Il caro-libri visto dagli editori: “Resta sotto l’inflazione, ma per noi i costi sono alti”
Le polemiche sul caro-scuola, come gli esami, non finiscono mai. Quest’anno il ministero ha adeguato il tetto di spesa al quale devono attenersi le scuole. Per il primo anno delle medie, 229 euro, 119 per il secondo e 134 per il terzo. Per le secondarie, licei e superiori, le cifre variano per ogni tipo di scuola e di anno. Per Classico e Linguistico i tetti sono i più alti con 341 euro il primo anno e 331 il quinto. La punta è il terzo anno per il classico con 389 euro. Negli altri licei i tetti sono più bassi, ma non di molto: da 326 a 316. Negli istituti tecnici si va dai 324 del primo anno ai 230 dell’ultimo. Nei professionali si va dai 294 ai 274 del primo anno, ai 147 e 131 dell’ultimo.
La Regione, con contributi propri e statali, offriva come ogni anno voucher per le famiglie con redditi fino a 26mila euro: da 300 a 150 euro per le medie, da 500 a trecento per le superiori. Al carico già così oneroso per le famiglie che lamentano attraverso la voce delle associazioni consumatori anche consistenti aumenti di prezzi nei materiali scolastici, si sono aggiunte le polemiche degli insegnanti che hanno giudicato i tetti non adeguati agli aumenti di prezzi dei libri. Sotto accusa il ministero e naturalmente anche gli editori. Come stanno le cose?
«In questo periodo dell’anno veniamo sempre presi da un senso di frustrazione — racconta Simone Lattes, amministratore delegato dell’omonima casa editrice e membro del Consiglio Educativo dell’Aie (l’associazione italiana editori) — perché quella che viene definita una stangata è qualcosa che è sempre molto al di sotto dell’inflazione reale. I costi aumentano, ma i tetti del ministero per dodici anni non sono stati aggiornati, perché nessuno voleva prendersi la responsabilità di dire che fare libri costava molto di più e si doveva pagarli di più. Si è così innescata una dinamica infernale».
Gli editori fanno notare che in questi anni l’inflazione si è fatta sentire: sono aumentati anche i trasporti per la distribuzione dei libri, il costo della carta è più che raddoppiato, ci sono stati i rinnovi dei contratti nazionali e quindi il costo del lavoro. «In questi dodici anni — dice Simone Lattes — gli editori si sono limitati ad aumenti annuali attorno al 2 per cento, i margini sono stati erosi. Ma la situazione si è fatta sempre più drammatica anche per gli insegnanti che si vedevano limitati nella loro libertà didattica, dovendo rimanere biecamente entro un tetto di spesa non adeguato».
Però da quest’anno il ministro Valditara ha sbloccato i tetti di spesa che si adegueranno automaticamente con l’inflazione programmata. Non basta? Per Simone Lattes c’è di buono che in questo modo il problema è destinato a non crescere ulteriormente, ma l’effetto di questi anni sugli editori è pesato molto: tra il Covid e la guerra tra Russia e Ucraina, dal 2021 al 2024, l’inflazione è stata del 16,2% (dati Istat), mentre i prezzi dei libri per la scuola media sono cresciuti 7,7 per cento, e dell’8,5 per le superiori (secondo l’AIE). “Ovviamente — continua Simone Lattes — durante gli anni della pandemia, nessun editore si è sognato di aumentare anche i prezzi dei libri. Purtroppo però questa nostra decisione non è stata percepita dall’opinione pubblica, perché passa soltanto il messaggio delle associazioni di difesa dei consumatori che parlano sempre e solo della stangata e dei prezzi che aumentano fuori controllo».
È una polemica che non finirà mai, ci vuole una soluzione di sistema. «Si possono detrarre le spese per (quasi) qualunque cosa, persino il veterinario o la palestra. Ma per i libri di testo non c’è detraibilità. Eppure il vantaggio reale per le famiglie sarebbe enorme. E permetterebbe da una parte di liberare gli insegnanti da questa spada di Damocle per cui non possono scegliere i libri di testo in base al loro giudizio didattico, e dall’altra di liberare risorse per gli editori, che non sanno più dove andare a cercare i margini».
A fare le spese di questa situazione, oltre agli editori, è tutta la filiera dell’editoria scolastica, in primo luogo i collaboratori esterni perché anche loro avrebbero diritto di adeguare le loro tariffe all’inflazione. «Non si possono certo fare libri con troppe pagine in meno, o addirittura dimezzarli. Se riduciamo i contenuti, gli insegnanti giustamente si lamentano».
La politica invita a incrementare il ricorso al digitale, ma per Simone Lattes non è una soluzione perché la scuola fa ancora principalmente affidamento sul libro cartaceo. Il contenuto digitale non è sostitutivo, al momento è considerato un ampliamento dei contenuti. Il ministro Valditara ha invece vietato l’uso del cellulare in classe. Quindi, contenuti digitali sì, uso didattico del telefono no.
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