il killer professionista e la lunga mano della mafia cinese
Non si arrestano le indagini sul duplice omicidio avvenuto la sera di lunedì scorso a Roma, nel quartiere Pigneto. Un colpo alla testa, poi altri quattro. Niente urla, nessun allarme. Solo il silenzio glaciale di una morte dai contorni oscuri.
Due corpi a terra: Zhang Dayong, 53 anni, e la compagna Gong Xiaoqing, 38. Freddati in strada da un killer con il volto nascosto sotto un cappuccio e la pistola saldamente stretta in pugno. Un gesto rapido, preciso, chirurgico. Da professionista. Da sicario.
Zhang — conosciuto nell’ambiente come Asheng — non era un nome qualsiasi. Braccio destro di Zhang Naizhong, il “capo dei capi” della mafia cinese in Italia, finito in manette nel 2018 insieme a una lunga lista di complici nell’operazione “China Truck”.
Un nome pesante, Asheng. Pesante quanto le condanne che gli inquirenti ipotizzano dietro l’esplosione di piombo che ha tolto la vita a lui e alla donna che gli stava accanto.
Il killer lo ha atteso sotto casa, al civico 60 di via Prenestina. Ha persino citofonato per essere certo che Zhang scendesse. Non ha esitato: lo ha affrontato in strada e ha fatto fuoco.
Quattro colpi per lui, uno — letale, preciso — per lei. Il tutto in una zona trafficata, affollata. Come a voler mandare un messaggio chiaro, inequivocabile. Nessun testimone, nessuna pietà.
I primi riscontri dell’autopsia confermano la brutalità dell’agguato. I carabinieri del Nucleo Investigativo di via in Selci e della Compagnia Piazza Dante indagano senza sosta.
Le immagini delle telecamere della zona sono al vaglio: potrebbero aver immortalato il killer nella sua fuga, forse avvenuta a piedi, forse aiutato da complici rimasti nascosti in un’auto in attesa a poca distanza.
Ma c’è molto di più dietro questa esecuzione. C’è una faida. Una guerra silenziosa che si combatte da anni nel ventre oscuro della malavita cinese: la cosiddetta Guerra delle grucce, la sanguinaria lotta per il monopolio del business degli appendiabiti nel distretto tessile di Prato — il più grande d’Europa.
Un affare da miliardi di euro. Un intreccio di logistica, spedizioni, racket e controllo del territorio che da tempo ha oltrepassato i confini della Toscana, toccando Madrid, Parigi, e ora Roma.
Zhang Dayong pensava forse di essere al sicuro nella Capitale. Dopo l’arresto del 2018, aveva continuato a orbitare nell’ambiente criminale, il suo nome ancora presente tra gli indagati dell’inchiesta.
Ma le logiche della mafia cinese non perdonano. Chi conosce troppo, chi ha troppo potere, chi non si adegua alle regole, viene eliminato.
Ora, la DDA di Roma indaga. I pm Stefano Opilio e Alessandra Fini coordinano l’inchiesta. Ogni dettaglio viene passato al setaccio: la fuga, i telefoni, i contatti.
L’ipotesi è che il killer sia un sicario professionista, forse anch’egli cinese, assoldato per chiudere i conti con Asheng e zittire Gong, possibile testimone scomoda.
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