Società

I vini da regalare per Natale a chi ti sta sulle balle

Un antico adagio recita che a Natale siamo tutti più buoni. Ma quando mai. Avete il sacrosanto diritto di continuare a custodire in antipatia i tipi che non vi vanno per nulla a genio, e il Natale non dovrebbe farci retrocedere dai nostri propositi, ossia rispettare le nostre stesse scelte, rispettare noi stessi. A maggior ragione adesso, che molte di queste persone insopportabili ce le ritroveremo accanto in occasione delle festività natalizie, perché molte volte sono parenti e quelli uno mica se li sceglie.

D’altro canto capiamo anche come la nostra società ancora tenga in grande considerazione il gesto cortese e di maniera, magari a scapito della sincerità e dell’integrità di pensiero. Pare che le persone si offendano se le si tratta con coerenza.

Ma allora come fare a coniugare la cortesia, che di questi tempi ci costringe al classico pensiero natalizio, rispettando i nostri sentimenti? Cosa regalare all’”amico”, cugina, zio o collega, sapendo che un flacone di lassativo potrebbe sembrare indelicato ma volendo comunque far passare il messaggio “piuttosto che spendere soldi per te avrei preferito infilarli, a 1 € per volta, in ogni cassetta per le offerte di ogni singola chiesa di Roma”? Regalate del vino. Attraverso sette esempi vi diremo noi quale, senza la pretesa di essere esaustivi ma volendo fornire un metodo che si applichi anche agli altri tipi di persone che contribuiscono alla prosperità di sociologia e psichiatria.

Il maschio alfa

vino rosè

Chi nelle cene natalizie non ha mai avuto a che fare con il tipico maschio alfa? Uomo di mezza età, solitamente pingue, che si siede a tavola per primo, gomiti larghi, e non si alza mai dalla sedia neanche per un terremoto (non infrequente l’addormentamento sulla stessa); l’uomo che non può mai provare freddo, si nutre solo di pietanze piccanti e distribuisce massime progressiste quanto quelle di Stalin. Di solito, uomini in tal guisa bevono solo vini rossi impenetrabili, tannici e muscolari. Il gioco qui è facilissimo: regalate un bel vino rosato, meglio se dal colore scarico. Se ne sentono di ogni sui rosati: “è fatto con gli scarti del rosso”, “non ha carattere”, “è un vino da donne”, e con ogni probabilità la penserà così anche il vostro destinatario, che sicuramente adora il rosa tanto quanto entrare da Sephora.

Poi lo berrà e gli piacerà, come chiunque beva un rosato, poche scuse. Solo che non potrà dirlo a nessuno e porterà questo segreto con sé nella tomba. E se volete proprio comunicare un latente disprezzo, regalategli un vino dealcolato.

L’amaro

Una categoria di persone che non capirò mai sono quelli che non sopportano i vini dolci. Dall’ingresso nella maggiore età hanno deciso che lo zucchero, un simbolo di sicurezza alimentare e di sopravvivenza per l’uomo preistorico, è roba da bambini e non si confà agli adulti. Bevono il caffè amaro, accettano ma senza entusiasmo di mangiare dolci alle celebrazioni, e guai a metter loro davanti bevande zuccherate.

Ebbene, a loro destinerete una bottiglia di spumante, ma che sia Dry. Per chi non lo sapesse, nella classificazione degli spumanti secondo il tenore zuccherino gli spumanti Dry vantano una contentrazione di zuccheri tra i 17 e i 32 g/l (per fare un confronto, gli spumanti Brut possono contenere al massimo fino a 12 g/l di zucchero). Non fate l’errore di regalargli per vendetta proprio un vino dolce: sono vini splendidi, non se li meritano. E sarebbe troppo palese: siate crudeli, ma sottili.

Il bionazi

Radix di Casale del Giglio

Conoscerete senz’altro qualcuno che rientra nella categoria “attivista vegano – vegetariano – bioqualcosa”. Uno di quelli che non si limita a mangiare ciò che vuole e discute pacificamente dee sue scelte; no, questi deve obbligatoriamente farti sentire uno sporco assassino, un massacratore di animali, solo perché hai mangiato una fetta di salame. Qualora queste persone apprezzassero il vino, esse bevono solo vini naturali, possibilmente da uve pigiate con i piedi, possibilente affinati in anfora, possibilmente non filtrati, possibilmente con vigneti gestiti in biodinamica; con tutte le contraddizioni del caso, un argomento che potrete usare qualora si finisca a conversare sullo sfruttamento animale per generare la scritta ‘Error 404’ negli occhi del nazivegano.

Per loro c’è un vino molto adatto: il Radix di Casale del Giglio: prodotto da uve bellone (bacca bianca), fa macerazione sulle bucce, fermentazione con lieviti indigeni in tonneaux e successivo affinamento in anfora. Direte “dove sarebbe il dispetto?”. Nella cantina: in un’intervista di parecchi anni fa Jonathan Nossiter, regista e guru dei vini naturali, usò parole dolcissime nei confronti di Casale del Giglio (“è un’azienda nella quale si usano sostanze chimiche tossiche per qualsiasi cosa vivente ma che dice di essere ecocompatibile per confondere chi non è informato”). Da allora si è cementata la fama di Casale del Giglio fra i naturalisti di “cantina industriale”, qualunque cosa voglia dire. Per cui regalerete un ‘vino naturale’ fatto da una ‘cantina industriale’: nel cervello del bionazi si materializzerà un gatto con una fetta di pane imburrato sulla schiena.

P.S.: se volete lanciargli una granata, il Montiano di Cotarella è pronto per voi. 100% merlot laziale prodotto dal nemico numero uno dei naturalisti. Regalarlo è una dichiarazione di guerra, ma vi avverto: il ricorso all’artiglieria non vi costerà due spicci.

Il non effervescente

Penisola Sorrentina DOC

Ci sono ancora molti pazzi scriteriati che blaterano “io le bollicine nei vini proprio non le sopporto, mi danno un fastidio”. Questi poveretti, briosi come l’acqua Panna, ritengono forse futile che il vino possieda una festante effervescenza. La vita è una cosa seria, le bollicine sono un’esclusiva dei brindisi celebrativi, e comunque neanche lì si finisce il calice perché, come detto, l’anidride carbonica nel vino proprio no, red flag.

Gioco facile qui regalare una bella bottiglia di Penisola Sorrentina DOC delle sottozone Gragnano o Lettere. Celebrati da Mario Soldati nel suo Vino al Vino, questi rossi campani possono apparire vini innocui alla persona che li riceve, specie se non è esperto in materia. E invece, il giorno che li porteranno a tavola ammireranno una splendida spuma violacea, che li saluterà con vigore rendendo la tovaglia una talare paonazza da vescovo, perché essendo vini rossi al 100% saranno stati portati a tavola a temperatura ambiente, rendendo la bottiglia un vulcano. Se può consolarvi, anche tanti diplomati sommelier possono sbatterci il grugno, che non è che dopo quel corso si conoscano tutti i vini italiani.

P.S.: consiglio di prendere due bottiglie e di tenersene una da accostare, previa moderata sosta in frigo, alla pizza. Altro che pizza e birra, lascia fare.

L’imbarazzato

Toscana Rosso IGT “Soffocone di Vincigliata

Spesso tra le nostre conoscenze c’è chi si imbarazza facilmente. Gesti o parole che magari rimandano alla sfera dell’arte amatoria li fanno arrossire come fragole, anche in contesti non goliardici. È che quelle si chiamano cose sporche per un motivo, e allora non se ne parla e neanche li si immagina, che indecenza.

Qui il regalo è facilissimo: Toscana Rosso IGT “Soffocone di Vincigliata”, di Bibi Graetz. Per chi avesse dubbi sul significato del nome, l’etichetta è lì a rendere manifesto il concetto. Qui più degli altri casi varrebbe la pena di assistere all’apertura del regalo.

Volessimo virare su un bianco, ne Lazio abbiamo centinaia di etichette di Passerina, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma in fondo, ogni regione d’Italia ha un suo vino licenzioso, che gioca sul doppio senso (vogliamo citare anche il Durello dei Monti Lessini?). Un popolo di burloni, non c’è che dire.

Il lagnoso

Una buona dose di ricerca dell’attenzione oggi è basata sulla lagna, su quanto abbiamo bisogno di attenzione e di comprensione perché, con tutto quello che c’è da fare, le preoccupazioni, i ritmi lavorativi insostenibili, e il capo che non capisce ma pretende, e poi la pressione sociale, e i giudizi degli altri, noi ci ritroviamo ogni giorno taaanto staaanchi. E sicuramente c’è qualcuno attorno a voi che è sempre taaanto staaanco. E non fa mai mistero di essere sempre taaanto staaanco. Si ficca in ogni discorso premettendo di essere taaanto staaanco.

A queste povere persone che soffrono della malattia della vita (o di scarsa percezione dell’attenzione altrui), rifilate una di quelle bottiglie di vino con la capsula in gommalacca. Questo materiale, pensato dai cantinieri per dare una vaporizzata di nobiltà alla bottiglia, è il male. Queste piccole infami non si riescono a incidere bene, vengono via in briciole, ci si sta dei minuti a incidere e rimuovere, che uno valuta sul serio di bere solo acqua, e spesso lasciano anche tracce sull’imboccatura della bottiglia. Insomma, sono una maledizione. Se la persona che riceve questa bottiglia la apre e se la beve senza tanti commenti, vuol dire che non è poi così taaanto staaanco.

Il logorroico

Ogni tavolata che si rispetti ha un logorroico tra i partecipanti. La classica persona che entra in ogni singolo discorso, ha un’opinione su tutto e su tutti e questa è sempre suffragata da esperienze personali e da fatti, non di rado entrambi inventati, declamati in un profluvio di coordinate e subordinate da far spavento a Cicerone. Gente del genere riesce a far sanguinare le orecchie delle statuine del presepe. Il vino adatto a loro va ricercato in Friuli Venezia-Giulia: il Colli Orientali del Friuli Rosso DOC “Jacuss”, 100% uva tazzelenghe. Vino rosso, austero e tannico. Molto tannico. Il nome dell’uva è traducibile dal friulano con “taglialingue”. Una remota speranza, perché queste persone sono indistruttibili. Ma noi non lasceremo nulla di intentato.


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