Il caso Acquappesa: dopo le armi ritrovati anche i timbri comunali
Si infittisce il mistero di Acquappesa: trovate ancor armi con matricola abrasa e timbri comunali: hanno il logo del Municipio di Cetraro
ACQUAPPESA – Non accenna a rallentare l’inchiesta della Procura di Paola sul ritrovamento di armi ed esplosivi all’interno dello studio balistico del perito Vincenzo Mancino, scomparso 3 anni fa. Dopo il sequestro di oltre 200 armi tra cui mitra, fucili d’assalto e pistole — in parte illegittime e in parte custodite in violazione della legge — e il ritrovamento di oltre 10.000 munizioni, gli sviluppi degli ultimi giorni hanno ulteriormente aggravato il quadro. Durante le perquisizioni effettuate nei giorni scorsi, gli uomini del Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro hanno sequestrato alcuni timbri con il logo del comune di Cetraro, tra cui un timbro circolare ufficiale e un timbro rettangolare utilizzato per gruppi firma da funzionari pubblici.
TIMBRI COMUNALI PER FALSIFICARE ATTI PUBBLICI
Accanto a questi, rinvenuto un documento contraffatto risalente al 2020, riconducibile a una concessione per un’imbarcazione Hazimut intestata a Vincenzo Mancino. Il documento, a quanto risulta, è stato realizzato utilizzando proprio quei timbri ufficiali. Il sospetto, al momento, è che il materiale sia stato utilizzato per falsificare atti pubblici. Non si esclude, dunque, che nei prossimi giorni possa essere disposto un accertamento formale presso il comune di Cetraro per verificare eventuali manomissioni nei registri o nei fascicoli di concessione marittima, e se ci siano state falle nei protocolli di sicurezza.
Ma la giornata di ieri ha aggiunto un ulteriore tassello a un mosaico già inquietante. Durante una nuova perquisizione sempre all’interno della proprietà di via Marina 10 — quella che ospita lo studio balistico — gli investigatori hanno scoperto altre armi illegali, nascoste in un garage annesso all’abitazione. Anche queste risultano prive di documentazione, e in parte modificate o rese non tracciabili tramite abrasione delle matricole.
È il terzo ritrovamento di armamenti in pochi giorni, segno che la proprietà in questione potrebbe aver rappresentato un vero e proprio deposito. Pochi giorni fa eseguito un maxi-sequestro di 160 armi da fuoco (tra pistole, fucili e un Kalashnikov AK-47), custodite in modo ritenuto irregolare in una mansarda priva di protezioni, allarme o infissi blindati. Si trattava, in quel caso, di armi di provenienza legittima ma detenute in violazione dell’articolo 20 della legge 110/1975, norma che impone rigidi criteri di custodia per ragioni di sicurezza pubblica.
200 ARMI SEQUESTRATE IN TOTALE
A queste 160 si sono aggiunte le 40 armi sequestrate in precedenza, comprese armi da guerra, mitra clandestini e pistole con matricola abrasa, oltre a carichi di tritolo, dinamite e un proiettile di artiglieria ad alto potenziale fatto brillare in sicurezza dalle forze specializzate. Ieri, ascoltata anche la vedova di Vincenzo Mancino, attuale intestataria dell’immobile dove sono avvenuti i ritrovamenti.
Già iscritto nel registro degli indagati il fratello del defunto perito, Fernando Mancino, che avrebbe collaborato negli ultimi anni alla gestione dell’inventario delle armi in collaborazione con un ex maresciallo dei carabinieri. Lo stesso Mancino avrebbe dichiarato che la Procura era a conoscenza di tale iniziativa. Tuttavia, da parte dell’ufficio inquirente non è giunta alcuna conferma ufficiale a riguardo. L’inchiesta, coordinata dal procuratore della Repubblica di Paola, Domenico Fiordalisi, si muove ora su un doppio binario: da un lato, quello penale per violazione della legge sulle armi, detenzione di materiale esplosivo e contraffazione di atti pubblici; dall’altro, una possibile indagine più ampia sui collegamenti dell’arsenale con ambienti criminali locali. Non si esclude, in particolare, un legame con la criminalità organizzata attiva nel territorio, compresa la storica cosca Muto.
Resta centrale la domanda: a cosa serviva un simile arsenale? È difficile credere che la totalità del materiale possa essere giustificata da perizie balistiche. Anche il quantitativo spropositato di munizioni — tra cui oltre 5.000 proiettili da guerra calibro 7.62 compatibili con AK-47 — e numerosi caricatori ad alta capacità, rafforza l’ipotesi che si tratti di armi destinate ad altro scopo. L’istruttoria è ancora in corso, e nuovi sviluppi potrebbero emergere già nei prossimi giorni. Ma una cosa appare ormai chiara: la portata di quanto ritrovato supera ampiamente il perimetro di una semplice irregolarità amministrativa.
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