Sicilia

Il Piano segreto per una Lega “cuffarizzata”, patto Tajani-Lombardo per liste comuni

Si ricomincia. La politica siciliana, veloce come una lepre quando c’è da correre sotto l’ombrellone dopo l’ultima manovrina estiva, assume un ritmo pachidermico per rimettersi in moto. Ma oggi c’è già una prima tappa obbligata. Una scadenza giuridica (ma l’inchiesta di Palermo sui pezzi grossi di Fratelli d’Italia stavolta non c’entra: se ne riparlerà in autunno inoltrato) che darà un primo scossone agli illanguiditi big regionali. In programma c’è la prima udienza al Tar di Palermo sul ricorso d’urgenza del governo regionale contro la nomina di Annalisa Tardino a commissaria dell’Autorità portuale della Sicilia occidentale. Una scelta di Matteo Salvini avversata da Renato Schifani, rientrato precipitevolissimevolmente dalle ferie per aprire il contenzioso.

Su Tardino disgelo Schifani – Salvini

Oggi, però, potrebbe esserci un colpo di scena: una linea molto “morbida” dell’Avvocatura regionale, visto il progressivo disgelo fra governatore e ministro. Tanto più che, come sostengono informate fonti forziste, l’impetuosa decisione di adire le vie legali sarebbe una delle due risposte dello stesso Schifani (l’altra è la nomina di Gianfranco Battisti ad di Gesap) alle esplicite richieste di Antonio Tajani. Il governatore, già impegnato a domare gli imbizzarriti alleati siciliani, si sarebbe reso conto di non avere alcuna convenienza ad aprire un fronte anche con quello che ha definito «il migliore ministro delle Infrastrutture per l’Isola». E dunque oggi, al netto delle dinamiche della giustizia amministrativa, si potrebbe arrivare anche alla rinuncia, da parte della Regione, alla richiesta di sospensiva della nomina del Mit. Per rinviare tutto al giudizio di merito. Senza troppa premura.

Per il governatore niente vacanze

Anche perché Schifani non ha messo in “modalità vacanza” il suo lavoro, da raffinato tessitore, sulla rete di protezione per la ricandidatura nel 2027. E in questo contesto il “Bot”, per Palazzo d’Orléans, resta l’asse fra la Lega e la Dc. Il governatore vorrebbe che Luca Sammartino rientrasse in giunta, riprendendosi l’Agricoltura e la vicepresidenza, già «dopo il 15 settembre». Il leader leghista (da aprile scorso senza più interdizione, ma comunque a processo a Catania per corruzione elettorale), prende ancora tempo. Ma nel frattempo accelera sull’alleanza con Totò Cuffaro. Il piano segreto della Dc “salvinizzata” (o della Lega “cuffarizzata”, dipende dai punti di vista) è giunto a un discreto stato di avanzamento. La prospettiva, ovviamente, è la doppia scadenza elettorale del 2027 di Regionali e Politiche. Con due assetti paralleli: liste separate (ma costruite come vasi comunicanti, in base alla forza e alla debolezza nelle singole province) per l’Ars, mentre nella partita nazionale la Dc sosterrà il Carroccio, con 140 candidati regionali (70 per ogni partito) a spingere compatti. Nelle chat circolano due suggestioni grafiche: un vecchio manifesto della Dc con lo slogan “Prima l’Italia” (marchio depositato da Salvini) e il manifesto di Pontida 2025 con la scritta sturziana “Liberi e Forti”. Insomma, pur in previsione della bufera nazionale su un’alleanza contro natura, se non ora quando?

MpA verso Forza Italia

Uno schema opposto sembra invece configurarsi per Raffaele Lombardo. Il patron dell’Mpa pensa sempre con più convinzione a uno scenario che vada ben oltre la semplice federazione con Forza Italia. D’altronde, come assicurano da entrambi i fronti, l’ex governatore «l’accordo ce l’ha direttamente con Tajani». Che in Sicilia vuole arrivare prima di FdI. Oltre al “booster” di voti autonomisti alle Politiche (l’effetto è stato già sperimentato alle Europee) in cambio di almeno un seggio a Roma, il pacchetto prevederebbe anche candidati autonomisti nelle liste forziste per l’Ars. La prospettiva, pur smentita ufficialmente, ha già innescato reazioni terrorizzate fra i big azzurri locali. I territori più burrascosi sono Catania (feudo lombardiano, dove già per due ipotetici seggi dovranno sgomitare Marco Falcone, o chi per lui, Nicola D’Agostino e Salvo Tomarchio), Agrigento (Riccardo Gallo potrebbe doversela vedere con il candidato di Roberto Di Mauro), Enna (con il derby fra la già riottosa Luisa Lantieri e l’assessore Francesco Colianni), Messina (dove gli uscenti temono la concorrenza della famiglia Genovese) e Siracusa (scintille fra Riccardo Gennuso e Peppe Carta).

Il caso Palermo

Un discorso a parte merita Palermo. Qui l’ipotesi di un ingresso organico di Lombardo in Forza Italia raccoglie la gelida reazione del sindaco Roberto Lagalla, cofondatore, assieme a Gianfranco Miccichè, di Grande Sicilia. Di cui però l’ex governatore detiene la maggioranza assoluta. «Tanto sono io quello che lì dentro ha i voti», avrebbe rivendicato Don Raffaele nell’ultimo confronto con il governatore. Che ne sarà dunque del Lo-La-Mi? Ancora è presto per dirlo.

Schifani che fa?

L’ultima questione riguarda Schifani. Che, in fin dei conti, potrebbe pure far tesoro di un Lombardo azzurro. Non soltanto per la “bollinatura” del bis alla Regione, ma anche per la corsa per la leadership regionale del partito. Un tesseramento di massa degli autonomisti potrebbe mettere fuori gioco qualsiasi avversario, pure Falcone. L’operazione potrebbe però avere un costo aggiuntivo: la scelta di un coordinatore regionale diverso da Marcello Caruso, fedelissimo del governatore, puntando su un’altra figura di compromesso, «moderata e dialogante», gradita a Lombardo. «E anche a Tajani», sussurrano in ambienti autonomisti. A Palazzo d’Orléans, però, non si fidano.




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