Ambiente

Il debito comune per la difesa Ue, tra emergenze e sfide legali

Nel 2024 Sauli Niinistö, ex Presidente finlandese ha redatto un Report in materia di difesa europea da cui si evince che ad oggi l’Ue non sia ancora preparata a gestire in via autonoma minacce alla propria sicurezza. Secondo Niinistö, “preparazione” implica un cambio di mentalità, ossia passare dalla reazione alla pianificazione proattiva. Decenni di pace hanno portato a un complessivo disinvestimento in sicurezza in Europa, al punto che ad oggi la spesa in difesa dei singoli Paesi membri varia moltissimo, dall’Irlanda che spende meno dello 0,25% del Pil, alla Polonia che quest’anno raggiungerà il 5 per cento. La spesa che i singoli Paesi dedicano alla difesa è rilevante, poiché il Trattato dell’EU prevede una clausola di difesa reciproca, che obbliga gli altri Stati dell’Ue a prestare assistenza allo Stato membro che subisca un’aggressione armata nel suo territorio.

A fronte di uno scenario geopolitico sempre più frammentato e imprevedibile, il 4 marzo scorso la Presidente della Commissione Ue Von der Leyen ha annunciato un piano europeo di investimenti in difesa dal valore di 800 miliardi di euro. Questa cifra rappresenta più un’illusione ottica che non risorse vere e proprie messe in campo dall’Ue. In base al piano “Pronti per il 2030”, sarà possibile scorporare gli investimenti in difesa dal Patto di Stabilità, grazie ad una apposita clausola. Ove tutti gli Stati membri ne richiedessero l’attivazione, potranno indebitarsi per un valore complessivo di 650 miliardi di euro.

A questa cifra, la Commissione aggiunge 150 miliardi di euro del programma Safe, Security for Action for Europe, entrato da poco vigore. Tale strumento finanzierà prestiti agli Stati membri per l’acquisto di alcuni prodotti militari made in Europe attraverso appalti congiunti tra più Paesi, di cui almeno uno ricevente l’assistenza. La strategia mira ad un maggior coordinamento nella spesa e aggregazione della domanda.

Lo schema finanziario è lo stesso di Sure, programma che consentì di pagare la cassa integrazione durante i lockdown e all’Italia di risparmiare 5 miliardi di euro grazie ai minori costi per i tassi di interesse. Per finanziare Safe, l’Ue emetterà EU-bonds e EU-bills, garantiti dal suo bilancio, portando la cifra complessiva del suo debito a circa 1 triliardo di euro. Godendo di un rating tripla A e avendo creato una strategia di finanziamento unificata, l’EU otterrà le risorse a buone condizioni di mercato. Gli Stati interessati potranno chiedere i prestiti e questo ulteriore stock di debito sarà automaticamente esentato dal Patto di Stabilità. È evidente che la nuova strategia si fondi sull’esperienza maturata durante la pandemia. Difatti, il Paese richiedente i prestiti Safe dovrà presentare un Piano industriale di investimenti per la difesa, a fronte della cui realizzazione verranno pagate le rate, sul modello Pnrr. Inoltre, la base giuridica scelta per Safe è l’art. 122 TFEU, una disposizione emergenziale in materia di politica economica, su cui in parte anche il Pnrr è fondato. Va ricordato che in base al principio del conferimento, l’Ue può intervenire solo quando i Trattati lo prevedono e deve ancorare le proprie azioni ad apposite disposizioni.

È proprio la scelta di questa base giuridica che ha portato il Parlamento europeo a manifestare il suo disaccordo e minacciare di procedere in giudizio per l’annullamento di Safe. Secondo il Parlamento europeo, l’art. 122 TFEU non sarebbe adatto perché stavolta mancherebbe lo stato di emergenza, che giustifica la sua esclusione dalla procedura legislativa. In base al 122 TFEU, in uno spirito di solidarietà possono essere adottate misure adeguate alla situazione economica quando sorgano gravi difficoltà, ma a decidere è solo il Consiglio, con il Parlamento meramente informato. Secondo il Parlamento, la base corretta sarebbe l’art. 173(3) TFEU, giù usato per il Fondo Europeo per la Difesa. Emergono dunque molti aspetti interessanti: da un lato, il crescente ricorso al debito comune da parte dell’Ue per costruire autonomia strategica e aiutare gli Stati ad allargare il loro spazio fiscale. Dall’altro, assistiamo all’espandersi della portata di alcune basi giuridiche rimaste a lungo dormienti. In ogni caso siamo di fronte ad un cambio epocale dell’architettura finanziaria dell’EU che si lascia definitivamente alle spalle l’approccio dell’austerità.


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