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I discografici Afi, Meta? Il vero "pirata" è la Rai


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“Un anno fa abbiamo espresso al governo e all’Autorità i sintomi di quella che oggi è diventata una malattia, eppure anche di fronte all’evidenza l’applicazione della legge sul diritto d’autore continua ad avere ancora oggi zone franche e logiche di potere non solo interne a Meta, ma anche a Rai. Quanto ancora dovremmo aspettare?”. Lo dice il presidente dell’Associazione Fonografici Italiani (Afi), Sergio Cerruti, secondo il quale con il caso Meta-Siae “anche l’Agcm si accorge di essere un anno in ritardo”.
    Il procedimento cautelare dell’Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza e il tavolo del governo, sono “due decisioni che l’Afi chiede e aspetta da più di un anno. Mi aspetto ora che lo stesso spirito irrompa anche nella zona franca di viale Mazzini, dove le logiche di potere e controllo interne alla Rai continuano ad abusare dei diritti degli autori, artisti e produttori musicali”, afferma ancora Cerruti. “Non possiamo più aspettare”, continua il presidente dell’associazione dei produttori discografici secondo il quale “dal 1° gennaio 2023 la Rai è ufficialmente un’emittente di Stato pirata senza contratto con l’industria discografica che, contrariamente a Meta che ha dovuto togliere dalle piattaforme i brani Siae in virtù del mancato accordo, continua indisturbata a utilizzare i contenuti musicali violando i diritti degli autori, degli artisti e dei produttori. Una prassi della Tv di Stato che l’Afi denuncia ormai da diverso tempo anche alla stessa Agcom che continua a sottovalutare i sintomi di una malattia che sta infettando l’intero mercato”. Per Cerruti, insomma, “il rumore intorno alla rottura tra Meta e la Siae ha acceso i riflettori su una più grande spaccatura interna al settore musicale e sull’ancor più grave incremento di pirati di serie A e pirati di serie B. Sul caso Meta-Siae gli operatori di mercato non si sono mai incontrati o confrontati – aggiunge il presidente dell’Afi che già un anno fa aveva denunciato il comportamento della Big Tech senza scaturire il minimo interesse neanche dalla stessa Siae – e la situazione peggiora per quanto riguarda la Rai che gode della benedizioni dei rappresentanti dell’industria discografica multinazionale i quali, pur vantandosi della titolarità di storici arresti nel mondo della pirateria italiana, oggi forniscono il bollino di qualità all’emittente pirata provando a trovare accordi di cui non si conoscono i contenuti e che di certo non aiutano a far emergere l’illegittimità del comportamento di Viale Mazzini”.
    Conclude Cerruti: “Se nella nostra economia buona regola è quella di chiudere un occhio, di fronte alla Rai vengono chiusi tutti e due”.
   


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