Il caso desaparecidos in Messico finisce all’Onu. Il governo minimizza, famiglie in rivolta: “Negare è far sparire”
Il Messico finisce sotto la lente delle Nazioni Unite per la questione dei desaparecidos. Per la prima volta il Comitato dell’Onu sulle sparizioni forzate ha aperto una procedura che potrebbe portare il tema all’Assemblea generale del Palazzo di Vetro. Il presidente del comitato, Olivier de Frouville, ha annunciato la decisione dopo aver ricevuto “informazioni comprovate che indicano che le sparizioni forzate vengono perpetrate in modo generalizzato o sistematico nel territorio sotto la giurisdizione messicana“. Le istituzioni messicane, tuttavia, hanno replicato in modo piccato a questa iniziativa delle Nazioni Unite. La commissione nazionale per i diritti umani ha dichiarato che si tratta di un’azione “fuori contesto” rispetto “alle ragioni che motivano la persistenza delle sparizioni nel nostro Paese”. La presidente Claudia Sheinbaum ha negato che lo Stato c’entri qualcosa, il Senato ha addirittura votato per la destituzione di De Frouville.
Una reazione che ha provocato la rabbia delle famiglie dei desaparecidos con un corteo lungo il Paseo De La Reforma, una delle principali vie di Città del Messico, la chiusura simbolica del Senato e una lettera con oltre 500 firme (anche di organizzazioni). “Negare e occultare è far sparire” hanno scritto i collettivi a caratteri cubitali davanti all’ingresso della Camera alta. Sono più di 127mila i casi di sparizione forzata in Messico dal 1962 ad oggi: oltre 100mila solo dal 2006, quando l’allora governo Calderon iniziò la mal chiamata guerra alla droga. Una guerra certo in Messico c’è ma il conflitto, con sempre più evidenza, non è tra o contro i gruppi criminali ma per controllare il territorio e specularci. “Notiamo con preoccupazione il legame, la permissività e/o l’acquiescenza delle autorità delle diverse entità della Repubblica messicana con i gruppi del crimine organizzato che controllano il territorio nazionale, i quali hanno riconfigurato il monopolio economico legale e illegale che sostiene la loro esistenza ed espansione” hanno scritto in un documento le 87 organizzazioni che compongono la Rete nazionale di organizzazioni civili per i diritti umani “Todos los derechos para todos, todas, todes”.
In molti territori dove vi erano resistenze territoriali contro grandi opere a seguito “dell’arrivo” dei gruppi criminali e della violenza si è aperta la possibilità di riprendere in mano l’opera, ferma da anni, e completarla. Ma negli anni sono stati conclamati anche accordi tra gruppi criminali e aziende: il patto più noto è quello tra il cartello di Sinaloa e la banca britannica HBSC.
La vicenda dei 43 studenti desaprecidos di Ayotzinapa ha fatto il giro del mondo e ha cambiato la percezione del fenomeno dopo che la Commissione parlamentare per la Verità e la Giustizia ha dovuto ammettere che fu “un crimine di stato” che ha visto la collaborazione di polizia, politica, procura, gruppi criminali ed esercito. Lo scorso dicembre il Messico è stato considerato dalla Commissione Interamericana per i Diritti Umani colpevole di sparizione forzata per il caso di Antonio Gonzalez Mendez, indigeno Chol, militante civile dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, scomparso nel 1999.
Ma è stato il ritrovamento di un campo di sterminio, con forni crematori, a Teuchitlan, in Jalisco, a obbligare l’Onu ad intervenire. Il Rancho Izagurre, dove sono state trovate dal collettivo Guerreros Buscadores tra le altre cose 400 scarpe, zaini, lettere, resti di persone carbonizzate, era stato oggetto di una retata della Guardia Nazionale a settembre 2024. Dopo uno scontro a fuoco con chi si trovava nel rancho erano trovate 10 persone e armi ad uso esclusivo dell’esercito. Né la procura federale né quella dello stato di Jalisco hanno aperto indagini. Nei giorni scorsi Guerreros Buscadores è stato ricevuto per 4 ore dalla ministra degli Interni Rosa Icela Rodríguez. “Ci sono cambiamenti che devono essere fatti, e li faremo – ha affermato la ministra – e anche cambiamenti per i dipendenti pubblici che, se non svolgono le ricerche, dovranno andarsene, perché la presidente non vuole perdere tempo. Se non facciamo bene il lavoro, prenderà decisioni diverse”.
In questo scenario è arrivata però la dichiarazione della presidente Claudia Sheinbaum: “Esiste un fenomeno di sparizione legato alla criminalità organizzata, e noi stiamo facendo tutto ciò che è in nostro potere per combatterlo e occuparcene, dalle vittime alla prevenzione, e alla fine di questo crimine – principalmente, ma non solo – organizzato. Ma non si tratta di sparizioni forzate perpetrate dallo Stato”. Parole che hanno fatto seguito all’esternazione “accuse infondate” fatta dal presidente del Senato e dalla richiesta di dimissioni al presidente della Commissione Desaparecidos dell’Onu votata dall’assemblea. Per Santiago Corcuera, ex presidente del Comitato delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate, “quello che abbiamo sentito è folle. Chiedere la destituzione del presidente del Comitato contro le sparizioni forzate, e tutto ciò che è stato detto ieri, imputandogli personalmente la responsabilità adottata dalla plenaria del Comitato, è assolutamente folle”. Per anni il Messico si è raccontato ed è stato raccontato come una “narco-democrazia”, dando la colpa di tutto ai gruppi criminali. Il governo Sheinbaum insiste in questa direzione. L’indagine dell’Onu rischia di rompere l’equilibrio di poteri che è stato creato nel sangue e nella paura. Indagine che “rischia”, in continuità con le tante inchieste indipendenti che si sono alternate negli anni, di confermare l’idea dello “stato criminale”.
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