Lazio

il caffè costa il 21% in più. E non è l’unico

A Roma, anche il caffè ha smesso di essere un gesto semplice. Non è più il rituale quotidiano che ci sveglia, ci coccola e ci unisce al bancone del bar. È diventato un piccolo lusso, uno di quelli che si sommano, goccia dopo goccia, al fiume di rincari che sta travolgendo i romani.

Nel mese di giugno 2025, l’inflazione nella Capitale ha toccato quota 121,4 punti: un record che racconta, con freddi numeri, una realtà sempre più calda – e non per colpa del sole di luglio. Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, il caro vita ha registrato un aumento dell’1,9%, e dello 0,2% rispetto a maggio. Una crescita apparentemente contenuta, ma che cela una valanga di rincari in ogni angolo del carrello della spesa.

Il caffè – simbolo di italianità, rito sacro per milioni di persone – è aumentato del 21% in un solo anno. Non è da solo: tè e cacao lo seguono nella salita dei prezzi. E poi c’è la frutta, con un balzo del +9,8%, mentre zucchero e confetture segnano un +3,9%. Una colazione semplice si trasforma così in una spesa non più scontata.

Ma non si tratta solo di alimentari. Anche energia elettrica e trasporti stanno diventando beni da centellinare. L’elettricità ha registrato un’impennata dell’11,5% in 12 mesi.

Chi spera di fuggire via dalla città, magari per un weekend al mare o un volo low cost, dovrà fare i conti con un trasporto aereo a +2,9%, mentre quello marittimo è aumentato del 18%. Numeri che fanno sembrare il viaggio un privilegio, non un diritto.

E poi ci sono le voci più silenziose ma altrettanto impattanti: l’istruzione +3,8%, la casa e le utenze +3,4%, la salute +1,9%, l’abbigliamento +1,4%. Aumenta tutto, tranne stipendi e certezze.

Roma non è nuova a crisi e difficoltà. Ma questa inflazione silenziosa ha un volto quotidiano: è nella spesa al mercato, nella bolletta della luce, nella scelta di fare colazione fuori o meno. Un peso invisibile che si poggia ogni giorno sulle spalle delle famiglie, dei pensionati, dei giovani.

E allora quel caffè, pagato oggi quasi un quarto in più rispetto a ieri, è diventato il termometro di una città che cambia. Un piccolo sorso di amaro che ci ricorda che la crisi non è finita. Che vivere a Roma, oggi, significa anche imparare a contare ogni centesimo.

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