Trentino Alto Adige/Suedtirol

Il magistrato Rispoli: «Anche al Nord siamo esposti alle infiltrazioni criminali nel tessuto economico» – Cronaca



BOLZANO. Guido Rispoli è tornato a Bolzano. Procuratore generale a Campobasso e dal 2020 con lo stesso incarico a Brescia. Prima, si era occupato di inchieste che hanno fatto epoca. Marco Bergamo, il serial killer, “il mostro di Bolzano”; gli skinhead neonazisti in Alto Adige; Mani pulite nella sua fase più acuta, con un intermezzo a Trapani dove è stato applicato a sua domanda dopo le stragi nel ’98. È arrivato, ieri, al liceo Sandro Pertini. «Ho fatto una lezione. Una vera lezione» dice sorridendo «anche se interattiva con gli studenti, ma senza mettere voti». Potrebbe tornare in regione per succedere a Sandro Raimondi alla guida della Procura distrettuale antimafia a Trento. Ieri ha parlato di legalità. Di questi tempi abbastanza sotto attacco su più livelli. Del lavoro del giudice e anche del suo. Della fatica di essere magistrati. Partendo da una scritta: «Dice che la legge è uguale per tutti». Poi l’ha messa in relazione con un’altra. Questa, a sua volta, illumina proprio piazza del Tribunale. Si legge: «Nessuno ha il diritto di obbedire». È citata da Hannah Arendt. Adolf Eichmann, il nazista responsabile dello sterminio degli ebrei, aveva detto, a processo: «Io ho solo obbedito agli ordini e l’obbedienza è una virtù morale, l’ha detto Kant». Poi ha parlato dell’illegalità che si diffonde, delle organizzazioni che la foraggiano, delle mafie e dei rischi che ognuno di noi corre senza legge. E la prima è la Costituzione.

È partito da lì, dottor Rispoli?

La Costituzione è chiara: afferma il principio fondamentale che tutti sono uguali davanti alla legge. Ma non si limita ad affermare il principio. Per la ragione che i principi occorre applicarli. E dunque, prevede un giudice indipendente, garantisce il diritto di difesa ai non abbienti e descrive un pubblico ministero che insieme alla polizia giudiziaria deve indagare alla ricerca della verità in modo imparziale. Poi spiega come tutti i cittadini abbiano pari dignità sociale senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e, soprattutto, condizioni personali e sociali.

Riusciamo a starci dentro, oggi, a quest’ultima questione?

La Costituzione ci prova in tutti i modi. Si dice che è permeata da una saggezza solidale: prevede cioè che chi più ha aiuti chi ha meno. Questo accade soprattutto nella sanità e nella previdenza. È quello che noi chiamiamo Stato sociale. La legge poi sanziona penalmente anche solo la propaganda o l’ istigazione a compiere condotte discriminatorie per motivi razziali, etnici o religiosi”.

E per l’indipendenza del giudice cosa fa la Costituzione?

Innanzitutto stabilisce che venga assunto per concorso pubblico e poi prevede che sia inamovibile. Individua poi un organo di autogoverno – il Consiglio Superiore della Magistratura- che si occupa delle sue progressioni in carriera con i relativi incrementi stipendiali, così da assicurare la sua autonomia anche economica. Quelli che appaiono come privilegi, per la Costituzione sono in realtà delle misure a tutela dei cittadini. Si vuole in questo modo ottenere che il giudice sia inavvicinabile da chicchessia e che quindi tratti allo stesso modo il povero e il potente.

Che pensa del dibattito sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri?

L’argomento è molto complesso. Io sono convinto che un pubblico ministero che ragiona come un giudice sia la migliore forma di garanzia per il cittadino. La riforma come è strutturata non indebolisce il pubblico ministero, sempre che, come sembra, continui lui ad avere la direzione delle indagini e a disporre della polizia giudiziaria. Speriamo che, separato dal giudice, non si trasformi in un accusatore professionale, ma che continui a cercare solo la verità. Altrimenti saranno dolori per i cittadini. Non tutti hanno la forza economica per sostenere lunghi processi.

A proposito di poteri e potere lei si è molto occupato di illegalità, ma anche di problematiche mafiose.

Me ne sono occupato sia a Trapani che a Campobasso e ora anche a Brescia. Bisogna considerare che nel nord Italia le mafie operano con modalità diverse rispetto a quelle che seguono nelle zone di loro storica presenza.

Che intende?

Al di fuori dei territori di storica presenza la fattispecie di reato di associazione per delinquere di stampo mafiosa descritta dall’art. 416 bis c.p. – incentrata su intimidazione, assoggettamento e omertà- è di difficilissima applicazione.

Come mai?

Perché per lo più non ricorrono a violenze, minacce e atti di prevaricazione personale, quindi non intimidiscono e non assoggettano. Non lo fanno perché sanno che al di fuori dei loro territori storici non hanno la forza per assicurarsi l’omertà da parte dei sopraffatti. Preferiscono infiltrarsi nel tessuto economico/sociale. Si muovono molto nell’ambito dei reati di natura tributaria, avvalendosi spesso di professionisti del settore, anche per avere maggiori garanzie di non essere individuati nelle loro azioni criminali”.

Con i proventi illeciti cosa fanno?

Si propongono nei confronti delle imprese che versano in cattive acque. Entrano nella loro proprietà con gli ingenti capitali sporchi di cui dispongono e poi fanno impresa in modo illecito. Disponendo di capitali sporchi non tracciati possono pagare i dipendenti e i fornitori in tutto o in parte “in nero” e quindi praticare prezzi fuori mercato, estromettendo le imprese che si muovono sul mercato nel rispetto della legge, pagando le imposte e versando i contributi previdenziali e assistenziali. Se abbassiamo la guardia rischiamo che il mercato illegale prevalga su quello legale, con le conseguenze che è facile comprendere.




Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »