I Paesi del Golfo e la partita dell’innovazione
Le monarchie del Golfo hanno una nuova ambizione: trasformarsi, nel medio-lungo periodo, in paesi esportatori di tecnologie avanzate. Per rafforzarsi anche nel settore della difesa. D’altronde, la competizione per la leadership globale si gioca, molto, nel campo tecnologico e dell’intelligenza artificiale (AI): Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti (EAU) e Qatar non vogliono essere comprimari. Oltre al prestigio nazionale, c’è una ragione politica: l’autonomia tecnologica permetterebbe al Golfo di sottrarsi alla scomoda rivalità fra Stati Uniti e Cina, ormai elemento di continuità della politica estera americana. Nel Golfo, tecnologia e AI stanno già ridisegnando geopolitica e difesa. Una recente analisi dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), “Towards a Tech Exporting Gulf: How the AI Revolution is Reshaping Defence and Politics in the GCC States”, in collaborazione con tre centri studi degli Emirati Arabi, l’Anwar Gargash Diplomatic Academy, l’Emirates Policy Center (entrambi di Abu Dhabi) e il Dubai Public Policy Research Centre, approfondisce il tema, con uno sguardo all’Europa. Nel Golfo, gli investimenti tech crescono da un decennio, spinti dalla diversificazione non-oil: ci sono le risorse finanziarie, energetiche (rinnovabili comprese), minerarie (anche tramite accordi esteri) per produrre tecnologia. La vera sfida, però, è formare capitale umano, ovvero una generazione di esperti nazionali: solo così Riyadh, Abu Dhabi e Doha potranno trasformarsi da importatori a esportatori di innovazione tecnologica. L’apertura di sedi e accademie di Apple, Microsoft e Huawei in Arabia Saudita è stata una tappa essenziale per trasferire competenze: ma non può essere la meta. Le monarchie dovrebbero ampliare la promettente “alfabetizzazione tecnologica” delle giovani società locali, potenziando corsi universitari e di specializzazione, nonché le partnership pubblico-privato. Le capitali arabe del Golfo sono consapevoli del crescente nesso tecnologia-difesa e dell’impatto su industria, infrastrutture, sicurezza marittima. Il Bahrein utilizza l’AI per monitorare la sicurezza costiera; il progetto Satgate degli EAU unisce satelliti e sistemi AI per la sicurezza marittima e portuale; l’Arabia Saudita ha realizzato il primo veicolo di polizia “Saudi made”, elettrico e con AI. Tuttavia, la strada verso un Golfo esportatore di tecnologia necessita ancora di partner. Il contesto internazionale polarizzato pone però un dilemma: come coniugare obiettivi tecnologici ed equilibri geopolitici? Finora, Riyadh e le altre hanno navigato a vista tra Washington e Pechino, privilegiando infine gli americani. Nel 2024, l’accordo tra Microsoft e la compagnia emiratina di AI G42 sbloccò la designazione degli Emirati come “major defense partner” degli Stati Uniti. Il recente viaggio di Trump nel Golfo promette il via libera all’export di semiconduttori in Arabia ed Emirati: un’alleanza in cui i chip sono il nuovo petrolio. Per le monarchie, la cooperazione tecnologica e di difesa tra medie potenze è un’opzione complementare a Washington. Con India, Corea del Sud e Brasile ma anche nel Golfo: in pochi mesi, Barzan Holdings (Qatar) e SAMI (Arabia Saudita) hanno siglato una collaborazione nell’industria della difesa, seguiti da Barzan Holdings e dal conglomerato EDGE (Emirati). Cooperare nella costruzione di sistemi di difesa significa condividere competenze tecniche, superando incomprensioni politiche e rivalità: un passo importante. Anche il piano Readiness 2030 della Commissione Europea può incentivare forme di cooperazione tra industrie della difesa europee e del Golfo. Certo, le monarchie non rientrano negli attuali criteri di ammissibilità del fondo europeo per il riarmo. Tuttavia, oltre agli accordi bilaterali, esistono già sinergie ad alto tasso tecnologico, come i progetti robotici dell’emiratina EDGE che controlla l’estone Milrem Robotics, o l’accordo tra i qatarini di Barzan Holdings e Fincantieri per sviluppare un radar anti-droni. Sempre più, Europa e Golfo hanno interessi economici comuni, come testimonia la presenza di tante imprese tra cui le PMI italiane, e poi c’è IMEC, il Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa, che domani richiederà una rete coordinata di sicurezza. Rincorrendo grandi ambizioni tecnologiche, le monarchie ridisegnano, da oggi, gli equilibri globali.
Ricercatrice associata senior Ispi e docente Aseri
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