Ambiente

Il rischio di un rapporto Draghi riadattato

Il punto di forza del Rapporto Draghi, reso pubblico il 9 settembre scorso, risiede nell’unitarietà della diagnosi rispetto alle difficoltà europee e delle conseguenti proposte da attuare. Il Rapporto denuncia l’obsolescenza del modello produttivo dell’Unione europea e la connessa deludente dinamica della produttività. Di qui la necessità di realizzare massicci investimenti innovativi a basso impatto ambientale, da finanziare mediante la mobilizzazione della ricchezza finanziaria privata e la creazione di una ricorrente capacità fiscale centrale, che trasformino l’economia della Ue evitandone l’agonia.

La governance, la politica industriale, la regolamentazione e il bilancio europeo sono pertanto componenti inseparabili del Rapporto. Il rischio è che i responsabili politici europei e i governi degli Stati membri selezionino le componenti meno radicali delle proposte e nascondano le altre nel cassetto, palesando così una generica adesione alla diagnosi ma tradendo – di fatto – i contenuti fondamentali del Rapporto. Per usare l’espressione formulata da uno di noi (si veda l’articolo di Buti del 6 ottobre su queste pagine), il rischio è l’attuazione di un “Draghi à la carte”.

Un modo per valutare la portata di tale rischio è di esaminare le lettere di missione che la presidente della Commissione ha inviato ai 26 candidati commissari. La settimana trascorsa fra la pubblicazione del Rapporto e l’invio delle lettere (17 settembre) è, in apparenza, un tempo troppo breve per recepire il messaggio di Draghi; in realtà, i servizi della Commissione hanno fornito un contributo rilevante alla redazione del rapporto, le cui bozze erano sul tavolo della presidente von der Leyen già prima dell’estate. È quindi rilevante chiedersi quali e quanti contenuti del Rapporto siano stati inseriti, con riferimenti diretti o con indicazioni di policy conformi alle proposte, e quali siano stati invece ignorati nelle lettere di missione. Al riguardo, anziché soffermarsi sul contenuto comune alle 26 lettere che tratteggia obiettivi generali, è utile esaminare la parte che specifica le competenze di ogni commissario, ossia il suo portafoglio. In questa seconda parte le lettere contengono i dettagli che, una volta fatti combaciare come tasselli di un puzzle, dovrebbero sostanziare le azioni concrete per la realizzazione di quel programma che ha portato il Parlamento europeo a conferire un secondo mandato a von der Leyen.

I riferimenti diretti al Rapporto sono numerosi. Nella lettera al candidato francese Stéphane Séjourné si ricorda la necessità di aprire un periodo che sostenga la produttività, l’innovazione e la competitività mediante politiche industriali che sono al cuore del Rapporto. Nella lettera relativa a uno dei portafogli più articolati (quello della spagnola Teresa Ribera), si richiamano i vincoli alla crescita della produttività europea attribuendoli – come nel Rapporto – a eccessi di regolamentazione e ad alti prezzi dell’energia. In quella stessa lettera, così come in almeno altre tre, si insiste perciò sull’attuazione del Green deal mediante processi di decarbonizzazione e di ”economia circolare”.

Sulla politica industriale, il riferimento al Rapporto diventa più specifico. Von der Leyen insiste sulla necessità di realizzare almeno tre delle raccomandazioni di Draghi: trasformare l’attuale programma per i progetti importanti di interesse comunitario (Ipcei) in un più lineare strumento di sostegno all’innovazione in settori strategici, permettendo anche contributi comunitari; definire piani di azione per il settore automobilistico e il suo indotto; utilizzare i gruppi di esperti della Commissione per coinvolgere attivamente gli attori economici di mercato in decisioni importanti. In due ulteriori lettere, la presidente ricalca ancora il percorso del Rapporto in quanto: associa commercio internazionale e sicurezza in un portafoglio unico; auspica aggregazioni negli appalti per la difesa, in modo da sfruttare le economie di scala, standardizzare gli strumenti e condurre a più efficaci cooperazioni con la Nato.


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