Cultura

I Migliori 10 Dischi del 2024 Secondo i Lettori di IndieForBunnies

La classifica è stata stilata raccogliendo i voti e i nomi pervenuti alla pagina FB e alla pagina Instagram in forma pubblica o privata.

10. WUNDERHORSE
Midas
[Communion]La nostra recensione

Anch’io ogni tanto cado nel “tranello” della nostalgia, d’altronde quando ci si avvicina ai cinquant’anni credo sia inevitabile, e uno dei rifugi preferiti in musica è quello di ascoltare i vecchi gruppi, quelli con le chitarre protagoniste. Beh, gli inglesi Wunderhorse invece con il loro secondo album dimostrano che oggi è ancora possibile graffiare, scuotere, emozionare e coinvolgere l’ascoltatore con un “semplice” lavoro a base di rock puro e genuino.
(Gianni Gardon)

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9. PINHDAR
A Sparkle On The Dark Water
[ Fruits de Mer ]La nostra recensione

Per riuscire a gustarsi appieno l’epopea vellutata del nuovo album pubblicato dai Pinhdar, bisogna smarrirsi consapevolmente tra i meandri disincantati di un lavoro che si eleva (sin d’ora) al di sopra della media e che conferma, semmai ce ne fosse stato bisogno, tutte quelle peculiarità che hanno reso i Nostri una delle formazioni italiche dal maggior appeal internazionale.
(Francesco De Salvin)

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8. NICK CAVE AND THE BAD SEEDS
Wild God
[Bad Seed Ltd / PIAS]La nostra recensione

“Wild God” probabilmente non reca le stimmate infuocate dei tre precedenti lavori del Re Inchiostro e sembra fermarsi sempre a un passo da una epicità quasi retorica, eppure, ascolto dopo ascolto, la sua bellezza si rivelerà pian piano, conquistando ogni volta un pezzetto nuovo del vostro cuore.

Because love asks for nothing/
but love costs everything

(Luca Morello)

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7. DIIV
Frog In Boiling Water
[ Fantasy / Concord ]
La nostra recensione

Un disco meno immediato, più studiato nei dettagli, come spesso si dice, quello della maturità, che è anche la strada, pur facendo sempre la stessa cosa, per non ripetersi e rinnovarsi. Confesso di avere un piccolo debole per i DIIV, che trovo tra le cose più degne di nota dell’ultimo decennio, non tanto, ragionevolmente, per l’originalità della proposta, per cui non sono mai state disdegnate le evidente references, ma per il succitato talento di scrittura. Zachary Cole Smith è sicuramente uno dei nuovi punti di riferimento di genere, tranquillamente paragonabile a blasonati colleghi.
(Fabio Campetti)

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6. BETH GIBBONS
Lives Outgrown
[Domino]La nostra recensione

La voce, qui, non è la stessa che abbiamo sentito con i Portishead. Forse gli anni hanno fatto il loro corso. O forse è lei che semplicemente si contiene. Il risultato, necessariamente e ad un primo ascolto, suona come un disco cupo. Ma non sappiamo se questo rifletta il suo stato d’animo e quanto Beth lo sia davvero cupa. Lei non canta, non lo ha mai fatto, di se stessa, ma del suo mondo interiore. Poco sappiamo di Beth Gibbons noi fan. Non ci serve, non ne siamo curiosi. Ci basta quella voce, così squisitamente femminile, che viene da un mondo profondamente interiore e intimo. Ci bastano dischi come questo. E speriamo per il prossimo di aspettare altri 11 anni.
(Giovanni Davoli)

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5. IDLES
Tangk
[Partisan]La nostra recensione

L’unione tra il talento infinito di Godrich, l’energia di Kenny Beats e ovviamente la classe e la qualità degli Idles messi insieme in una stanza ha portato un disco estremamente interessante in cui la band di Bristol dimostra di essere capace di prendere rischi importanti, ma che la portano a progredire in maniera decisa: magari non tutti i vecchi fan potranno amare questo lavoro e, senza dubbio, ci vogliono alcuni ascolti prima di poterlo digerire e comprendere, ma a nostro personalissimo avviso ognuno di questi quaranta minuti vale la pena di essere ascoltato.
(Antonio Paolo Zucchelli)

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4. THE SMILE
Cutouts
[XL recordings]La nostra recensione

Cosa c’è di nuovo? Non saprei rispondervi. Vi chiederei però di dirmi dove altro potete ascoltare questa perfetta miscela di sperimentazione e accessibilità. Questa via di mezzo inedita tra l’inascoltabile e l’orecchiabile. Soltanto 10 tracce per 44 minuti, come ai vecchi tempi. In “questi anni ’20″, streaming e tecnologie consentono agli artisti di rilasciare ogni scoreggia musicale che gli passa in testa allungando a dismisura i loro sempre più lunghi “long-playing”. Non è certo il caso di “Cutouts”: 10 “ritagli” di perfetto “art-rock” per il disco più bello rilasciato finora dalla “band più importante di questi anni ’20″.

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3. KING HANNAH
Big Swimmer
[City Slang]La nostra recensione

Crescono i King Hannah, disco dopo disco, tour dopo tour. Dopo aver girato Europa e USA in lungo e largo, tornano con il loro secondo LP. E tornano più densi, più maturi che mai. Già dalla title-track posta all’inizio lo capisci: lei, Hannah Merrick è sempre più padrona della voce; lui, Craig Whittle, ti fa viaggiare con la chitarra per tutta l’America. Il viaggio segue per tutto il disco: dal country, al roots rock e all’alt rock tipo Built To Spill (“Lily Pad”), con tocchi di garage rock (“New York”, “Let’s Do Nothing”) e slowcore (“Milk Boy (I Love You)”). Voce e chitarra a farla da padroni, come ai tempi che furono. Un disco di rock rotondo e americano.
(Giovanni Davoli)

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2. FONTAINES D.C.
Romance
[XL]La nostra recensione

E chi se lo aspettava questa svolta degli irlandesi? Ammetto che forse all’uscita di “Starburster” le aspettative per il disco erano parecchio alte, e forse il risultato effettivo non è riuscito a superarle; a parte tutto, è comunque un gran bell’album. Nonostante quanto sia stata sottovalutata finora, “Horseness Is The Whatness” è la traccia più emotivamente intensa e interessante, tra archi e un titolo che rimanda all’Ulisse di Joyce – perché insomma, sarebbero davvero i Fontaines D.C. senza rimandi alla cultura irlandese?
(Dimitra Gurduiala)

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1. THE CURE
Songs Of A Lost World
[ Universal ]La nostra recensione

Il mondo perduto dei Cure è incredibilmente affascinante per come riesce a interpretare le idee tormentate di una band che dopo sedici anni di assenza discografica torna con un album maestoso. Melodie dark, riferimenti al passato e lunghi passaggi strumentali raramente immortalati su disco, molto frequenti in concerto, in un racconto contemporaneo e toccante.
(Valentina Natale)

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