il Campidoglio spera nel Consiglio di Stato
Nel cuore del centro storico, tra vicoli secolari e palazzi vincolati, il panorama urbano si è arricchito di un elemento tutt’altro che decorativo: keybox, lucchetti metallici a codice installati a decine di migliaia fuori dai portoni, spesso senza alcuna autorizzazione.
Sono diventati il simbolo silenzioso ma evidente del boom degli affitti brevi e dello scontro tra il Comune di Roma e l’economia extralberghiera fai-da-te.
Ma ora, nella battaglia contro quello che il Campidoglio definisce “far west degli affitti brevi”, l’amministrazione spera in un alleato: la giustizia amministrativa.
Dopo la sentenza del Tar del Lazio che a maggio ha annullato la circolare del Ministero dell’Interno sull’obbligo di check-in in presenza, il Viminale ha presentato ricorso al Consiglio di Stato. E il Comune di Roma guarda con attenzione alla decisione dei giudici, nella speranza di un cambio di rotta.
La circolare cancellata e il nodo sicurezza
Il provvedimento contestato – e annullato dal Tar – imponeva agli host l’obbligo di identificare de visu, cioè di persona, i propri ospiti. Un provvedimento che, secondo il Viminale, aveva come obiettivo principale la sicurezza pubblica.
Ma il Tar ha detto no. Nella sentenza che ha accolto il ricorso della federazione Fare (Federazione Affitti Brevi), i giudici hanno ricordato che la normativa nazionale – in particolare il decreto legislativo 201/2011 – punta proprio alla semplificazione burocratica per le imprese, e che il check-in dal vivo non è garanzia sufficiente per contrastare minacce alla sicurezza. Anzi, secondo il Tribunale amministrativo, non vi è alcun obbligo di legge che imponga la presenza fisica al momento della consegna delle chiavi.
Una Roma invasa: +6.000 strutture in un anno
Per Roma Capitale la sentenza ha rappresentato un colpo durissimo. Non solo simbolico. A fine 2024, le strutture extralberghiere registrate – tra B&B, case vacanza e affittacamere – erano 32.753.
A maggio 2025 il dato è salito a 38.500, con una concentrazione altissima nel centro città, dove i keybox proliferano su cancelli e muri storici, spesso senza autorizzazione.
Per il Comune, quella dei lucchetti è diventata una questione di decoro urbano, sicurezza e legalità. Una lotta che l’assessore al Turismo, Alessandro Onorato, ha promesso di portare avanti anche dopo la bocciatura del Tar.
“Le keybox installate su spazi pubblici sono fuorilegge, lo dice il regolamento di polizia urbana – ha dichiarato Onorato –. Ne abbiamo già rimosse oltre 500. E anche quelle posizionate su edifici privati ma visibili dallo spazio pubblico sono illegali, perché violano i vincoli della Soprintendenza e la Carta per la Qualità: saranno tutte rimosse”.
Roma tra legalità e accoglienza
Mentre il Consiglio di Stato si prepara a pronunciarsi sul ricorso del Viminale, a Roma si continua a camminare in bilico tra il diritto alla libera impresa e la tutela del patrimonio urbano.
Da una parte, gli host che chiedono regole semplici e digitali. Dall’altra, un Comune che punta a recuperare il controllo del territorio e a salvare l’identità dei quartieri dalla trasformazione in alberghi a cielo aperto.
Nel frattempo, i keybox restano lì: piccoli lucchetti che raccontano una grande battaglia. E che, presto, potrebbero tornare nel mirino della giustizia.
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