Cultura

Il GROOVE nascosto nelle terzine è alla portata delle tue mani

Montesanti ci svela il potere delle terzine per rompere la griglia ritmica e riscoprire il groove in modo nuovo e profondo.

In questo approfondimento didattico pubblicato su Musicezer Inner Studio, il grande musicista e sound designer Manuele Montesanti ci porta in un terreno dalle possibilità ritmiche ed emozionali davvero sconfinate.

C’è un momento, per ogni musicista, in cui la sicurezza matematica del 4/4 inizia a sembrare una gabbia. Le mani si muovono, il tempo è giusto, ma l’anima sembra mancare. È proprio lì che inizia la lezione più interessante: quella che ci porta oltre la “griglia”, verso un modo nuovo e più libero di sentire il ritmo.

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“Ho beccato l’uno… o forse no”

Nel video, Montesanti parte da una base semplice: le quartine. Quattro note per battuta, ordinate, chiare. Poi, con un gesto che sembra innocuo ma che scatena il caos, trasforma l’esercizio in terzine. E qui succede qualcosa di magico (e destabilizzante): il groove si sposta, l’accento cambia, il punto d’appoggio si sfalda.

Si è scombinato il mondo”, dice. Ed è vero. Perché nel momento in cui si passa da una suddivisione binaria a una ternaria, la percezione dell’accento, della pulsazione stessa, viene messa in discussione.

Perdere l’equilibrio per ritrovare il groove

Il cuore dell’insegnamento non è tecnico: è percettivo. Montesanti invita a “groovare in tre”, a entrare dentro il flusso delle terzine lasciando andare la necessità di sapere sempre dov’è l’inizio.

In questo passaggio si nasconde una delle chiavi più potenti per lo sviluppo ritmico: perdere l’equilibrio per trovarne uno nuovo. Allenarsi a vivere il ritmo come esperienza fluida, non rigida. Abituarsi al fatto che l’uno può sparire per un po’… e che va bene così.

Un esercizio che inganna (di proposito)

Il video si conclude con l’introduzione di un “motivetto”, un esercizio apparentemente semplice che, eseguito con la suddivisione in terzine, “vi porterà particolarmente fuori”, avverte Montesanti. E lo fa con uno scopo preciso: allenare l’orecchio, la mente e il corpo a reggere l’urto di un groove che non si appoggia sempre dove ce lo aspettiamo.

Questo tipo di lavoro, pur nella sua apparente semplicità, è fondamentale per sviluppare quella che in molti chiamano “time feel”: la capacità di sentire il tempo in modo profondo e personale, di giocare con le suddivisioni senza perdere l’orientamento.

Il ritmo come esperienza viva

Il messaggio, in fondo, è chiaro: non basta sapere contare. Bisogna sentire. Groovare in terzine non è solo un esercizio tecnico, è un modo per uscire dalla zona di comfort e scoprire una nuova dimensione del ritmo.

Ed è proprio in quel “non sapere più dov’è l’uno” che si apre uno spazio creativo. Perché quando la mente perde il controllo, il corpo inizia ad ascoltare davvero.




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