Il prefetto Giannini in Commissione antimafia: «Roma succursale della ‘ndrangheta»
L’audizione del prefetto Giannini, raffica di interdittive antimafia a Roma nei confronti di importanti famiglie di ‘ndrangheta
CATANZARO – Roma “succursale” della ‘ndrangheta: questo lo scenario illustrato dal prefetto della Capitale, Lamberto Giannini, che ha descritto la mafia calabrese come una delle più potenti tra quelle che coesistono nel territorioromano. Mafie autoctone e tradizionali che «convivono tra loro, si riconoscono, spesso stringono alleanze o, meglio, patti di non belligeranza e mutuo soccorso». Mentre Cosa nostra appare “depotenziata”, anche se non bisogna trascurarne le capacità mimetiche specie nell’infiltrazione negli appalti, si registra il progressivo insediamento delle famiglie di ‘ndrangheta e di camorra. Un ruolo sovraordinato viene attribuito alla famiglia Senese, a cui si deve l’introduzione a Roma del modello Scampia. Ruolo riconosciuto anche dalla ‘ndrangheta, la cui presenza è molto forte nell’economia. Da qui le numerose interdittive antimafia che hanno «colpito tantissime famiglie importanti di ‘ndrangheta».
IL LITORALE
La ‘ndrangheta è radicata soprattutto nel litorale, dove opera con proprie «locali». «Per locale di ‘ndrangheta, si intende una vera e propria succursale: non si tratta di un singolo della ‘ndrangheta che va a operare, ma è come se ci fosse una cellula di ‘ndrangheta che ha la possibilità di appoggiarsi e avere aiuto dal centro», ha spiegato Giannini ai commissari. Le presenze ‘ndrangheta sono, in particolare, nella zona di Anzio e Nettuno. Qui operano cosche «leader nel traffico di stupefacenti, ma anche nel reinvestire i profitti nella ristorazione, nell’edilizia e nel commercio di veicoli. Da alcune indagini sono emerse collusioni con amministratori locali». Il riferimento è alla cosca Gallace, con casa madre Guardavalle, nel Basso Jonio catanzarese.
LE ZATTERE
Emblematico l’esempio delle zattere per illustrare il modus operandi della ‘ndrangheta. «Di fatto le locali sono vere e proprie succursali. Un pentito ci ha spiegato il perché mantenere questo legame, perché agire come succursale, e ci ha fatto un esempio significativo, plastico. Ci ha fatto l’esempio di una zattera che se va da sola alla prima difficoltà, alla prima onda, quando magari subisce un danno, si ferma, si deve riparare oppure si perde nel mare aperto. Se invece le zattere sono diverse e collegate tra loro, quando c’è la difficoltà, per esempio degli arresti da parte delle forze di polizia, dei sequestri che impediscono loro di rifornire la zona, vengono in soccorso altri e quindi la zattera, grazie all’aiuto che ha, può continuare a operare».
LA PAX
Tra le famiglie mafiose autoctone il prefetto indica i Casamonica, sia a Roma sud sia sul litorale, i Fasciani, storicamente operanti sul litorale e collegati con gli Spada, altra famiglia di origine nomade, anch’essa imparentata con i Casamonica. Ma prevale l’influenza criminale della camorra, legata alla cosiddetta alleanza di Secondigliano. Parliamo dei clan Mallardo, Contini e Licciardi. La figura di Michele Senese è in posizione sovraordinata, per la capacità di dirimere le controversie e di mantenere la pax mafiosa dopo l’assassinio di Fabrizio Piscitelli, il capo ultrà della Lazio coinvolto in grandi traffici di stupefacenti.
LA DROGA
Ogni piazza di spaccio ha il suo capo, spiega il prefetto di Roma. Tra le operazioni più recenti da lui menzionate ai commissari quella che ha documentato l’arrivo nel quartiere Quarticciolo di 90 chili di cocaina da parte di un intermediario che ha «diretti rapporti con la famiglia Nirta di San Luca, quindi con la ‘ndrangheta». Per Giannini è «difficile non vedere collegamenti tra questa operazione con il fatto che nella stessa serata del 7 luglio nel quartiere hanno gambizzato un tunisino e che il 9 luglio, due giorni dopo, sempre nella stessa zona, hanno sparato e gravemente ferito con colpi di fucile un cittadino egiziano. Quindi sono effervescenze direttamente collegate a interventi di polizia».
LE INTERDITTIVE
Molto intensa l’attività sul versante delle interdittive antimafia. «Da quando dirigo la Prefettura (dall’11 maggio 2023, ndr), ne abbiamo fatte 67, che è un numero piuttosto significativo, e in particolar modo, anche a seguito di operazioni, abbiamo colpito articolazioni della ‘ndrangheta, le famiglie Madaffari, Gallace, Peronace e Alvaro. Siamo sempre andati laddove c’erano connessioni con la criminalità organizzata». Uno strumento, secondo il prefetto, «formidabile». Perché «consente di agire in maniera avanzata, quando non serve la prova giudiziaria, ma quando ci sono una serie di circostanze che ci fanno ritenere che ci sia qualche cosa che non va nella gestione». Spesso «vengono colpiti da importanti misure cautelari soggetti e loro parenti, molto giovani, senza nessuna esperienza, che ereditano quote, ovvero persone molto anziane, quando c’è il sospetto che siano prestanome».
IL GIUBILEO
Giannini ha ripercorso anche i controlli sui cantieri durante la preparazione delle grandi opere giubilari e i protocolli di legalità stipulati con Comune e sindacati. «L’infiltrazione – ha spiegato – capita con il subappalto quando arriva una ditta edile che viene da non si sa dove. Non è che loro mettono una persona con precedenti di ‘ndrangheta o precedenti di mafia o di camorra, mettono una persona pulita, però spesso e volentieri quelli che portano nel cantiere sono soggetti legati a famiglie. Abbiamo fatto una serie di controlli a raffica sui cantieri e, attraverso questi protocolli di legalità a cui sono subito seguiti interventi massivi fatti da gruppi interforze, forze dell’ordine, Ispettorato del lavoro e Prefettura – ha detto ancora – non abbiamo mai riscontrato la presenza di soggetti legati a strutture mafiose».
IL TURISMO
Interessante la domanda posta da Federico Cafiero de Raho, peraltro ex procuratore di Reggio Calabria ed ex procuratore nazionale antimafia. «Roma è la città aperta innanzitutto al turismo, con tantissimi ristoranti, alberghi e bar. Nel corso delle indagini è emerso che di tanto in tanto esponenti della ‘ndrangheta, ma anche delle altre organizzazioni, hanno acquistato ristoranti, bar, alberghi». Come monitora la Prefettura il cambiamento delle gestioni?, ha chiesto de Raho. «Tutto ciò potrebbe costituire un campanello di allarme circa l’acquisto in momenti come questi da parte di grosse organizzazioni», ha aggiunto l’ex magistrato. Non è un caso, forse, che a quel punto l’audizione sia proseguita in forma segreta.
IL CAMBIAMENTO
L’idea del prefetto è che ad Anzio e Nettuno, dove i Comuni sono stati sciolti per infiltrazioni della ‘ndrangheta, sia in atto un cambiamento. «Abbiamo continui contatti con le amministrazioni ma anche con le opposizioni. Si sta provando a dare una svolta e ad avviare un discorso di normalità. Questo non significa che non ci saranno nel corso del tempo tentativi da parte della criminalità di provare ad avere rapporti. Ad Anzio per esempio c’è un segnale che ritengo molto positivo, cioè l’assessore alla legalità proviene dalla polizia. Lo conosco bene, era un funzionario molto bravo che lavorato con me. Una cosa è certa però, che non bisogna mai abbassare la guardia in nessun modo». L’attenzione, insomma, resta alta.
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