il documentario “Un gesto semplice” su Amazon
A volte diventa impossibile. Parlare, alzare una mano: azioni date per scontate, all’improvviso non lo sono più. Succede quando si viene colpiti da ictus cerebrale, terza causa di morte in Italia e prima causa assoluta di disabilità. È un momento che cambia la vita, per chi lo subisce e per chi è accanto. E a raccontare quello che succede – e come è possibile reagire – arriva ora un documentario: si chiama “Un gesto semplice”, è disponibile su Amazon Prime e ha una componente pugliese. Già, perché il lavoro scritto da Donatella Romani e diretto da Roberto Amato vede fra i protagonisti Andrea Santamato, docente all’Università di Foggia e direttore del dipartimento di Medicina fisica e riabilitativa degli Ospedali Riuniti, sempre a Foggia.
Il docufilm raccoglie le testimonianze di chi dall’ictus è passato – come il giornalista Andrea Vianello – e anche di chi ogni giorno è alle prese con i pazienti, facendo di tutto per riportarli alla vita. Perché tutto cambia, dopo un ictus, ed è importante capire anche come è possibile reagire. Come si possono fare i conti con i danni subiti, e riadattarsi. “Solitamente ci troviamo di fronte a due reazioni – spiega il professore Santamato – C’è chi magari fa parte del mondo della sanità e sa a cosa va incontro, e spesso reagisce con una depressione, e chi invece magari non è così consapevole, e affronta meglio il tutto. Certo, è importante che si riesca a parlare, perché se l’ictus colpisce l’emisfero deputato al linguaggio è devastante, rende più difficile la riabilitazione anche perché non solo il paziente non riesce a parlare, ma neanche a comprendere”. Dipende sempre dal caso, ma è fondamentale comprendere quali sono i problemi che sorgono immediatamente. Fare i conti con quelli, e da quelli provare a ripartire. “Bisogna dare tutte le aspettative e le speranze al paziente”, continua Santamato. E soprattutto, fare rete: non si tratta solo di una questione di riabilitazione fisica, ma anche di recupero psicologico. “A Foggia abbiamo una struttura in cui siamo tutti coinvolti, il paziente si lega sia al medico che al fisioterapista, ha bisogno di conforto – continua Santamato – e il lato psicologico è fondamentale, la depressione post ictus è un ostacolo costante, che si può superare con psicoterapia e all’occorrenza con i farmaci”. Cambia tutto, dopo un ictus. Ma – nei casi in cui è possibile – ci si può adattare alla nuova condizione di vita.
Andrea Santamato ne ha visti tanti, di uomini e donne colpiti da ictus. Sa che è potente quanto un terremoto. Ma sa anche che a volte si può reagire: “Mi ricordo di due casi: il primo è di un collega medico, che ha avuto una grossa depressione post ictus e che una volta mi ha preso in disparte e mi ha detto che sapeva che non avrebbe recuperato, e che la sua vita era finita. Aveva 60 anni, era nel pieno della sue attività, ed è stato un dispiacere”. L’altro ricordo è di segno opposto: “Un paziente barese, aveva avuto un ictus serio mentre era in vacanza con la famiglia. Ha recuperato l’uso della gamba ma non dell’arto superiore, ma qualche giorno fa è venuto a trovarmi e mi ha colpito la sua voglia di avere una vita normale. “Cammino, parlo, va bene così”, mi ha detto, anche se sa che non potrà più muovere l’arto sinistro. Vede l’aspetto positivo, accetta la disgrazia e la affronta con ciò che gli resta a disposizione”. “Una piccola cosa ma buona”, come titola una racconto di Raymond Carver che parla proprio di una tragedia privata, e della capacità di farci i conti. “Un gesto semplice”, si può aggiungere ora, come recita il documentario su Amazon Prime.