Il Culturista, Abbattere il muro tra palco e pubblico: la sfida di Wayne McGregor
Questo articolo è pubblicato sul numero 49 di Vanity Fair in edicola fino al 2 dicembre 2025.
Siamo tutti ballerini! In soldoni è la teoria del grande coreografo inglese Wayne McGregor nella sua mostra Infinite Bodies (Londra, Somerset House, fino al 22/2/26). Ogni movimento di ogni persona ha il potenziale di diventare danza.
Si parla tanto di intelligenza artificiale, McGregor non la disdegna. Ma quello che gli interessa è l’intelligenza fisica, come i nostri corpi possono accumulare informazioni dalla realtà che li circonda e trasformarle in azioni, gesti, reazioni, movimenti. Tutti elementi essenziali per costruire una coreografia per la danza.
La tecnologia è per lui uno strumento essenziale da mettere al nostro servizio, non il contrario. Per questo, insieme al laboratorio Google Arts & Culture, ha inventato uno strumento di coreografia chiamato Aisoma, un nome che sospetto metta assieme corpo e intelligenza artificiale. In questa gabbia si possono inserire infiniti movimenti dal suo repertorio di danza, per poi metterli al servizio degli spettatori.
Se il balletto e la danza contemporanea sono per lo più esperienze per appassionati ed esperti, McGregor sfonda la parete invisibile che separa il pubblico dal palcoscenico, trasformando quella che a volte può essere una macchina crea sbadigli in un’esperienza esilarante e magica. Alla Harry Potter, per intendersi.
Infatti McGregor ha collaborato alla saga del mago, oltre ad aver dato vita agli avatar degli Abba. Puzza sotto il naso e noia non sa cosa siano. Ma non è un populista. Per raggiungere la sua esperienza di danza totale mette in pista perfino la neuroscienza. Il segreto è nel saper usare e poi nascondere la profonda conoscenza del proprio mestiere per creare esperienze naturali, sebbene fantastiche. Che poi è l’essenza di ogni grande artista. Il «Vi faccio vedere io!» in Wayne McGregor diventa «Vi faccio vedere voi!».
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