Il Guardian vuole vendere l’Observer a una start up in perdita: l’operazione scoperta dai cronisti, che si oppongono
La crisi della carta stampata è un fenomeno ampio e complesso, che minaccia il giornalismo e la sua indipendenza. Perché raramente i grandi giornali chiudono: più spesso cambiano proprietà e, con essa, identità e finalità originarie. Conservano il ‘marchio di qualità’ ma vengono utilizzati con un’agenda diversa da quella che ha garantito quella qualità.
Secondo i suoi reporter, è quanto sta succedendo all’Observer, il più antico domenicale del mondo ora parte del Guardian Media Group che pubblica anche il Guardian. A settembre, alcuni reporter del gruppo hanno scoperto che GMF è in trattative per vendere l’Observer a Tortoise Media, una start up fondata solo 5 anni fa da ex manager di BBC e The Times.
I giornalisti ne sono stati tenuti all’oscuro. Il piano è stato criticato sia da uno dei capiredattori, che ha definito il processo opaco e poco trasparente si è dimesso di conseguenza, sia da giornalisti interni, che lo ritengono il preludio alla fine del giornale e hanno tenuto una consultazione interna fra iscritti al sindacato in cui il 93% dei partecipanti si oppone alla vendita.
Tra le accuse principali:
- L’accordo è stato negoziato esclusivamente con Tortoise, senza considerare altre offerte.
- Due proposte alternative sono state ignorate, e si ipotizzano conflitti di interesse tra l’amministratore delegato del Guardian e il fondatore di Tortoise, che hanno trascorso le vacanze estive sullo yacht del secondo.
- Tortoise ha registrato gravi perdite finanziarie ed è considerato un modello di business poco sostenibile. L’ultimo bilancio mostra una perdita di 4,6 milioni di sterline su ricavi di 6,2 milioni.
- Il Sunday Times descrive la startup come un ambiente caotico, segnato da sprechi e frequenti dimissioni di personale. Il piano aziendale prevede di raggiungere 170mila abbonati paganti, tra stampa e un nuovo sito a pagamento. In confronto, il MailOnline del Daily Mail ha raggiunto quest’anno 100mila abbonati paganti su un sito che già registra un traffico di 18,3 milioni.
Il Financial Times riporta inoltre che il Guardian potrebbe addirittura pagare Tortoise per acquisire l’Observer, nonostante la testata abbia un valore stimato di 30 milioni di sterline.
I giornalisti del gruppo hanno indetto uno sciopero per il 4 e 5 dicembre. Chiedono più trasparenza sulla vendita e il tempo di lavorare ad alternative. Fra i reporter più prominenti e impegnati nella campagna per evitare la vendita c’è Carole Cadwalladr, finalista con il New York Times del premio Pulitzer 2018 per l’inchiesta su Cambridge Analytica, la società inglese che avrebbe tentato di influenzare le elezioni presidenziali americane del 2016 con una campagna di targetizzazione dell’elettorato via Facebook. Inchiesta che ha rivelato l’esistenza di ampie operazioni di influenza politica via social media.
Cadwalladr, che si sta esponendo in prima persona per denunciare quello che considera un grave attacco all’indipendenza del gruppo per cui lavora da 20 anni e, più in generale, una allarmante restrizione degli spazi di libertà di stampa in uno scenario internazionale che vede i giornalisti minacciati e intimiditi sia come individui che come categoria, sta sfidando anche una ingiunzione a tacere sull’argomento.
Una battaglia resa più significativa dal fatto che, per quattro anni – e la vicenda giudiziaria non si è ancora conclusa – ha vissuto con la spada di Damocle di una causa milionaria per diffamazione intentata ai suoi danni dal miliardario pro Brexit Arron Banks, che per un passaggio di un suo TED Talk ha fatto causa a lei individualmente e non al Guardian per cui lavorava e il cui direttore della comunicazione aveva dato l’ok al testo.
Malgrado gli ultimi di pressioni economiche e psicologiche, Cadwalldr si è fatta portavoce della battaglia dei colleghi sia su Twitter che nella sua newsletter The Power che nel podcast Media Confidential del suo ex direttore Alan Rusbridger. Che si è unito ad altri 5 ex direttori per condannare l’operazione. Ma la miccia è stato il suo discorso al meeting sulla libertà di stampa dell’OCSE, dove ha portato la vicenda all’attenzione di un pubblico internazionale. Una denuncia avvenuta proprio a Malta, sede di questo incontro: nel suo discorso Cadwalladr ha fatto riferimento anche a Daphne Caruana Galizia, giornalista investigativa uccisa nel 2017 per le sue denunce della commistione fra potere politico e criminale sull’isola. Qui c’è una sintesi del Keynote Speech. La decisione finale spetta ai 12 membri del board dello Scott Trust Lyd, una SRL che nel 2008 ha preso il posto del Trust originale e del suo impegno, preso nel 1936, di preservare in eterno la libertà giornalistica e i valori liberali del Guardian.
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