Il rispetto che manca: riflessioni sulle discussioni Hi-Fi
In Hi-Fi si vivono quotidianamente troppe critiche feroci: serve più rispetto, meno fazioni e, a volte, mordersi la lingua.
Chi vive tra musicisti conosce bene la passione con cui si parla di strumenti. Non mancano i dibattiti accesi su chitarre, pianoforti o batterie, ma raramente un musicista si permetterebbe di stroncare “a gratis” la scelta di un collega. Da molti anni vivo e lavoro nel mondo della musica e mai mi è capitato dal vivo un attacco diretto, in faccia, senza motivo, su uno strumento. 
Forse i social sono un po’ meno sotto controllo da questo punto di vista, ma comunque non si assiste ogni post, ogni commento, a una sequela interminabile di opinioni non richieste né gradite, quanlcuna c’è, ma viviamo sereni sulle percetuali.
Questo perché c’è la consapevolezza che dietro uno strumento non ci siano solo materiali e marchi, ma sacrifici economici, esperienze e legami emotivi. Anche quando le opinioni divergono, rimane un fondo di rispetto reciproco (percentuale minore di maleducati a parte, che come già detto fa parte del gioco).
Nel mondo dell’alta fedeltà, invece, il clima è molto diverso. Nei forum, nei gruppi social e persino durante incontri dal vivo, capita davvero molto spesso che l’entusiasmo per un apparecchio appena acquistato venga accolto con una critica dura e immediata. 
Non un confronto pacato, non un’opinione portata con educazione, ma un giudizio netto e poco empatico, che rischia di ridurre la discussione a una contrapposizione sterile.
Senza contare la non certo piccola fazione di coloro che sono sempre pronti a dirti che “con gli stessi soldi potevi…“, convinti di aver sotto controllo e sotto orecchio tutto ciò che è stato prodotto nel mondo dell’alta fedeltà negli ultimi anni. Spesso, però, l’apparecchio in questione non lo hanno mai posseduto e a stenti l’hanno ascoltato, magari in fiera in mezzo al brusio e in salette d’albergo che tutto sono tranne che ambienti di ascolto ideali.
Quando la critica diventa personale
Raccontare di aver comprato un amplificatore, un paio di diffusori o un DAC può scatenare una raffica di commenti al vetriolo. Non si tratta solo dei casi limite, come accessori percepiti da molti come inutili o ingannevoli, ma anche di prodotti rispettati e diffusi, che pure finiscono per essere bersaglio di critiche spietate.
È qui che il discorso si fa interessante: non stiamo parlando soltanto delle polemiche intorno ai cavi o ad altri componenti considerati marginali, ma anche di apparecchi solidi, apprezzati e venduti in migliaia di esemplari. In questi casi, la critica non colpisce tanto l’oggetto, quanto la persona che lo ha scelto. Come se l’acquisto fosse una dichiarazione di appartenenza a un partito e non il frutto di gusti ed esigenze personali.
Il paradosso della soggettività
L’Hi-Fi è un terreno scivoloso: non esistono verità assolute. Un amplificatore può sembrare sorprendente in un impianto e deludente in un altro. Diffusori considerati eccellenti possono non rendere al meglio in ambienti acusticamente difficili. Persino la stessa persona, ascoltando in momenti diversi o con generi musicali differenti, può percepire sensazioni contrastanti.
Il punto è che, di fronte a questa complessità, la tendenza non è alla prudenza ma alla semplificazione estrema: “questo è buono, questo fa schifo”. Una visione riduttiva che impoverisce il confronto e genera frustrazione.
Flame ricorrenti e campi di battaglia
Chi bazzica i forum conosce bene i temi più divisivi. Certo, i cavi restano un classico esempio di discussione senza fine, ma non sono l’unico terreno di scontro. Le stesse tensioni si ritrovano intorno ai giradischi, al digitale contro l’analogico, ai DAC, agli amplificatori in classe D, fino ai diffusori di marchi blasonati. 
In ognuno di questi casi, l’oggetto diventa pretesto per un flame ideologico, in cui il confronto tecnico lascia spazio alla gara di superiorità.
Un impianto Hi-Fi non è mai solo una somma di componenti. È il risultato di tempo, ricerche e risorse economiche. Un acquisto racchiude entusiasmo, attese e desiderio di migliorare la propria esperienza musicale. Per questo una critica brutale non colpisce solo un apparecchio: viene percepita come un giudizio sulla persona che lo possiede.
Questo fenomeno è particolarmente evidente con i neofiti, che spesso si affacciano al settore pieni di entusiasmo e vengono accolti con sarcasmo o sufficienza. Invece di incoraggiarli, li si respinge, rischiando di spegnere sul nascere una passione che richiede tempo e dedizione.
Diciamo la verità, tanti che si chiedono come mai i giovani non si avvicinano al’Hi-Fi (e no, non è per la favoletta che oggi c’è solo musica di m***a) dovrebbero chiedersi se abbiano passato più o tempo a spaventare e cacciare i novizi dai propri salotti, che a invogliarli a entrare.
Il ruolo della comunità
Non si tratta di tacere o di annacquare le opinioni, ma di cambiare prospettiva. È possibile dire “ho avuto esperienze diverse” senza liquidare la scelta altrui come una sciocchezza. È possibile discutere dei limiti tecnici di un apparecchio senza trasformare la conversazione in un attacco personale.
Un vero appassionato non dovrebbe sentirsi minacciato dalla diversità di gusti, ma anzi arricchito. In fondo, se tutti ascoltassimo con gli stessi impianti (così come se ascoltassimo o suonassimo la stessa musica), l’Hi-Fi non sarebbe una passione, ma una sterile uniformità.
Una passione che alla fine è un mezzo per arrivare ad emozionarsi con la musica, non per fare i gradassi come ometti di terza età che gironzolano spavaldi con la cabriolet.
Una lezione che va oltre l’audio
Il caso dell’Hi-Fi è in realtà lo specchio di un problema più ampio: il modo in cui le comunità online gestiscono il dissenso. L’assenza di filtri tipica dei social ha abbassato la soglia del rispetto reciproco, rendendo più facile il giudizio sommario che la riflessione articolata.
Eppure l’Hi-Fi, per la sua natura fatta di sfumature e interpretazioni personali, potrebbe diventare un laboratorio ideale per praticare un dialogo diverso: meno competitivo, più attento alle esperienze individuali, capace di unire invece che dividere.
L’alta fedeltà dovrebbe essere un terreno di scoperta condivisa, non di scontri verbali. Il vero lusso non è avere l’amplificatore più costoso o il diffusore più raro, ma sedersi insieme ad ascoltare musica e rispettare la scelta dell’altro.
Ci sarà qualcuno che leggendo questo articolo si farà una risatina, dicendo che “e vabbé, è sempre stato così“. Già, ma caro mio apri gli occhi, se così continuerà ad essere, è probabile che questo mondo finirà con le ultime generazioni di “senior” come te.
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