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Hilary Swank: «Da piccola ho vissuto con mia madre in un’automobile. Quella esperienza serve a ricordarmi di non arrendermi mai»

Hilary Swank, due volte premio Oscar, torna sotto i riflettori non per un ruolo cinematografico, ma per il suo impegno umanitario: ha ricevuto l’Humanitarian Award al gala benefico della Andrea Bocelli Foundation, un evento che unisce musica e solidarietà.

Il suo legame con l’Italia è sempre stato forte e duraturo. «È il primo paese che ho visitato a 16 anni e ci sono tornata così tante volte che ho perso il conto. Ho passato diversi mesi qui girando la serie Trust di Danny Boyle e il mio amore per l’Italia è diventato sempre più profondo. Le persone, il cibo, la musica, il cinema: tutto semplicemente divino», ha spiegato a Repubblica.

Per l’attrice americana, questa è l’ennesima occasione per raccontare come la sua vita personale, segnata da sacrifici e sfide, abbia plasmato la donna e l’artista che è diventata.

Il suo percorso non è stato semplice. Dopo il divorzio dei genitori, ha conosciuto da vicino la precarietà, vivendo con sua madre per un periodo persino in un’automobile parcheggiata in un’area di sosta a Los Angeles. Un’esperienza che l’ha segnata profondamente. «Quelle esperienze servono a ricordarmi di non arrendermi mai», ha spiegato. «Il vissuto di quel periodo mi ha insegnato che non solo bisogna lavorare duramente per realizzare i propri sogni, ma bisogna anche essere davvero molto creativi nella strategia per riuscirci. Nella vita ci sono così tante porte potenzialmente chiuse davanti a noi: dobbiamo affrontare ogni giorno con una prospettiva, con l’impegno e per riuscire a tenerle aperte. O almeno per trovare uno spiraglio».

In quel periodo, la figura centrale è stata la mamma, sempre al suo fianco. «Mia madre è sempre stata la grande sostenitrice dei miei sogni. Ha vissuto tutto con me ed è una persona a cui sono legatissima. È qui con me adesso, in Italia, per aiutarmi a badare ai miei bambini». A 48 anni, l’attrice – che domani ne compie 51 – è diventata mamma di due gemelli, avuti dal marito, il produttore e sceneggiatore Philip Schneider, il suo «uomo dei sogni» sposato in segreto nel 2018 in un bosco della California. Oggi, per lei, la felicità arriva dalle cose più autentiche: «La mia famiglia, inclusi i miei cani, l’uccellino e i cavalli, mi rende felice. E non dimentichiamo il tennis e la natura».

Il mondo del cinema l’ha consacrata con due ruoli iconici: il giovane transgender di Boys Don’t Cry e la pugile di Million Dollar Baby di Clint Eastwood. Entrambe interpretazioni che le hanno regalato l’Oscar, rispettivamente nel 2000 e nel 2005. Ricordando quella prima notte dell’Academy, Swank spiega: «La gente lo chiamava “successo improvviso”, ma a me non è sembrato così. Il numero di “no” che ho ricevuto negli anni e le porte che mi sono state chiuse in faccia formano una lista incredibilmente lunga. Ma ricevere un premio così prestigioso è davvero un enorme onore».

Se le si chiede quale momento della carriera considera più importante, la risposta è immediata: «Sarò sempre grata del fatto che, per qualche motivo, le storie di outsider che riescono a emergere siano spesso finite sulla mia strada. Amo incarnare quell’esperienza e condividerla con il mondo».

Oggi, da madre, Hilary Swank guarda con occhi diversi al mondo e alle storie che desidera raccontare: «Continuo a essere ispirata dalle storie di emarginati, ma anche molto attratta da quelle raccontate dal punto di vista dei bambini. Abbiamo così tanta saggezza da imparare dal loro sguardo unico e aperto sugli altri e sul mondo».

Anche il contesto di Hollywood è cambiato: «Sì, anche se in parte è successo perché c’è stata una pressione in questo senso. È bello vedere una rappresentazione più ampia del mondo nel cinema e in tv. Non si possono raccontare storie sulle persone senza rappresentarle tutte».

Quello che più la fa arrabbiare è «l’ingiustizia in ogni sua forma»: «Non riesco a credere a ciò che sta succedendo nel mondo e mi chiedo di continuo come siamo arrivati a questo punto e perché non si sia fatto di più per alleviare la sofferenza che vediamo ogni giorno».


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