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I due soldati Idf arrestati a Tomorrowland torneranno in Israele ma qualcosa di nuovo è successo

La scena deve essere stata davvero surreale: unità speciali della polizia federale belga che in forze sono entrate nello spazio campeggio di Tomorrowland, uno dei più importanti festival d’Europa, per uscirne con due giovanotti sulla ventina accusati di aver torturato palestinesi, di averli usati come scudi umani e in un’occasione di aver fatto saltare un ospedale come fosse stata la prova per superare un quadro di un videogame.

Secondo la Hindi Rajab Foundation, una ong belga, fondata da Dyab Abu Jahjah, un attivista belga libanese, i due sarebbero un soldato professionista e un riservista con la passione di condividere sui social le loro imprese con l’IDF, soprattutto quelle degli ultimi mesi a Gaza. E proprio un contenuto condiviso dal festival su IG da parte di uno dei militari ha fatto scattare l’allerta. Qualcosa di simile era già accaduto in Brasile, dove un soldato dell’IDF – sopravvissuto al 7 ottobre – era riuscito a sfuggire alla giustizia mentre era in vacanza in Sudamerica. Ma in Europa, dove la guerra a Gaza spesso scivola via tra le maglie larghe del no critiche a Israele, questo episodio rappresenta una novità assoluta.

Con una norma entrata in vigore nel 2024, il Belgio ha attivato concretamente il principio della giustizia universale: i tribunali possono giudicare sospetti di crimini contro l’umanità anche se i fatti sono stati commessi altrove, a patto che gli indagati si trovino su suolo belga.

Che i due siano stati individuati proprio a Tomorrowland non è una coincidenza bizzarra: in Israele la musica elettronica è molto popolare ma ciò che stupisce, invece, è che i sistemi di monitoraggio delle ong si stanno facendo sempre più efficaci e tempestivi. Eppure, molti soldati continuano a muoversi per l’Europa come se nulla fosse, a dimostrazione del fatto che Israele sta perdendo completamente il contatto con la realtà. Gli amici stanno perdonando tutto, per convinzione o per convenienza, ma i tribunali in gran parte d’Europa rimangono ancora piuttosto indipendenti e quelle regole di diritto internazionale che Netanyahu ha distrutto come il 90% degli edifici di Gaza, evidentemente ancora tengono.

I due sono stati rilasciati dalle autorità in Belgio ma, colpo di scena del pomeriggio di giovedì, ora è la magistratura olandese ad essere stata allertata: pare siano lì e la ong belga non ha tardato un minuto ad attivarsi.

Torneranno in Israele e senza problemi ma qualcosa è successo: ad oggi non era mai capitato che soldati dell’IDF venissero fermati o interrogati fuori dal loro paese e questo precedente, nonostante le minacce di Tel Aviv alla ong (il ministro della diaspora israeliano ha invitato Abu Jahjah a stare “attento al pager”) la marea crescente di persone indignate per le immagini che arrivano da Gaza ha ritrovato un attimo di conforto e di fiducia almeno in un’istituzione.

Qualcosa che potrebbe sfuggire alla solita inerzia delle istituzioni europee, incapaci persino di far rispettare le clausole sui diritti umani negli accordi Ue-Israele potrebbe essere preso in carico dall’altro potere – quello giudiziario – che non a caso l’internazionale sovranista, di cui il governo Meloni, Trump e Netanyahu sono parte, vorrebbe spazzare via.

E soprattutto, è un segnale per il futuro. Per quel giorno in cui Gaza potrà finalmente respirare, quando le bombe taceranno e le persone torneranno a vivere. Quel giorno, Tel Aviv farà di tutto per evitare che si chieda conto dei 60.000 morti – e non vogliamo pensare a quanti saranno allora- dell’orrore, della distruzione. “The old will die and the young will forget”, diceva Ben-Gurion. Ma chi crede nella giustizia globale spera esattamente il contrario: che nessuno dimentichi nulla.


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