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Il magnifico cornuto di Pietrangeli restaurato dalla Cineteca di Bologna. Quando la commedia smascherava l’Italia benpensante

Quando l’eros faceva ancora ridere seriamente. Si possono affermare tante cose di Il magnifico cornuto di Antonio Pietrangeli (1964) – Mereghetti sul suo Dizionario scrive di “soluzioni narrative stilistiche degne, forse, di miglior soggetto” (sic) – ma non si può non rimirare con piacere l’organica, affascinante, travolgente classe con cui il mai troppo amato Pietrangeli affrontò una lacerazione socio-culturale che accompagnò il boom economico italiano del dopoguerra. In Il magnifico cornuto, tirato a lucido nel restauro 4k della Cineteca di Bologna presentato nei giorni scorsi all’82esima Mostra del Cinema di Venezia, c’è tutta l’inquieta vertigine del sempiterno tradimento (lo spunto è la farsa del 1921 del belga Fernand Crommelynck) accompagnata all’arrembante liberazione dei costumi e alla trasformazione individuale della donna. Una sottile ironica battaglia tra sessi vede Andrea, un giovane industriale bresciano (Ugo Tognazzi) autoconvincersi che sua moglie Maria Grazia (Claudia Cardinale) lo tradisca.

Il valzer orchestrato da Pietrangeli, all’apice di una carriera poi bruscamente interrotta dalla sua morte su un set nel 1968, è ambientato nei luoghi altolocati tra feste, ville e domestici di una provincia pettegola e frivola. Buffo che sia proprio il protagonista a cedere per primo al corteggiamento di una bella signora aristocratica (Michèle Girardon). Scappatella reiterata con sotterfugi all’antica che squarcia paradossalmente le certezze di Andrea rispetto alla moglie. La costruzione immaginaria del sospetto del protagonista diventerà ossessione tanto da spingere la donna a tradirlo veramente. E proprio in questo aspetto di messa in discussione di ruoli sociali e verità nel racconto che Il magnifico cornuto assume i contorni di una perenne e intramontabile contemporaneità.

Curioso peraltro che, come spiegano dalla Cineteca di Bologna, non solo quel “cornuto” nel titolo risultò sconveniente e addirittura ostacolo nella produzione e promozione del film (c’è chi ha rifiutato di concedere perfino uno spazio dove girare per la vergogna), ma soprattutto che nell’atto del restauro nell’Archivio Film della Cineteca “è stata trovata una copia positiva del film che presenta i tagli di montaggio l’aggiunta di brevissime inquadrature un po’ scollacciate (non del film originale, naturalmente)” e alcune sequenze a colori (che qui mostriamo – link) “con una sorta di effetto virato, relative ai momenti onirici nei quali il protagonista immagina i tradimenti della moglie”.

Si tratterebbe di una versione postuma del 1971, quando con Pietrangeli morto da tre anni la produzione cercò probabilmente un rilancio nelle sale cavalcando l’avvento della commedia sexy, quindi chiedendo un nuovo visto censura. Riedizione della quale non si trovano però notizie precise a livello storico. Rimane il fatto che la copia unica ritrovata dai restauratori prevede scene girate con il dettaglio reiterato delle gambe nude della moglie di Andrea, anche se non risultano essere quelle della Cardinale, un po’ come non erano le gambe flessuose di Julia Roberts quelle inquadrate nei dettagli di Pretty Woman. La sceneggiatura del film impreziosita da corrosive fiammate è firmata da Ettore Scola e Ruggero Maccari, l’irrequieto swing è eseguito da Armando Trovajoli e appare più volte Gianmaria Volontè nei panni di un corruttibile assessore all’edilizia.


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