Ictus cerebrale, in Italia 120 mila casi all’anno: i sintomi da riconoscere per intervenire in tempo
Sono circa 120mila le persone colpite da ictus cerebrale ogni anno in Italia e di queste circa 45mila sviluppano disturbi neurologici come la spasticità, una condizione invalidante che comporta difficoltà nei movimenti, con contrazioni muscolari che rendono difficili e dolorosi anche semplici gesti quotidiani. Tuttavia meno del 30% degli italiani è in grado di riconoscerne i segni per intervenire rapidamente.
L’Italian Stroke Association (Isa-AiiI) ha redatto, in occasione della Giornata mondiale dell’ictus che si celebra il 29 ottobre, il Piano d’azione contro l’ictus per l’Italia (Stroke Action Plan for Italy). Un documento che verrà consegnato alle istituzioni nei prossimi giorni. «Il numero di persone colpite ogni anno da ictus è molto alto, sia a livello italiano che europeo, e le stime dicono che nel prossimo futuro sarà possibile un aumento di incidenza della patologia del 26%, con un rilevante incremento dei costi sanitari legati alla gestione della malattia, che in Europa sono già altissimi, intorno ai 60 miliardi di euro» ha spiegato Mauro Silvestrini, presidente Isa-Aii.
La spasticità, in particolare, si presenta in circa il 19% dei casi a 3 mesi e fino al 38% a un anno dall’episodio acuto, eppure a oggi solo il 18% delle persone che superano la fase acuta riceve una diagnosi di spasticità e soltanto 5mila beneficiano del corretto trattamento. Sono dati di un’indagine condotta da Elma Research, istituto di ricerche di mercato specializzato nel settore della salute, e promossa da Ipsen, azienda biofarmaceutica impegnata da oltre trent’anni nelle neuroscienze.
Ictus, cosa c’è da sapere
L’ictus è una malattia cerebrovascolare acuta che può essere causata dall’improvvisa ostruzione – provocata da un trombo o un embolo – di un vaso del circolo cerebrale (in questo caso si parla di ictus ischemico) oppure dalla rottura di un’arteria (in questo caso si parla, invece, di ictus emorragico).
È una di quelle patologie – ricorda A.L.I.Ce. Italia Odv, l’Associazione per la lotta all’ictus cerebrale – definite «tempo-dipendenti»: richiede un’attivazione immediata del sistema del soccorso. Prima si interviene e più cellule cerebrali si possono salvare, consentendo una migliore ripresa e una minore disabilità. I tempi di trattamento del paziente, una volta raggiunto il pronto soccorso, sono governati da protocolli ormai definiti e collaudati: il nodo cruciale resta quindi la fase territoriale, cioè il rapido riconoscimento dei sintomi dell’ictus da parte del paziente e dei suoi familiari, il pronto riconoscimento della patologia neurologica acuta da parte dei mezzi di soccorso che arrivano sulla scena, la rapida comunicazione con la centrale del 112, il veloce invio del paziente e il contemporaneo contatto con il neurologo in pronto soccorso che è in grado, avendo a disposizione i dati fornitigli telefonicamente, di contattare i familiari e predisporre il trattamento all’arrivo del paziente.
«È quindi fondamentale intervenire sull’ottimizzazione dei servizi di presa in carico e trattamento dei pazienti, che vedono grandi discrepanze tra Nord, Centro e Sud Italia» aggiunge Silvestrini. A oggi, infatti, solo il 24% delle Stroke Unit si trova nel Sud del paese, con 51 strutture, mentre il Centro ne ospita il 26% e al Nord si concentra il 50% delle unità. «Ai pazienti devono essere garantite una presa in carico rapida e una riabilitazione completa su tutto il territorio italiano».
Quali sono i sintomi più comuni
I sintomi dell’ictus più comuni che devono mettere in allerta le persone intorno al paziente, come riporta Auxologico Irccs, sono la difficoltà nel parlare correttamente, l’alterazione della vista, in particolare la perdita di una porzione del campo visivo, la deviazione della bocca, un deficit di forza o di sensibilità da un lato del corpo, l’alterazione dell’equilibrio e un generale stato confusionale.
Quanto alla possibilità di prevenirne l’insorgenza dell’evento neurologico sono state da poco aggiornate anche le linee guida dell’American stroke association ovviamente sulla base di nuove evidenze scientifiche. Sono otto le indicazioni prodotte per cercare di diminuire i casi, che ruotano tutte intorno alla salute cardiovascolare: adottare un’alimentazione sana, fare attività fisica regolarmente (svolgere almeno 150 minuti di esercizio aerobico moderato o 75 minuti di attività aerobica intensa a settimana (o una combinazione di entrambe), naturalmente smettere di fumare, dormire bene e a sufficienza, mantenere sotto controllo il peso, monitorare colesterolo e glicemia con le analisi del sangue e gestire la pressione sanguigna. In questo senso la dieta mediterranea – per chi la segue davvero e per intero – è fondamentale nella riduzione del rischio.
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