I saccopelisti, la Hume Highway, il modus operandi brutale: chi era Ivan Milat
Ha ucciso almeno sette persone tra il 1989 e il 1992, ma gli esperti non hanno dubbi: il bilancio potrebbe essere molto più consistente. Considerato il serial killer più famoso d’Australia, Ivan Milat è conosciuto come il responsabile dei cosiddetti “Backpacker Murders”, letteralmente “Omicidi dei saccopelisti”. La risonanza dei suoi delitti cambiò profondamente la reputazione del Paese, fino a quel momento considerato meta ideale per i giovani turisti con pochi denari da spendere.
Infanzia e adolescenza
Nasce il 27 dicembre del 1944 a Guilford, nel New South Wales, in Australia, figlio del bracciante croato Stjepan Marko Milat e di Margaret Elizabeth Piddleston. È il quinto di quattordici figli. La famiglia è povera e, dopo aver vissuto in una fattoria a Bossley Park, si trasferisce a Liverpool, nel New South Wales. Il pare è un uomo irascibile a causa del suo alcolismo e sia Ivan che gli altri figli crescono in un ambiente malsano, maneggiando armi già da giovanissimi.
Ivan manifesta comportamenti preoccupanti già in tenera età, uccidendo animali con un machete. A 17 anni finisce in un centro di detenzione minorile per furto, mentre all’età di 19 anni viene arrestato per un’effrazione in un negozio. Nel 1964, a vent’anni, viene condannato a 18 mesi di carcere per furto con scasso. Un mese dopo il rilascio viene nuovamente arrestato perché alla guida di un’auto rubata e viene condannato a due anni di lavori forzati. Un’altra condanna arriva nel 1967: tre anni di reclusione per furto.
Aumenta la sua pericolosità e nell’aprile del 1971 rapisce due autostoppiste di 18 anni vicino alla stazione ferroviaria di Liverpool minacciandole con un coltello. Dopo aver violentato una delle due, le vittime riescono a scappare nei pressi di una stazione di servizio. L’uomo viene arrestato dopo poche ore e viene accusato di un capo di imputazione per stupro e due capi di imputazione per rapina a mano armata. In attesa del processo, viene coinvolto in un giro di rapine con alcuni fratelli e prova persino a fingere il suicidio, senza successo.
Diventa il “Backpacker Murderer”
Nel 1975 Milat trova lavoro come camionista e proprio il suo lavoro diventa centrale nella sua trasformazione in serial killer dei “saccopelisti”. L’uomo individua le sue vittime mentre fanno l’autostop sulla Hume Highway. In totale – secondo quanto accertato – uccide sette persone tra il 1989 e il 1992: gli australiani Deborah Everist e James Gibson, entrambi di 19 anni; i tedeschi Simone Schmidl (21 anni), Anja Habschied (20 anni) e Gabor Neugebauer (21 anni); le britanniche Joanne Walters (22 anni) e Caroline Clarke (21 anni). I loro corpi vengono individuati tra il settembre del 1992 e il novembre del 1993 nel parco di Belanglo, situato tra Sydney e Camberra, coperti solo con rami e foglie.
Il 19 settembre 1992 vengono individuato i primi due cadaveri, l’uno a trenta metri di distanza dall’altro. L a polizia conferma che i corpi sono quelli di Walters e Clarke: Walters era stata accoltellata quindici volte (quattro al petto, una al collo e nove alla schiena) mentre Clarke era stata colpita dieci volte alla testa nel luogo di sepoltura. La polizia ritiene che fosse stata usata come bersaglio per esercitarsi.
Il 5 ottobre 1993 un uomo scopre delle ossa in una zona particolarmente remota del parco di Belanglo. Torna con la polizia sulla scena, dove vengono rapidamente scoperti due corpi, identificati come Gibson ed Everist. Lo scheletro di Gibson, trovato in posizione fetale, mostra otto ferite da arma da taglio. Un grosso coltello gli aveva tranciato la parte superiore della colonna vertebrale, causandogli la paralisi, e ferite da arma da taglio alla schiena e al petto avrebbero perforato il cuore e i polmoni. Everist era stata selvaggiamente picchiata: il suo cranio era fratturato in due punti, la sua mascella era rotta e c’erano segni di coltello sulla fronte. Inoltre era stata accoltellata una volta alla schiena.
Il 1° novembre 1993 uno scheletro viene trovato in una radura lungo un sentiero antincendio a Belanglo durante un rastrellamento della polizia. Viene identificato come quello di Schmidl e presenta almeno otto ferite da arma da taglio: due le avevano reciso la spina dorsale e altre le avrebbero perforato cuore e polmoni. Gli abiti trovati sulla scena non sono di Schmidl, ma corrispondevano a quelli di un altro viaggiatore con lo zaino in spalla scomparso, Habschied. I corpi di Habschied e Neugebauer vengono poi trovati su un sentiero nelle vicinanze, il 4 novembre 1993, in fosse poco profonde a 50 metri di distanza l’una dall’altra. Habschied era stata decapitata e, nonostante l’estesa ricerca, il suo cranio non sarà mai trovato. Neugebauer era stata colpita alla testa sei volte.
La caccia all’uomo e l’arresto
Il 14 ottobre 1993 la polizia del Nuovo Galles del Sud istituisce la Task Force Air, composta da oltre venti detective e analisti. Nonostante le speculazioni sul fatto che i crimini fossero opera di diversi assassini, la svolta arriva grazie alla testimonianza di due vittime finite nel mirino di Ivan Milat ma riuscite a salvare la pelle: il britannico Paul Onions e l’australiana Joanne Berry, entrambi autostoppisti. Insieme descrivono l’aggressore, il suo veicolo e anche il numero di targa. Tutto porta a Ivan Milat.
La polizia inizia a monitorare l’uomo e scopre che aveva venduto la sua macchina – una Nissan Patrol – poco dopo il ritrovamento dei primi corpi. Gli investigatori riescono a trovare nuovi collegamenti tra lui e gli omicidi e viene inoltre identificato da Onions. Milat viene arrestato il 22 maggio con l’accusa di rapina e possesso di armi per l’aggressione ai danni del britannico. Gli agenti trovano varie armi, tra cui due fucili corrispondenti a quelli utilizzati negli omicidi, una pistola e un coltello. Inoltre vengono rinvenuti alcuni oggetti appartenenti a diverse vittime.
La condanna e la morte
Il 27 luglio 1996 Milat viene condannato a sette ergastoli senza possibilità di libertà condizionale. In carcere viene picchiato dagli altri detenuti e prova anche a evadere, ottenendo così il trasferimento nella sezione di massima sicurezza del Goulburn Correctional Centre. Nonostante i tentativi di ricorso e vari gesti plateali, non ottiene revisioni del processo o possibilità di tornare libero.
Nel maggio 2019 gli viene diagnosticato un tumore all’esofago in stato avanzato e viene trasferito nell’ala ospedaliera del Long Bay Correctional Centre. Ivan Milat muore il 27 ottobre dello stesso anno all’età di 74 anni.
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