Helen Ganya :: Le interviste di OndaRock
Affascinato dal suo nuovo disco uscito per Bella Union, ho intervistato la cantautrice scozzese-thailandese Helen Ganya. È stata una preziosa occasione per approfondire alcuni aspetti che si celano dietro le canzoni e comprendere meglio alcuni riferimenti a tradizioni appartenenti alla cultura thailandese. Sì, perché nella sua terza raccolta la musicista non solo rielabora ricordi di infanzia e storie familiari, ma celebra anche la cultura e la musica della Thailandia. Attiva da più di dieci anni a Brighton, dove ha studiato e conosciuto Simon Raymonde, il fondatore della storica etichetta discografica, con “Share Your Care” Ganya ha realizzato un disco ammaliante, in grado di ammansire queste ultime settimane invernali con suoni caldi e luminosi.
Dato che molte persone in Italia potrebbero non conoscerti ancora, potresti descrivere brevemente il tuo progetto musicale?
Inizialmente ero attiva con il nome Dog in the Snow e avevo realizzato un disco con Bella Union. Intorno al 2020 ho deciso di utilizzare il mio nome e ho pubblicato sempre con Bella Union “polish the machine” e ora “Share Your Care”. Siccome quando avevo iniziato con il nome Dog in the Snow si erano create delle false aspettative, come un presunto riferimento alla canzone “The Fox In The Snow” dei Belle and Sebastian, e molte persone pensavano che si trattasse di una band, ho deciso di ripartire da zero e di rendere chiare anche le mie origini thailandesi.
Nel nuovo disco affronti temi come il lutto e la memoria, ma le canzoni suonano incredibilmente luminose. È stata una decisione intenzionale?
Quando penso al tempo che ho trascorso in Thailandia durante la mia infanzia, riemergono emozioni positive. Non credo che fossi realmente consapevole che il disco sarebbe divenuto così euforico e luminoso, ma poi ho capito che esisteva una sensazione di felicità nel creare una musica che mi permettesse di rientrare in contatto con quei ricordi. Inoltre gli strumenti tradizionali della musica thailandese che ho utilizzato si prestano molto bene per dei timbri più luminosi e hanno contribuito a creare l’atmosfera che si respira nel disco.
È sorprendente come hai unito alla struttura delle canzoni pop-rock occidentali i suoni e gli strumenti delle tradizioni musicali thailandesi. Perché hai scelto di esplorare maggiormente questo patrimonio musicale proprio ora?
Mia nonna è morta nel 2021 e ho avuto paura di perdere e dimenticare le memorie che ho vissuto in Thailandia e in generale queste radici identitarie. Così ho iniziato a scrivere in un diario tutti i ricordi che associavo ai periodi che ho trascorso in Thailandia con la mia famiglia. Qualche notte dopo la sua morte l’ho sognata e quel sogno è diventato la canzone “Horizon”. A quel punto ho capito che avrei potuto utilizzare alcune di quei ricordi e di trasformarli in canzoni. Ho iniziato a comporre con il Midi, sapendo che avrei poi potuto cercare persone in grado di suonare gli strumenti tradizionali. Volevo avere quei suoni sul disco proprio perché sono quelli che sentivo da piccola quando ero in Thailandia e quindi sono connessi ai ricordi di cui parlo nelle canzoni.
È interessante che proprio un disco incentrato sul processo di mantenere intatti dei ricordi ti abbia regalato nuovi momenti da ricordare con tutte quelle persone con cui sei entrata in contatto per realizzarlo.
Sì, ho intrapreso davvero una sorta di viaggio per cercare musiciste e musicisti thailandesi nel Regno Unito. È stato interessante conoscere queste persone che non avrei mai incontrato se non fosse stato per questo progetto!
Non solo la strumentazione si rifà a tradizioni musicali thailandesi, ma in queste canzoni hai incorporato anche elementi della cultura thailandese. Potresti forse descriverci la tradizione di cui canti in “Hell Money”?
In Thailandia coesistono diverse influenze culturali e “hell money” è un tipo di credo con influenze cinesi. Secondo quest’idea, dopo la morte ci si ritrova in una zona intermedia prima di una successiva reincarnazione. Lì è necessario avere del denaro, quindi si seppelliscono dei soldi particolari, chiamati appunto “hell money”, per garantire che la persona defunta possa transitare attraverso le porte che la attendono prima della nuova vita.
L’ultima canzone, “Myna”, è molto toccante. Mi piace molto il fatto che si instauri un dialogo con l’uccello Myna, che rappresenta però anche tuo nonno.
Questa canzone è legata a un ricordo molto particolare. Dopo la morte di mio nonno, il suo Myna, un tipo di uccello simile a un pappagallo nel senso che riesce a riprodurre la voce umana, aveva iniziato a parlare come se fosse proprio lui. Mi piaceva l’idea di questo uccello in grado di mantenere viva la memoria di mio nonno, proprio come faccio io con questa canzone.
Quando e perché hai deciso di rendere “Myna” un duetto?
Inizialmente avevo pensato di cantare io anche la parte di mio nonno e di abbassare successivamente le note che eseguo con la mia voce. Poi, però, mi sono resa conto che sarebbe stato più commovente se ci fosse stata anche una seconda voce. Conosco Tony Njoku da qualche anno e sono molto contenta che abbia accettato di cantare insieme a me.
Morlam è, se ho capito bene, un tipo di musica tradizionale thailandese. Potresti spiegarmi il suo significato culturale e dove e quando si suona questa musica?
Morlam è un tipo di musica che originariamente proviene dal Nord-Est della Thailandia, al confine con il Laos, una regione dove si nota un sincretismo tra le due culture. I miei nonni materni sono nati proprio in quella regione della Thailandia. È un tipo di musica dove l’improvvisazione ha un ruolo importante e viene suonato solitamente durante cerimonie o matrimoni; possiede un’energia positiva, spesso si balla su questa musica. Personalmente mi ricorda dove sono vissuti i miei nonni. Anche se il Nord-Est è una delle zone più povere della Thailandia, questa musica contrasta con le difficoltà della quotidianità per molte persone e invita a godere momenti di vita gioiosi e positivi.
Ho la sensazione che nei tuoi video musicali tu abbia reso omaggio alla natura e ai paesaggi della Thailandia. Una delle canzoni prende inoltre il nome dal fiume Mekong.
Normalmente nell’immaginario popolare che in Occidente si ha della Thailandia rientrano le grandi città o le spiagge, ma ci sono anche le foreste tropicali, estremamente vibranti e vive. È forse una parte della Thailandia che viene meno visitata da turisti e turiste, ma è quella che a me piace di più! Per questo volevo mettere in risalto proprio questi paesaggi nei video e negli aspetti grafici dell’album.
(16 febbraio 2025)