I 100 migliori film del XXI secolo secondo il New York Times
Venticinque anni. Tanti? Pochi? Abbastanza per tirare le somme e chiedersi quali siano stati i migliori film del XXI secolo. Di solito, nello stilare queste liste, si fa sempre fatica ad accontentare tutti. Anzi, a dirla tutta, è più facile creare polemica piuttosto che trovare un filo conduttore in grado di unire milioni di cinefili sparsi per il mondo. Ma poteva il New York Times esimersi da questo sporco lavoro? Nei giorni scorsi il quotidiano statunitense ha pubblicato l’elenco stilato in collaborazione con The Upshot, la sezione del giornale che affronta ogni tematica combinando dati statistici e approfondimento editoriale. Hanno fatto tutto loro? Assolutamente no. Per un lavoro preciso e completo, hanno attinto alla loro foltissima rubrica di oltre 500 professionisti del cinema: registi, attori, semplici appassionati e pezzi da novanta come Pedro Almodóvar, Sofia Coppola, Barry Jenkins e Guillermo del Toro. La richiesta era semplice: «Dicci i tuoi 10 film preferiti degli ultimi 25 anni». Hanno raccolto i voti ed ecco cos’è venuto fuori.
Prima di parlare di vincitori e vinti, partiamo da alcune considerazioni generali: cosa ci racconta questa lista? Innanzitutto, unisce pop e nicchia. Si possono trovare film visti in TV in prima serata – come Il gladiatore (#92), Il cavaliere oscuro (#28) o The Social Network (#10) – ma anche titoli più ricercati come Vi presento Toni Erdmann (#59), In the Mood for Love (#4), Tàr (#67) o il più recente Past Lives (#83). I votanti sembrano guardare con nostalgia al passato: il decennio 2000–2009 conta 45 film, quello successivo (2010–2019) 33 film, mentre l’ultimo, ancora in corso, ha già in lista 22 film, con altri cinque anni per arricchire il proprio bottino. Non sono i premi a dettare legge: tenendo in considerazione gli Oscar, solo 9 film premiati come Miglior film dall’Academy figurano nella lista, e meno della metà ha ricevuto almeno una statuetta in qualche altra categoria. C’è poi un dato negativo: su 100 film, solo 11 sono firmati da una regista donna. Guardando ai generi, domina il dramma (circa il 30%): forse più si piange, più è bello il film? Seguono thriller (20%) e sci-fi/fantasy (15%).
Statistiche alla mano i registi a dominare sono Christopher Nolan, presente con cinque film: Interstellar (#89), Oppenheimer (#65), Memento (#62), Inception (#55), Il cavaliere oscuro (#28), i fratelli Joel ed Ethan Coen** con quattro film: A proposito di Davis (#83), Fratello, dove sei? (#76), A Serious Man (#36) e Non è un paese per vecchi (#6),** a pari merito con Paul Thomas Anderson: Ubriaco d’amore (#56), The Master (#42), Il filo nascosto (#25) e il petroliere (#3). In cima alla classifica dei paesi di provenienza troviamo gli Stati Uniti, seguiti da Regno Unito, Francia e gli outsider Corea del Sud e Giappone. Un solo film italiano compare in lista: Chiamami col tuo nome (#37) di Luca Guadagnino.
Ma eccoci alla portata principale, ciò che più di tutto cattura la nostra attenzione: la top 10. Senza farlo apposta, i primi dieci film di questa speciale classifica sono rappresentativi degli ultimi venticinque anni. È come trovarsi davanti a una mappa emotiva e politica dei temi che hanno segnato le prime due decadi degli anni Duemila. Parasite (#1), diretto da Bong Joon-ho, racconta la disparità sociale, la lotta di classe e l’ingiustizia economica. Al secondo posto, Mulholland Drive di David Lynch – che non ha mai voluto chiarire del tutto cosa volesse realmente rappresentare – cattura forse meglio di ogni altro il senso di disorientamento tipico dell’inizio del nuovo millennio. Segue There Will Be Blood (#3) potente racconto della nascita del capitalismo americano, con un Daniel Day-Lewis semplicemente monumentale. Al quarto posto troviamo In the Mood for Love, capolavoro di Wong Kar-wai che esprime un’anima malinconica rivolta al passato, mentre guarda al futuro con una sorta di «cauto pessimismo». Sofia Coppola, che lo ha votato, lo ha descritto come un film che «usa il cinema come un mezzo poetico, che non deve necessariamente esprimere tutto. Mi è sembrato qualcosa che non avevo mai visto prima ed è stato davvero stimolante realizzare cose più impressionistiche». La classifica prosegue con Moonlight (#5), in quinta posizione, che affronta i temi queer e black negli Stati Uniti. Per Barry Jenkins, che lo ha scelto tra i suoi preferiti, è «un portale per gli adolescenti, per una migliore comprensione di se stessi o di come il mondo li capisce o non li capisce». Al sesto posto troviamo Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen, non richiede spiegazioni: semplicemente pazzesco. Settimo è Eternal Sunshine of the Spotless Mind, che qui scegliamo di chiamare solo con il titolo originale, ignorando consapevolmente la sua terribile traduzione italiana. Il film esplora il dolore delle relazioni e gli effetti catastrofici e surreali che potrebbe avere un uso distorto della tecnologia. Get Out (#8) fonde horror e satira per affrontare il tema del razzismo in America, anticipando le tensioni sociali esplose con il movimento Black Lives Matter. La città incantata, nona in classifica, è un capolavoro di Hayao Miyazaki che meriterebbe un capitolo a parte. Tra tutti i temi trattati, forse quello più legato alle problematiche del nostro tempo è il conflitto tra tradizione e consumismo. Chiude la top ten The Social Network, il racconto di come è nato il mondo digitale e con esso un nuovo modo di relazionarsi, fatto di isolamento e competizione.
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