Cultura

Hive Mind Narcosis :: Le Recensioni di OndaRock

Kicking and screaming
From a world of entropy
The solar witch awakens
To turn your dreams to salt

Il trio canadese degli Thantifaxath è avvolto nel mistero, tanto che non si conoscono i nomi dei membri. Anche la loro produzione ultradecennale, assai diradata, contribuisce all’alone oscuro che li circonda: tre anni dal breve Ep d’esordio “Thantifaxath” (2011) per arrivare al severo album d’esordio “Sacred White Noise” (2014), con l’estesa epopea oscura di “Lost In Static Between Worlds”; altri tre anni per il corposo Ep “Void Masquerading As Matter” (2017), più atmosferico ed eterogeneo, e ben sei anni di attesa per arrivare a questo “Hive Mind Narcosis”.
Negli anni il trio ha sviluppato un approccio molto libero al black-metal dissonante, con importanti iniezioni atmosferiche e ambiziose esplorazioni progressive, il tutto senza rinunciare a ricorrere a una ferocia devastante quando necessario: l’ascolto della loro musica è così un’esperienza emotivamente intensa che tramortisce proprio quando si abbassa la guardia e che rivela attenzione ai dettagli compositivi pur nel frequente ricorso al più bestiale e ferale dei black-metal. “Hive Mind Narcosis” abbraccia la complessità già emersa in modo palese nel precedente Ep, allargando il linguaggio a soluzioni ancora più eterodosse.

“Solar Witch” apre con fendenti solenni e atroci, un’introduzione quasi sinfonica che racconta del risveglio della strega del titolo attraverso laceranti dissonanze di chitarra, un canto bestiale e un ritmo fratturato, zoppicante e disorientante. Dopo essere stato dilaniato da frequenti cambi di velocità, il brano si ricostruisce a partire da un fraseggio di chitarra elettrica. L’estesa “Surgical Utopian Love”, nei suoi 11 minuti, si abbevera della tradizione black-metal in modo più esplicito finché non squarcia il muro sonoro per un rallentamento catacombale che introduce una parentesi per una chitarra desolata e solitaria, punto di partenza di una seconda metà tensiva e feroce, chiusa da una coda atmosferica per chitarra e cori liturgici.

Al terzo brano, è già chiaro che il black-metal è solo un punto di partenza per la band, la piattaforma dal quale muovere per rivelare atroci rallentamenti doom o costruire avventurose esplorazioni armoniche e ritmiche. Persino la più breve “The Lost Kingdom Of Wolves” spezza la sua corsa black-metal a perdifiato per ospitare un rituale oscuro per voci deformate, ritmi zoppicanti, frenetiche figure chitarristiche. La prima sezione di “Hungry Ghosts” rinuncia in buona parte al black-metal per mettere in primo piano una marcia orribilmente irregolare nel suo incedere, paesaggio sonoro ideale del rituale mostruoso che porta avanti la voce filtrata e deformata.
Spingendosi ancora più in là, “Sub Lilith Tunnels” abbraccia le visioni cosmiche dei Tangerine Dream usandole per costruire un lento climax d’intensità sinfonica, ancora una volta dal ritmo irregolare e intriso di dissonanze, una versione ribaltata delle ascensioni di Glenn Branca, rivolta verso un abisso infernale.

Senza equilibri stabili, “Hive Mind Narcosis” costringe l’ascoltatore a tensioni violente, suggerendo fugaci visioni di un caos aberrante e prossimo. L’imponenza degli Emperor è messa a sistema con le esplorazioni progressive dei Deathspell Omega e quelle cosmiche degli Oranssi Pazuzu e con elementi dissonanti e microtonali (Jute Gyte, Scarcity) per un album che reinterpreta in modo cerebrale il black-metal, lasciando pochi punti di riferimento stabili a chi, temerariamente, ha premuto play, tanto che non è peregrino scomodare certi King Crimson particolarmente convoluti.

09/12/2023




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