I sindacati dei medici sulle norme sanitarie nel Milleproroghe: “Riforme sistemiche sempre rimandate e pezze a volte peggiori del buco”
Le misure di ambito sanitario contenute nel decreto Milleproroghe, approvato il 9 dicembre dal Consiglio dei ministri, sono state accolte tiepidamente dai sindacati di categoria. Qualche luce, come la proroga dello scudo penale per i camici bianchi, e diverse ombre, tra cui il “condono” per chi non si è vaccinato durante la pandemia. Ma, soprattutto, il decreto voluto dalla maggioranza lascia addosso ai rappresentanti dei medici la sensazione che il governo non sia pronto ad affrontare alla radice i problemi del Servizio sanitario nazionale. Come spiega a ilfattoquotidiano.it Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed: “Si continua a mettere pezze, talvolta peggiori del buco, con procedimenti singoli, rimandando le riforme sistemiche. In questo modo, si rischia di continuare in quel processo di destrutturazione della qualità professionale iniziato durante il Covid”.
Ancora i neolaureati
Una delle preoccupazioni principali riguardo al Milleproroghe è rispetto a quanto stabilito dall’articolo 4 del decreto. Il testo, nel tentativo di porre un argine alla drammatica carenza di organico negli ospedali, proroga al 31 dicembre 2025 la possibilità per le aziende e per gli enti del Ssn di reclutare personale tra i neo laureati in medicina e chirurgia. Basta che questi siano abilitati e iscritti agli ordini professionali, anche se privi della specializzazione. In questo modo, i giovani camici bianchi, inseriti nei reparti, possono svolgere le stesse mansioni di un medico specialista, più formato e con più esperienza. Per Anaao, così si rischia di diminuire la qualità delle cure erogate, senza intervenire alla radice del problema.
“Quella norma non è più giustificabile”
“Durante la crisi pandemica chiunque avesse un’abilitazione doveva dare una mano. Era tutto giustificato dal contesto in cui eravamo – commenta Di Silverio – Ma oggi non è giustificabile prorogare questa misura. La legge dice che per entrare nel Ssn si deve acquisire un titolo di specialista, e va rispettata. Un neo laureato che lavora in un reparto non è altro che un libero professionista senza specializzazione. Se permettiamo l’accesso in ospedale a chi non ha un titolo adeguato, non facciamo altro che andare nella direzione auspicata dai medici gettonisti e dalle cooperative”.
Gli specializzandi reclutabili
Storia diversa per quanto riguarda gli specializzandi, anche loro coinvolti nel Milleproroghe. La norma, infatti, proroga fino al 31 dicembre 2025 la possibilità di un loro reclutamento da parte del Ssn: a partire dal secondo anno di scuola di specializzazione per incarichi di lavoro autonomo (anche co.co.co.); a partire dall’ultimo e dal penultimo anno, invece, per incarichi individuali a tempo determinato. “Crediamo sia un cosa positiva sia per il sistema sia per i medici in formazione – spiega il segretario – Gli specializzandi stanno dando una grande mano al Ssn. Per questo ci auguriamo che tale misura possa essere ulteriormente migliorata in sede di conversione della legge, prevedendo una liberalizzazione della formazione degli specializzandi, che a oggi sono ancora rinchiusi nelle gabbie d’oro delle università. Parliamo di più di 30mila giovani medici”. Il riferimento è al funzionamento del decreto Calabria, un provvedimento approvato nel 2019 con l’obiettivo di inserire il prima possibile giovani medici all’interno dei reparti degli ospedali, per combattere le carenze di organico.
Come funziona il decreto Calabria
Con il Calabria, i medici specializzandi possono partecipare ai concorsi banditi dalle aziende sanitarie. In caso di esito positivo, ottengono un contratto a tempo determinato che, al conseguimento del titolo di specialità, si tramuta automaticamente in uno a tempo indeterminato. Ma tutto questo può avvenire solo nelle strutture che fanno parte della rete formativa, come spiega il segretario: “Ogni anno le università, a cui fanno capo le scuole di specializzazione, stabiliscono in maniera del tutto discrezionale con quali ospedali stipulare le convenzioni”. Sulla base di questi elenchi, i ministeri della Salute e dell’Università stilano, tramite decreto interministeriale, l’elenco delle strutture inserite nella rete formativa che possono applicare il decreto Calabria. “Con questo meccanismo – denuncia Di Silverio – ci sono grandi ospedali che, solo perché hanno la sfortuna di non andare d’accordo con il direttore di una determinata scuola di specializzazione, non rientrano nella rete formativa e non possono assumere gli specializzandi”.
“Evitare i favori ad personam”
Per questo il sindacato sta chiedendo da tempo di liberalizzare il processo. “Abbiamo già fatto presentare un emendamento nella legge di Bilancio – spiega Di Silverio – Se non dovesse essere approvato, ci auguriamo che venga inserito nel Milleproroghe al momento della conversione in legge”. Ma soprattutto – prosegue – “ci auguriamo che in sede di conversione non vengano introdotti favori ad personam, come quelli che si sono visti in passato, per esempio lo spostamento dell’età pensionabile dei camici bianchi a 72 anni. Riteniamo che il Ssn possa continuare a esistere solo se i professionisti che ci lavorano sono in grado di erogare cure. I generali e i baroni a un certo punto è giusto che si dedichino ad altro”.
Il condono per le multe ai no vax
E sull’annullamento delle multe da 100 euro emesse nei confronti di chi non si è vaccinato durante la pandemia? “In quanto medici siamo profondamente convinti che la scienza abbia la precedenza sul resto. Ma detto questo, è anche una questione di coerenza”, risponde Di Silverio. “C’erano delle regole e queste prevedevano delle multe che vanno pagate. Ma non ci stupisce che questo governo voglia fare un condono. Non è il primo che fanno e probabilmente non sarà l’ultimo”. Nonostante le criticità presenti nel decreto, resta la soddisfazione della categoria per la proroga per tutto il 2025 dello scudo penale per i medici, previsto nel periodo d’emergenza della pandemia.
La non punibilità dei medici
La punibilità resta quindi limitata ai soli casi di dolo e colpa grave in relazione ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria che versi in uno stato di grave carenza di personale. “Era la nostra richiesta preliminare nel decreto, per tutelare i professionisti. La riteniamo un’azione di civiltà in attesa di una vera riforma. Per ora la Commissione D’Ippolito, insediatasi un anno e mezzo fa, non ha risolto nulla”. E conclude: “Non miriamo all’impunibilità dei professionisti, ma vogliamo la garanzia di lavorare in serenità. Oggi non ci sentiamo tutelati, sostenuti, rispettati e siamo sempre più isolati nei luoghi di lavoro”.
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