Basilicata

Hydra, il super pentito svela la scalata della ‘ndrangheta a FdI nel Milanese

Hydra, al pentito era stato chiesto di portare voti a un medico candidato con FdI amico del boss Crea in cambio di un intervento in clinica


CATANZARO – Il super pentito catanese William Alfonso Cerbo detto “Scarface” è in grado di raccontare anche il tentativo della ‘ndrangheta di dare la scalata a FdI. Gli era stato chiesto di raccogliere voti per Ignazio Ceraulo, il medico “amico” di Santo Crea, ritenuto esponente di vertice della cosca Iamonte di Melito Porto Salvo, tra le componenti del sistema mafioso lombardo, il consorzio di ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra, operante nel Milanese e nel Varesotto, su cui verte l’inchiesta Hydra. Ai pm della Dda milanese Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane, Cerbo ha riferito di essersi messo a disposizione per sovvenzionare con 5mila euro la campagna elettorale.

L’APPOGGIO AL MEDICO CANDIDATO CON FDI

In quel periodo, Cerbo, la cui specialità erano i fallimenti pilotati per conto del clan Mazzei, era spesso a Milano, dove avrebbe operato la confederazione orizzontale delle mafie col compito di riciclarne i tesori. Ed era spesso con Giancarlo Vestiti, uomo di vertice del clan camorristico dei Senese. Ma si rapportava anche con i calabresi. «Loro – dice Cerbo ai pm con riferimento a Senese e Crea, ndr – gli stavano aprendo la strada per creare una segreteria politica». Quando incontra Ceraulo, gli viene presentato come un “carissimo” amico di Crea. In effetti, Cerbo si era rivolto a Crea per “accelerare” una visita medica per un papilloma labiale. Il boss calabrese pare facesse il bello e il cattivo tempo nella clinica di cui era titolare il dottore. Crea definiva il medico, stando al racconto del pentito, come “compare” e “fratello”. All’incontro col medico, Crea non c’era. C’era Vestiti con un avvocato. Ma proprio Crea lo aveva invitato là, anche per «parlare di altre cose». «Gli faccio vedere questa cosa che avevo nella lingua, lui si fece la foto. Dice “lo facciamo noi”». Poi Vestiti gli parla del professionista che stava per scendere in campo in politica. «Fagli la gentilezza di avere dei voti», la richiesta.

I CLAN PUNTANO SU UN ALTRO “CAVALLO”

All’incontro c’era anche un avvocato. Pochi giorni dopo, Cerbo verrà contattato dalla clinica. Si sottoporrà a un intervento dopo aver ricevuto una «riverenza eccezionale». Ma venne a sapere che quella “bella ragazza” che esaminò il suo documento in segreteria digitò su Google il suo nome. Così sarebbe spuntato l’«inferno». E quando qualche giorno dopo chiamò Ceraulo al telefono per avere novità sulla biopsia, il medico nemmeno gli rispose. Successivamente, Vestiti fece una battuta, affermando che per “colpa” sua la candidatura non sarebbe più andata in porto «’Sto Ignazio non aveva superato la prova». Ma i clan stavano già puntando su un altro “cavallo”. E che dietro c’erano «personaggi della politica di Fratelli d’Italia».

GUERRA SFIORATA PER GELOSIA

Parla spesso, Cerbo, nei verbali che sta mettendo nero su bianco davanti ai pm di Milano, della caratura criminale di Santo Crea. Sarebbe stato lui a dirimere una controversia che, se non altro, serve agli inquirenti per dimostrare come le mafie fanno rete a Milano. In questo caso l’unione è anche con gli albanesi. Una volta, per esempio, Cerbo ebbe una lite con i proprietari del bar accanto al suo centro estetico. Un loro dipendente  faceva battute moleste alla sua fidanzata dell’epoca, che allora gestiva il centro estetico. Del genere “non sono geloso”. Cerbo va a farsi barba e capelli insieme a Vestiti al centro estetico, come ogni sabato. E convoca il ragazzo del bar. Alla presenza di Vestiti gli molla due ceffoni. «Ora vai dal tuo titolare e gli dici che o ti licenzia o da domani in poi chiudete baracca», gli intima. La minaccia viene poi reiterata nei confronti di uno dei titolari del bar, che era stato informato dal ragazzo.

LA PAX IMPOSTA DAL BOSS

Nel pomeriggio la sua ragazza lo contatta dicendogli che ci sono cinque brutti ceffi che lo cercavano con atteggiamento arrogante. Lui se li fa passare al telefono e uno di loro gli dice che, se le persone che avevano minacciato il fratello non fossero arrivati subito, il centro estetico sarebbe rimasto chiuso dal giorno dopo. All’appuntamento Cerbo si presenta con Vestiti, Crea, un albanese e Antonio Sorrentino, anche lui ritenuto esponente della componente camorristica del “consorzio”. La preoccupazione di Vestiti è quella di sapere quale fosse l’accento con cui parlavano quei tizi. Sembrava un accento calabrese. E Crea è un “capo storico”, diceva Vestiti. In effetti, sarà Crea a mostrare la sua caratura criminale, appena si presenta. Fu lui a ordinare ai contendenti di darsi la mano. Da quel momento in poi titolari di bar e centro estetico sono pure divenuti amici.

RAPPORTI COL CAPO DEI CIROTANI AL NORD

Come si ricorderà, sono state le dichiarazioni del pentito Emanuele De Castro, figura di vertice del “locale” di ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, arrestato nel 2019 nell’operazione Krimisa condotta contro l’articolazione in terra lombarda della cosca Farao Marincola di Cirò, a dare impulso alla maxi inchiesta della Dda di Milano. De Castro faceva i nomi di Massimo Rosi, indicato come il nuovo capo dei cirotani in Lombardia, e del siciliano Gaetano Cantarella, detto “Tanu ‘u curtu”, dal cui monitoraggio gli inquirenti sarebbero partiti per ricostruire i legami tra i vari esponenti dei clan di cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra. Cerbo dice molto su Cantarella, storico affiliato del clan catanese dei Mazzei, incaricato di gestire gli “affari” a Milano e poi vittima di lupara bianca. Invece, almeno prima dell’operazione Hydra, non conosceva Rosi, al quale è stato attribuito un ruolo centrale nella reazione di un sistema mafioso trasversale.

«PRIMA LO VOLEVA AMMAZZARE E POI RIDONO INSIEME»

Lo ha conosciuto nel carcere di Milano Opera. Quando i pm gli sottopongono un album fotografico con i volti dei principali indagati, Cerbo riconosce Rosi e ricorda un particolare. Uno degli imputati, Pietro Mannino, dopo aver reso dichiarazioni spontanee in udienza, secondo la versione di Cerbo si sarebbe messo a ridere insieme a Rosi. Il pentito rammenta che un coimputato gli fece una battuta. «Prima lo voleva ammazzare e poi si mettono a ridere insieme». Il presunto capo società del “locale” di ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, ritenuto dalla Dda di Milano il principale fautore dell’alleanza tra le mafie in terra lombarda, era in cerca di finanziamenti per i lavori da attuare con le agevolazioni previste dal cosiddetto “Ecobonus”. La “faccia pulita” per l’affare sarebbe stato Mannino, detto l’”architetto”. Ma, anziché fargli guadagnare soldi, nell’affare su cui aveva investito il clan Senese, glieli avrebbe fatti perdere. «Ci stava andando mezzo anche Massimo», spiega il pentito che avrebbe avuto come fonte lo stesso Rosi, durante le passeggiate nell’ora d’aria.

RAPPORTI CON I VIP CORONA E MORA

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Il raccontone di Cerbo sembra confermare anche le propalazioni del loquace Vestiti nelle conversazioni captate dagli inquirenti. Per esempio, a proposito delle cene da Lele Mora, il noto agente di spettacolo, che a dire del pentito avrebbe partecipato a un incontro in cui si parlava della merce che il pentito riusciva a vendere al mercato ortofrutticolo di Milano. La cricca mafiosa aveva rapporti anche con l’ex re dei paparazzi Fabrizio Corona, che, sempre secondo Cerbo, si rivolgeva a Cantarella quando aveva “problemi” a Milano o per recupero di crediti.

L’”AMICO DI CIRO FERRARA”

I vip compaiono spesso nei racconti di Cerbo. Quando spiega la genesi della coalizione tra Cantarella, Vestiti e Crea, esponenti di cosche di cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta, racconta che all’incontro partecipò un campano di bassa statura che sosteneva di essere «amico di Ciro Ferrara». Tant’è che una volta a nome dell’ex calciatore gli avrebbe prenotato un tavolo in un locale a Capri, dove arrivò con la sua ragazza. «Vai a nome nostro». E gli offrirono una bottiglia di champagne di 500 euro.


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