Ambiente

Il nuovo ordine mondiale e il coraggio della discontinuità

L’asimmetria tra il potere di mercato e l’afasia della politica ha raggiunto un punto critico nei primi otto mesi della seconda amministrazione Trump. La sua retorica, oscillante e opaca, richiama il Kraus di “Ben venga il caos, perché l’ordine non ha funzionato”. Ma non è più solo caos: è un nuovo ordine, fondato non su regole, ma sulla forza.

La regressione nel commercio globale segna una frattura con l’architettura multilaterale edificata dagli Stati Uniti nel dopoguerra. L’uso metodico di misure unilaterali e lo svuotamento dell’Organizzazione Mondiale del Commercio – simbolo del globalismo consensuale al suo apice – hanno incrinato le fondamenta della cooperazione internazionale. Non è una parentesi: il processo appare irreversibile.

Le categorie con cui abbiamo letto il mondo – liberalismo, democrazia rappresentativa, governance multilaterale – si rivelano inadeguate. Non stiamo assistendo a un semplice cambio di leadership, ma alla metamorfosi di un paradigma. Per cercare di comprendere, molti ricorrono all’analogia automatica: fascismo, imperialismo, patrimonialismo. Ma ciò che si consolida è altro: una forma politica scivolosa, opportunista, impudente, nutrita da una logica di sovversione legale del potere. Non quella spettacolarizzata ma quella che occupa lo Stato, contamina la legalità, dissolve i confini tra pubblico e privato. Un potere fondato non sul diritto, ma sulla sua manipolazione sistematica.

Questo nuovo “ordine” si regge su elementi chiave. La violenza come linguaggio politico. Non estrema risorsa ma metodo. Violenza amministrativa, verbale, giudiziaria, poliziesca. Non si cela, si esibisce. Serve a stabilire gerarchie, alimentare paura, imporre silenzi. L’arresto arbitrario – o la sua minaccia costante – diventa dispositivo di sovranità. Il disprezzo per l’empatia si fa virtù virile; la brutalità, segno d’efficienza.

Vi è poi la trasformazione dello Stato in fonte di guadagno. Le istituzioni si piegano a interessi privati. Gli affari si fondono con la diplomazia; le nomine premiano la fedeltà, non la competenza. Non è corruzione episodica ma cleptocrazia sistemica. L’arricchimento della cerchia ristretta non è scandalo, è sinonimo di successo.


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