pubblicamente, ma ora lo dico».
Donatella Finocchiaro racconta: «Essere donna in questo settore è ancora più difficile se vuoi affermarti oltre il ruolo di madre o moglie. Per gli uomini è scontato che possano avere carriera e famiglia. Per noi no. E non dovrebbe essere così. Questo divario non può durare altri 50 anni. La nostra voglia di essere qualcosa è diventata una lotta». Si parla anche della crisi profonda del cinema italiano: «Negli ultimi mesi è stato un periodo nero», continua, «Tanti attori e maestranze sono fermi. Io mi ritengo fortunata ad aver lavorato, ma non dimentico chi non ha avuto la stessa fortuna. Eppure continuo, perché il mio lavoro ha a che fare con la bellezza, con l’arte, con qualcosa di spirituale. E spesso alle donne non è concesso viverlo così». Cita Rosa Balistreri, voce popolare siciliana, e si riflette sul bisogno di avere modelli femminili forti: «Ci chiedono perché raccontiamo storie di donne che subiscono. Ma è importante farlo. Dobbiamo mostrare anche la realtà della violenza, del potere maschile che schiaccia. Per poter cambiare, dobbiamo prima raccontare».
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