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”Il prossimo choc cinese sarà peggiore…”: la profezia che preoccupa gli economisti

La Cina continua a sconvolgere e sorprendere l’economia statunitense. Tra il 1999 e il 2007 il primo cosiddetto China Shock ha contribuito a cancellare quasi un quarto di tutti i posti di lavoro nella manifattura Usa. Il motivo? L’arrivo di ondate di beni a basso costo da oltre la Muraglia che ha disintegrato decine di settori ad alta intensità di manodopera. Dal 2015 in poi l’occupazione manifatturiera statunitense è tornata a crescere. Ma c’è tuttavia chi parla già di un secondo China Shock molto peggiore del primo. Ecco di che cosa si tratta.

Il secondo choc cinese

Come ha ben spiegato il New York Times, gli Stati Uniti ”non avrebbero mai potuto vendere scarpe da tennis su Temu o assemblare AirPods”. In termini concreti, inoltre, la forza lavoro manifatturiera cinese supera di gran lunga le 100 milioni di unità rispetto alle 13 milioni individuate negli Usa. ”È al limite dell’illusione pensare che gli Stati Uniti possano – o addirittura vogliano – competere contemporaneamente con la Cina nei semiconduttori e nelle scarpe da tennis”, ha scritto il quotidiano statunitense. Ma mentre gli esperti parlano ancora di manifattura il prossimo shock cinese sta già riguardando l’hi-tech.

Gli ambiti toccati dal Dragone riguardano adesso i settori innovativi in cui gli Stati Uniti sono da tempo leader indiscussi: aviazione, intelligenza artificiale, telecomunicazioni, microprocessori, robotica, energia nucleare e da fusione, informatica quantistica, biotecnologie e farmaceutica, solare, batterie. Cosa significa? Semplice: il controllo di questi settori produce dividendi. E cioè alti, se non altissimi, profitti e posti di lavoro ben retribuiti; peso geopolitico su scala globale; potenza militare. La visione tecnologica della Cina sta già riorganizzando governi e mercati in Africa, America Latina, Sud Est Asiatico e, sempre più, nell’Europa orientale.

Se negli anni ’90 e 2000 le imprese private cinesi, collaborando con le multinazionali, hanno trasformato la Cina nella fabbrica del mondo, nel nuovo modello di Pechino le aziende private cooperano direttamente con lo Stato cinese. Ebbene, il gigante asiatico è riuscito in qualche modo a creare un ecosistema innovativo smart, seppur costoso, in cui i funzionari locali vengono premiati per la crescita in determinati settori avanzati, mentre prima venivano valutati in base alla crescita del pil e altri valori statistici. È così che la qualità ha sostituito la quantità. Lo si è visto nel campo dei veicoli elettrici (BYD), delle batterie per Ev (CATL), dei droni (DJI) e dei wafer solari (LONGi), tutti settori dominati da start-up cinesi, nessuna delle quali ha più di 30 anni.

Un nuovo rischio per gli Usa

Questi attori hanno resistito al darwinismo economico cinese, hanno vinto in patria e stanno ora dominando i mercati internazionali. ”Il resto del mondo è mal preparato a competere con questi predatori al vertice della catena”, ha proseguito il Nyt. Oggi Pechino si sta concentrando sulle tecnologie chiave del XXI secolo. Contrariamente a una strategia basata sulla manodopera a basso costo, lo choc cinese 2.0 durerà finché la Cina avrà le risorse e la pazienza di andare avanti.

Secondo l’Australian Strategic Policy Institute, tra il 2003 e il 2007 gli Stati Uniti erano davanti alla Cina nel dominare 60 delle 64 tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale e la crittografia. Nel rapporto più recente, che copre il periodo dal 2019 al 2023, la classifica si è capovolta: Pechino è in testa in 57 delle 64 tecnologie chiave, mentre gli Stati Uniti rimangono in vantaggio solo in sette.

La risposta di Washington per fermare il declino? I dazi.

Ma per vincere la battaglia hi-tech agli Usa potrebbe servire ben altro, come una maggiore collaborazione con i propri partner globali e politiche volte a stimolare i principali settori strategici. In caso contrario il secondo shock cinese rischia di essere assai peggiore rispetto al primo.


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